Simbolo dell’Inter di Helenio Herrera e celebre per le punizioni mancine “a foglia morta”, Mario Corso, scomparso lo scorso 20 giugno, avrebbe compiuto 79 anni il 25 agosto. In occasione dell’anniversario della nascita del grande campione nerazzurro, ripercorriamo la sua straordinaria carriera sia da calciatore che, successivamente, da allenatore.

Dagli esordi all’approdo di Mario Corso all’Inter

Nato il 25 agosto del 1941 a Verona, Mario Corso iniziò a muovere i primi passi nel mondo del calcio con il club del rione San Giovanni in Valle per poi passare all’Audace San Michele. Fu proprio nella società dell’omonimo quartiere veronese che il giovane calciatore venne notato dall’Inter. I Nerazzurri si assicurarono le sue prestazioni nel 1957 per la cifra di nove milioni di lire.

Corso debuttò con la sua nuova squadra a 16 anni e 322 giorni in una partita di Coppa Italia contro il Como vinta 3 a 0 dall’Inter. Segnò il gol del 2 a 0 diventando il più giovane marcatore nella storia nerazzurra. Quella fu solo l’alba di una stagione ricca di successi, durante la quale sarebbe diventato uno dei simboli più fulgidi della Grande Inter di Helenio Herrera.

Grazie alle prestazioni in maglia nerazzurra si sarebbe conquistato anche un posto in Nazionale nel 1961, mantenendosi nel giro per circa dieci anni, pur non riuscendo ad eguagliare in azzurro l’epopea del club. Basti pensare, ad esempio, che “Mariolino” non giocò mai un Mondiale in carriera, totalizzando 23 presenze condite da quattro gol.

La lunga stagione di successi in nerazzurro

Ala sinistra dal mancino letale, Corso amava partire dalla fascia opposta al suo piede forte per poi accentrarsi e diventare mortifero per le difese avversarie. Il binomio Mario Corso – foglia morta, ovvero la sua tipica punizione a scavalcare dolcemente la barriera per poi accomodarsi in rete, diventò negli anni sinonimo di sventura per qualunque portiere avesse avuto la sfortuna di imbattersi in essa.

In circa 16 anni di militanza con la maglia dell’Inter, “Mandrake”, uno dei tanti soprannomi attribuiti al calciatore nel suo periodo nerazzurro, vinse praticamente tutto: quattro campionati italiani, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali consecutive. Concentrato di genio e sregolatezza, Corso ebbe spesso un rapporto altalenante con l’allenatore Herrera, ma nonostante alcune frizioni difficilmente il “Mago” rinunciava al suo “sinistro di Dio”.

Nel 1973 si trasferì al Genoa dove avrebbe trascorso gli ultimi due anni della sua carriera da calciatore prima di accomodarsi in panchina e iniziare la sua nuova vita da allenatore.

La nuova vita di Corso da allenatore di calcio

Corso da allenatore ha girato lo Stivale da nord a sud a partire dalla Primavera del Napoli, quindi Lecce e Catanzaro, per poi tornare in un’altra veste sulla panchina dell’Inter. Fu l’allora presidente nerazzurro Ernesto Pellegrini a richiamarlo nel 1985 per prendere il posto di Ilario Castagner.

Lavorò poi anche a Mantova, Barletta e nel settore giovanile del Verona per poi tornare nuovamente a Milano sponda nerazzurra nel 1997 per occuparsi del vivaio del club. Da tecnico non riuscì a replicare i successi ottenuti da calciatore, conquistando solo un campionato primavera con il Napoli, sua prima squadra da allenatore. Mario Corso si è spento all’età di 78 anni a Milano lo scorso 20 giugno, ma la sua leggenda non potrà che sopravvivere al tempo perché è già incisa a caratteri cubitali nella storia del calcio italiano.