Se in una settimana la tua squadra – se la tua squadra è la Juventus, perché se è un’altra non c’è nulla di clamoroso – fa due punti in tre partite, subisce nove gol e per due volte si fa superare dopo essere stata in vantaggio di due gol, lo sgomento dei tifosi è perfettamente comprensibile. Aggiungiamo altri dati, tralasciando quei dieci minuti da incubo contro il Milan: contro l’Atalanta hai sofferto parecchio e hai recuperato all’ultimo minuto su rigore, con il Sassuolo hai preso tre reti e il migliore in campo, di gran lunga, è stato Szczesny, che di ruolo fa il portiere.

Dire che non ci sono problemi sarebbe davvero poco credibile e perfino poco utile alla causa: il feeling tra spogliatoio e tecnico non è probabilmente mai sbocciato del tutto, la squadra fa gol principalmente su ripartenze improvvise (vedi il lancio di Pjanic per la rete di Higuain) o splendide iniziative personali (da Rabiot a Milano ai tanti gol fantastici di Dybala), proprio come l’anno scorso – da tanti così bistrattato – mentre a me andava benissimo l’anno scorso, sia chiaro; qualche scelta bizzarra del tecnico, che esclude lo straordinario Dybala di questo periodo per un Higuain perfetto sul gol ma certamente non al meglio; il centrocampo non fa abbastanza filtro, la condizione fisica dei centrali non è delle migliori e se davanti, per una volta, Ronaldo si prende una pausa, anche l’attacco risulta meno brillante. A questo, qualcuno aggiunge una rosa di alta qualità ma probabilmente spompata in alcuni elementi, altri un centrocampo evidentemente non all’altezza, mentre io mi preoccupo maggiormente della testa e del carattere – dove sono il celebre cinismo, la capacità di gestire i momenti delicati e poi colpire, quella di far perdere alla rivale ogni fiducia in un possibile risultato positivo una volta in svantaggio? – insomma ce n’è per tutti i gusti, e ognuna di queste tesi custodisce un fondo di verità. Le preoccupazioni, lo ripetiamo, non sono affatto campate in aria.

Se però non si cerca solamente una caccia al like passando allegramente da un #Marottaout a un #Paraticiout, da un indignato #Allegriout a un ancor più furioso #Sarriout e il gioco è fatto, sei uno tosto e coraggioso mentre chi non fa così è un pavido aziendalista. Ecco, se si vuole fare un’analisi completa la situazione va analizzata in modo più dettagliato. E non serve neanche tornare al tema a me più caro, quello per cui dopo quasi nove anni trovare gli stimoli è sempre più difficile, che rende quella di questa Juve un’impresa senza precedenti e senza alcuna squadra destinata a riprodurla in futuro: tema caro a me, non a tanti altri miei cotifosi, per i quali è scontato vincere e rivincere, sei più ricco e più forte, ci mancherebbe pure, anzi, quando arriva questa maledetta Champions?

E se guardiamo le cose in modo più completo non credo sussistano dubbi sul fatto che le tre partite appena descritte siano arrivate contro le tre squadre largamente più in forma di questo stranissimo finale di campionato. Che la classifica è ancora più che positiva, in quanto a oggi non ti basta neanche perderne due delle cinque rimaste, per consegnare ad altri lo scudetto, se vinci le restanti tre. Che nelle ultime due partite sei andato sotto e non hai mollato, quindi non sei cotto, anzi le hai riprese nel finale.
Che insomma, il mio pensiero è sempre lo stesso, esattamente come quando vado allo stadio: prima che cominci l’incontro mi infurio per la formazione, per un’esclusione non condivisa, mi spavento per la forza dei rivali (e così ho fatto prima dell’annuncio di Sarri, timore e non grande entusiasmo); poi, finché la partita è in ballo, finché c’è la Juve in campo, il mio contributo si limita a critiche argomentate e supporto incondizionato (e così faccio verso la squadra di Sarri, cui non mancherà mai il sostegno). Quando finisce, se siamo andati proprio male, sono pronto anche ai fischi e alla delusione.

Ma ora siamo a un quarto d’ora dalla fine, in difficoltà ma ancora in vantaggio: è il momento dei timori e delle critiche, quindi, ma anche del massimo supporto. Per i fischi – speriamo per gli applausi – c’è sempre tempo. Ma non ora. Mai, finché la Juve è ancora in campo.