L’Atalanta è un modello, uno stile di vita. Lo stile di vita è come il tenore che sogni di avere: se non puoi permettertelo, magari lo lo rincorri, tuttavia non hai la disponibilità e resta una chimera. L’Atalanta è un modello difficilmente paragonabile proprio per questo: ha creduto nel settore giovanile da sempre, anche quando gli altri avevano sbaraccato e ora che stanno tornando è troppo il ritardo, netto il divario. La possibilità concreta di arrivare ai quarti di Champions (il 4-1 dell’andata è un risultato che Gasperini non avrebbe sottoscritto, semplicemente perché non se lo sarebbe aspettato) rappresenta la giusta e ideale sintesi, quasi fosse un premio dopo una semina infinita. La fortuna dell’Atalanta è avere pochi uomini ma giusti. Percassi padre delega a Percassi figlio, il Dna è fantastico; Sartori ha fidati collaboratori (Zamagna in testa) che quando si muovono in giro per il mondo sanno dove vanno, cosa vogliono e soprattutto cosa vanno a prendere.

L’Atalanta per tradizione acquista a tre e vende a quindici oppure a venti, la proporzione è questa. Se c’è un direttore con il medesimo modus vivendi di Sartori quel signore si chiama Igli Tare, il re Mida della Lazio; viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda. Poche persone ma buone, i direttori amministrativi e quelli del personale sono un’altra cosa. Prendete il Milan: ci sono Gazidis, Boban, Maldini e Massara; se in questi giorni qualcuno di loro ammette, come ha ammesso, che non sempre (eufemismo) viaggiano sulla stessa sintonia, ecco spiegata la differenza con l’Atalanta. Anche dentro l’Atalanta magari Sartori e Gasperini non sono amici per la pelle, non andrebbero volentieri a cena per rilassarsi in tandem dopo un pomeriggio di lavoro, ma qualsiasi incomprensione o incompatibilità non intacca il senso, il significato, della missione principale. Ovvero, fare tutto soltanto per il bene del club senza conflitti interni che possano rallentare o addirittura intaccare la crescita.

Gasperini è il maestro, l’allenatore che forse sintetizza meglio di altri in Serie A la figura del manager che in Premier indirizza il mercato. Gasperini ha costruito un piccolo Ajax con una scintilla scoccata diversi anni fa: era una settimana buia a tempestosa quella che avrebbe portato alla sfida con il Napoli di Sarri. Gasp era reduce da una sconfitta e da un periodo di difficoltà, si sarebbe giocato il posto. E proprio come reazione, non certo di pancia ma ideologica, decise di puntare sui giovani, mettendo da parte qualche senatore che aveva interpretato le precedenti gare con l’assuefazione che di solito possiede chi ha la certezza “del posto fisso”. La qualificazione ai quarti di Champions non sarebbe un semplice premio ma la logica di un club che costruisce senza soluzione di continuità, non fa sconti e sceglie la gente in grado di irrobustire il palazzo senza minare le fondamenta. Quel 4-1 al Valencia non è il manifesto del Gasp-pensiero, piuttosto l’ennesima gigantografia di una collezione interminabile e che ha fatto storia più che tendenza.

Chi lascia l’Atalanta sa benissimo che non tutto sarà come prima. Non a caso poi vogliono tornare: l’esempio più recente chiama in causa Mattia Caldara che era andato alla Juve senza mai assaggiarla, gli avevano detto di traslocare verso Milano sponda rossonera e, tra infortuni e incomprensioni, non ha avuto neanche un minimo spazio. L’Atalanta non vedeva l’ora di riprenderselo, Caldara tornerà quello di prima. E magari non vedeva l’ora di cedere Kulusevski, oggi a Parma, destinazione Juve senza avergli fatto fare il salto in prima squadra. Ci sono cifre, 44 milioni con i bonus, che valgono bene un sì immediato, è una questione di coerenza verso principi indissolubili: se chiama un grande club e paga come un grande club, apriamo le porte e le finestre senza il minimo indugio.

L’Atalanta è una Dea che ha baciato Gomez, al punto che il Papu – non avendo vent’anni come Kukusevski – ha detto no a qualsiasi proposta pur di restare. Ilicic, il fantasista più geniale che ci sia, fu convinto all’alba da un Gasperini insonne perché non riusciva a trovare un esterno offensivo come voleva lui. Meglio: lo aveva individuato nello sloveno ma Ilicic era quasi in parola con la Samp, mancava solo la firma. All’alba Gasperini gli disse “vieni da noi, non ti pentirai”: oggi quel virgolettato, rubato ma vero, potrebbe essere una fiction di casa Atalanta. La sintesi della diversità.