Di Alfredo Pedullà
16 Giugno 2020
Il Sergente li ha messi tutti sull’attenti. Il Sergente si chiama semplicemente Sergej Milinkovic-Savic, la dinamite nei piedi della Lazio. L’uomo che si carica la squadra sulle spalle, che la mette sul piano fisico e della tecnica, che sa leggere (eccome) qualsiasi giocata dal punto di vista tattico. Traduzione: uno dei migliori nel suo ruolo, non in Serie A ma in giro per l’Europa. La Lazio lo acquistò per una cifra irrisoria (circa dieci milioni di euro) rispetto ai riscontri che avrebbe avuto, quando il ragazzo sembrava sul punto di andare alla Fiorentina. Era l’estate del 2015, la tavola viola era stata apparecchiata, poi il ragazzone serbo si rese conto che aveva fatto una promessa antecedente a Tare. Oppure, mettetela come volete, fu la Lazio a inserirsi con un contropiede che – quando va in porto – accende qualsiasi strategia di mercato. Sergej aveva vent’anni, cinque anni dopo è diventato un mostro di bravura, un catalizzatore, una luce sempre accesa, una superba miscela. Volete una sola conferma? Il gol segnato alla Juve, quello della svolta, un’azione meravigliosa e una finalizzazione che sintetizzò la mostruosa bravura di Milinkovic. Talmente bella, quell’azione, la purezza del gesto e la preparazione da consumato artista, che bisognerebbe riproporla almeno una volta al mese. A beneficio dei ragazzini che sognano di diventare campioni e che dovrebbero studiare e ristudiare, ammesso che sia sufficiente guardare un video, per capire come si fa.
Milinkovic-Savic ha la fortuna (o la sfortuna) di avere un presidente come Claudio Lotito. Ovvero, un proprietario che tratta i calciatori come figli, volendogli bene come se fossero davvero dentro lo stato di famiglia. Certo, in passato qualche errore nei rapporti Lotito lo ha commesso, ci vengono in mente le storie di Ledesma, Pandev e Zarate. Ma il nuovo corso è un inno all’unione, alla compattezza, a un club inteso come se fosse la prosecuzione di un rapporto intimo, privato, come quello che hai dentro le mura di casa tua. Lotito, tanto per capirci, è un dirigente bravissimo a cedere: soltanto alle sue condizioni, altrimenti nisba. E quando li manda troppo vicini alla scadenza del contratto dicendogli “hai voluto rischiare e adesso ti accontenti dei bruscolini”, lui risponde con i fatti come quando cedette Keita al Monaco per 30 milioni più bonus, eppure pochi mesi dopo il ragazzo si sarebbe liberato a parametro zero e per la Lazio sarebbe stato un autentico bagno di sangue. Nel caso di Milinkovic-Savic l’estate della svolta è targata 2019: reduce da un campionato non sfavillante, forse perché sfiancato da un Mondiale dove sprechi milioni di energie, un presidente normale probabilmente si sarebbe accontentato di una cifra alta ma non altissima (facciamo 50 o 60 milioni) pur di portare a casa il bottino. Lotito tenne duro, l’estate precedente aveva rifiutato offerte vicine ai 100 milioni semplicemente perché a quei tempi la richiesta era da 120. Incassare la metà sarebbe stato umiliante e Lotito respinse tutto: chi conosce bene la storia assicura che parlò con Sergej e gli sottopose un discorso del genere: “Tu torna quello, forte e competitivo, poi l’estate prossima vedremo”.
L’estate prossima è quella che sta arrivando, evidentemente condizionata dall’emergenza, al punto che qualsiasi discorso relativo a dodici mesi fa sembra una pura declamazione verbale. Tant’è che, chiacchiere a parte, Milinkovic-Savic ha interpretato la stagione (almeno fino ai giorni di marzo, i giorni dello stop) a livelli altissimi, tornando a essere quel granatiere del centrocampo che aveva fatto impazzire le big d’Europa. E non soltanto quelle perché anche Inter e Juve, da sempre, hanno messo gli occhi sul Sergente sapendo comunque che trattare con Lotito è una delle salite più ripide del mondo. Oggi il Sergente è il cuore della Lazio, l’emblema e il vessillo, la perfetta sintesi nel passare dalla teoria alla pratica, ovvero tanti fatti e poche parole. In condizioni di normalità, ovvero senza quel maledetto virus che speriamo di aver isolato definitivamente, il cartellino sarebbe da tripla cifra, torneremmo a quei famosi 100 milioni che anche le big spagnole (il Real in testa) avevano messo in preventivo di versare. Ma anche in una situazione così delicata, con una svalutazione del cartellino tra il 20 e il 25 per cento, noi pensiamo che il fenomeno serbo possa essere un’eccezione rispetto alla regola, nel senso che ci potrebbe essere sempre qualcuno capace di svenarsi. E chi se ne frega delle problematiche che cambieranno il mercato riducendolo spesso a uno scambio che convenga alle big coinvolte. Ovvero alle stesse big che, almeno una volta, spendevano senza interrogarsi e magari spappolando gli equilibri del bilancio. Milinkovic-Savic varrebbe sempre un’eccezione, dentro o fuori dall’emergenza, di questo particolare (che poi particolare non è) ne siamo estremamente convinti. Ma i tempi saranno talmente lunghi, con la Champions che verrà assegnata soltanto verso il tramonto di agosto, da non poter immaginare – almeno oggi – le tempistiche relative al mercato.
Ma una cosa è sicura: Sergej è dalla parte di Lotito. Negli ultimi giorni ha mandato messaggi del tipo “nessuno offrirà 100 milioni per un cartellino”, che potrebbe sembrare un bel metodo per mettere le mani avanti e per comunicare indirettamente al suo presidente “io ho fatto il bravo, fedele alla Lazio, ora tu non continuare a sparare cifre iperboliche”. In realtà non è proprio così perché il ragazzo che si carica il centrocampo sulle spalle sostenendolo in modo straordinario, non ha alcun tipo di voglia di forzare la mano. Gli hanno messo a posto il contratto, guadagna bene e se gli dicessero “ma da altre parti saresti straricco” lui non è il tipo da farsi condizionare. Insomma, si corre sempre il rischio che qualche club possa svenarsi, non ci sarebbe comunque il Messi di turno che, mandando messaggi a Lautaro Martinez, lo ha convinto ad accettare la sua corte, in attesa che Inter e Barcellona trovino un accordo proprio tutelando la volontà del giovane attaccante argentino. In questo caso Milinkovic-Savic non ha pruriti particolari oppure un idolo dell’infanzia che lo invoca. Ecco perché sarà una gestione morbida, chiaramente aperta a qualsiasi tipo di soluzione, ma nessuno potrebbe scandalizzarsi se alla fine Sergej decidesse di restare. Fateci caso: le parole di Tare, da almeno quattro sessioni di mercato, sono le stesse. Sembra un disco: “Non escludiamo nulla, sappiamo che Milinkovic-Savic ha tanti estimatori, potrebbe anche arrivare un’offerta giusta ma noi abbiamo grandi ambizioni”. Un modo per fare 0-0, la specialità di un grande direttore sportivo come Tare, artefice indiscutibile della crescita esponenziale del club, quando non deve spegnere e neanche accendere, piuttosto calmierare anche dal punto di vista dialettico. Una chiave di lettura che sta bene, molto bene, anche al diretto interessato, il centrocampista che ogni volta dovrebbe infiammare il calciomercato e invece tutto resta come prima. Certo, per la legge dei grandi numeri, la situazione può sempre cambiare ma qui dobbiamo prendere in seria considerazione l’ultimo aspetto di questa infinita telenovela.
Ecco un’altra chiave che potrebbe incidere notevolmente: Milinkovic-Savic sta bene alla Lazio, nel senso che il progetto tecnico lo intriga moltissimo. Ci spieghiamo: la conquista di qualche trofeo ha adesso lasciato spazio alla convinzione di poter insidiare lo scudetto alla Juve già in questo supplemento di lavoro che andrà avanti fino ai primi giorni di agosto. In fondo, prima della sosta, la Lazio era la squadra più in forma della Serie A e per molti addetti ai lavori quello stato di grazia avrebbe potuto consentire di sorpassare la rivale (tra l’altro oggi con un solo punto di vantaggio) e arrivare a un traguardo che manca da circa vent’anni. Andiamo oltre: la Lazio ha la consapevolezza di aver svoltato, indipendentemente dal fatto di riuscire a farcela in questi appassionanti mesi. La Lazio ha memorizzato la consapevolezza di poter lottare ogni anno per il titolo, magari aggiungendo qualche altro tassello all’interno di un gruppo già competitivo così com’è. Infatti, l’idea è quella di blindare ulteriormente Immobile (malgrado tante pretendenti, l’ultima in ordine di tempo il Newcastle), di fare di Simone Inzaghi il nuovo Ferguson, dopo aver prolungato il contratto di Luis Alberto, passando per i vari Lucas Leiva, Acerbi, Correa, tutta gente che ha dimostrato eccellenti qualità. E queste considerazioni le farà inevitabilmente anche Sergej, una specie di quiz: resto qui dove siamo forti e sicuramente saremo ancora più forti, oppure – con il permesso di Lotito – do una svolta che mi faccia entrare davvero nell’élite del calcio europeo? Non è di sicuro una risposta, comoda o scontata quella da individuare. Ma, pur all’interno di una partita aperta, ci permettiamo di dire che alla fine vinceranno tutti. Milinkovic perché se restasse alla Lazio si divertirebbe ancora, mentre, se andasse via, comunque svolterebbe. Lotito perché, se dovesse tenersi il gigante, terrebbe nel cassetto un progetto ultracompetitivo; se fosse proprio costretto a cederlo incasserebbe una somma importantissima, da reinvestire almeno in parte per nuovi e competitivi colpi di mercato. Per fortuna il pallone sta per rotolare anche in casa Lazio, la soluzione migliore per ripararsi da qualsiasi tipo di spiffero.
Giornalista e opinionista sportivo, grande esperto di calciomercato in Italia. "È un privilegio quando passione e lavoro coincidono".