Festeggia oggi il suo 73esimo compleanno Zdenek Zeman, uno degli allenatori più discussi del calcio italiano. Sono tantissime le panchine su cui il tecnico boemo si è seduto nel corso della sua lunga carriera, collezionando più di mille presenze tra i professionisti. Ha vissuto da vero e proprio girovago, tanto che, dalla fine degli anni ’90 in poi, non è mai rimasto per più di un anno sulla stessa panchina, anzi, spesso non ha nemmeno finito una singola stagione. Ha infatti rimediato molti esoneri perché il suo modo di vedere il calcio si scontra con il bisogno di risultati che, ovviamente, tutti i presidenti delle società calcistiche chiedono ai propri allenatori.

Il suo motto è “il risultato è casuale, la prestazione no”: per questo ha sempre prestato più attenzione al modo di giocare delle sue squadre che a come veniva riempito il tabellino alla fine di ogni match. Peccato, però, che sia proprio il risultato finale di ogni singola partita a condizionare l’andamento di una stagione per una squadra di calcio e, di conseguenza, gli obiettivi da raggiungere a fine campionato, indispensabili per ogni società di calcio, sono sempre messi in primo piano rispetto al bel gioco.

Questo spiega perché, sostanzialmente, Zeman, pur essendo un personaggio conosciutissimo nel mondo del calcio, non ha mai allenato a Torino o Milano, che sono le piazze più esigenti e più abituate a vincere in Italia, ma soprattutto non ha mai vinto nulla di importante. Nel suo palmarès, infatti, troviamo solo la vittoria del campionato di Serie C2 a Licata nella stagione 1984-1985 e due promozioni dalla Serie B alla Serie A: la prima a Foggia nella stagione 1990-1991, la seconda a Pescara nella stagione 2011-2012.

Gli inizi, Zemanlandia e gli anni d’oro del boemo

Nel mondo del calcio Zdenek Zeman è conosciuto come “il boemo”, perché è nato a Praga ma, forse anche a causa del suo flemmatico e a tratti incerto modo di parlare, in pochi sanno che si è trasferito in Italia poco più che ventenne e che già dal 1975 ha la cittadinanza italiana. E in Italia si è anche laureato all’ISEF di Palermo con una tesi sulla medicina dello sport diventando poi professore di educazione fisica. La sua carriera, infatti, comincia proprio come preparatore atletico e questa sua caratteristica sarà sempre molto evidente nel suo modo di preparare le squadre, anche quando approderà a Roma.

Anche grazie all’aiuto dello zio materno Čestmír Vycpálek, Zeman entra molto presto nel mondo del calcio, dopo che da giovane ha giocato principalmente a hockey su ghiaccio, pallanuoto e pallamano. Comincia ad allenare proprio una squadra di pallamano, poi passa a piccole squadre di calcio siciliane fino ad approdare al Palermo, dove, dal 1974 al 1983 allena le giovanili dei rosanero. Il suo rapporto con i giovani calciatori è un’altra delle caratteristiche fondamentali della sua carriera: ha sempre amato plasmare nuovi talenti e molto meno avere a che fare con campioni già affermati, meno inclini a sopportare i suoi duri metodi di allenamento che prevedono, tra le altre cose, corse e balzi a piedi uniti sui gradoni delle tribune degli stadi e corse a piedi nudi sulla sabbia, con buona pace dei poveri tendini, messi fortemente a dura prova.

Il suo primo risultato importante è quello ottenuto a Licata, ossia la promozione dalla Serie C2 alla C1 nel 1985, che gli permette poi di fare un piccolo passo in avanti venendo ingaggiato, sempre in C1, dal Foggia, che però lo esonera dopo 27 giornate, in seguito a una pesante sconfitta per 5-0 contro il Cosenza. Va poi a Parma, in Serie B, e il massimo risultato che ottiene è una vittoria in amichevole per 2-1 contro il Real Madrid, mentre in campionato resiste solo pochi mesi prima di essere esonerato. Nella stagione successiva, 1988-89, riesce a portare il Messina all’ottavo posto della serie cadetta e a lanciare anche uno dei suoi primi campioni, che diventa anche capocannoniere del campionato: quel Salvatore Schillaci che dì lì a un anno diventerà l’eroe delle notti magiche di Italia ’90.

Pasquale Casillo, Presidente del Foggia neo promosso in Serie B, decide di far tornare Zeman alla guida dei rossoneri ed è proprio nella città pugliese che il boemo compie il suo capolavoro e si fa notare da tutto il mondo del calcio. Quel Foggia, infatti, viene definito il “Foggia dei miracoli” e, proprio allora, si comincia a parlare di Zemanlandia, termine poi usato come titolo di un documentario del 2009, incentrato proprio sul racconto delle imprese di quella squadra. E che cosa ha fatto quella squadra di tanto importante da passare alla storia del calcio? È stata la perfetta incarnazione delle idee di Zeman: una squadra dal gioco spumeggiante, caratterizzato da un modulo altamente offensivo, il 4-3-3 spinto all’eccesso, con una marcatura a zona, tanti gol fatti e altrettanti subiti.

A Foggia Zeman ottiene due noni posti e un undicesimo posto, permettendo dunque alla squadra non solo di salvarsi, ma anche di sfiorare la qualificazione alla Coppa UEFA. Inoltre lancia giocatori importanti, alcuni dei quali approderanno poi in grandi squadre e anche in nazionale. Dal “trio delle meraviglie” composto da Ciccio Baiano (tra l’altro capocannoniere del campionato), Beppe Signori e Roberto Rambaudi fino a Gigi Di Biagio. A Foggia Zeman rimane dal 1989 al 1994, praticamente il periodo più lungo di tutta la sua carriera alla guida di una stessa squadra. Il fatto di essersi messo in mostra con i rossoneri di Puglia gli permette poi di fare il salto di qualità e di approdare alla guida di squadre più prestigiose.

L’utopia di Zeman che non funziona nelle grandi piazze

Il periodo a Foggia e i primi due anni alla Lazio si possono definire gli anni d’oro di Zdenek Zeman. Nella prima stagione sulla panchina biancoceleste, dove è arrivato nell’estate del 1994, si ritrova a guidare nuovamente Signori e Rambaudi e ottiene un ottimo secondo posto in campionato, i quarti di finale in Coppa Uefa e la semifinale in Coppa Italia. Soprattutto rimedia vittorie a suon di gol contro la sua ex squadra, il Foggia, per 7-1, contro la Fiorentina per 8-2 e anche contro le big Juventus (3-0), Milan (4-0) e Inter (4-1). Allo stesso tempo, però perde in casa 3-0 il derby contro la Roma.

Nella seconda stagione alla Lazio chiude al terzo posto, con il miglior attacco della Serie A e il capocannoniere, Beppe Signori. Esce ai quarti di finale di Coppa Italia contro l’Inter e ai sedicesimi di finale di Coppa Uefa contro il Lione. La terza stagione è anche l’ultima alla guida dalla Lazio, che nel frattempo ha ceduto alcuni giocatori importanti e si ritrova eliminata dal Napoli ai quarti di Coppa Italia, dal Tenerife ai sedicesimi di Coppa Uefa e va male in campionato, tanto che il 27 gennaio 1997 la società decide di esonerare l’allenatore boemo. Anche durante la sua esperienza biancoceleste, Zeman ha avuto modo di scovare giovani talenti del calibro di Alessandro Nesta, Marco Di Vaio e Pavel Nedved.

Clamorosamente, pochi mesi dopo l’esonero da parte della Lazio, Zeman si ritrova ad allenare la Roma. Franco Sensi vuole rilanciare la sua squadra dopo una stagione molto deludente e in parte ci riesce, perché con Zeman alla guida i giallorossi arrivano al quarto posto. L’anno seguente, però, pur giocando un calcio sempre spettacolare e offensivo, la Roma chiude al quinto posto e non si qualifica ai preliminari di Champions, obiettivo molto importante per Sensi che decide così di non confermare Zeman.

Ai giallorossi Zeman lascia un ricordo dolceamaro, perché da una parte ha regalato ai tifosi partite spettacolari, ma dall’altra anche pesanti sconfitte, come i quattro derby persi in una sola stagione contro una Lazio che, nel frattempo, guidata da Sven-Göran Eriksson, fa incetta di coppe, vincendo la Coppa Italia, la Supercoppa Italiana e la Coppa delle Coppe, dopo essere stata finalista in Coppa Uefa.

Dopo l’avventura a Roma, per Zeman comincia un lungo girovagare non solo in Italia, ma anche in Europa: non si ferma mai più di un anno nella stessa piazza, anzi, a volte cambia squadra anche nell’arco di una stessa stagione. Lo vediamo alla guida del Fenerbahçe, del Napoli, della Salernitana dell’Avellino, del Lecce, del Brescia, poi di nuovo un ritorno a Lecce, un’esperienza alla Stella Rossa, poi un altro ritorno a Foggia, poi ancora a Pescara, una nuova breve avventura alla Roma nel 2012-2013, poi a Cagliari, dove viene esonerato e poi richiamato dopo pochi mesi, poi Lugano e infine un altro ritorno, a Pescara, dove resiste appena un anno.

Zeman, dunque, è un allenatore che ha saputo farsi amare molto, soprattutto nelle piccole piazze, Foggia su tutte, ma nelle grandi piazze, come Napoli e in particolare Roma, ha lasciato un mix di sensazioni positive e negative, perché le sue avventure si sono concluse con degli esoneri e sono state seguite da polemiche tra lui e le società. Inoltre, nel corso della sua carriera, non ha vinto alcun trofeo e questo testimonia quanto il suo calcio, fatto di un bel gioco offensivo e atletismo esasperato, ha funzionato meglio in piccole squadre, molto poco nelle “big”, rivelandosi una vera e propria utopia per chi aspira a vincere Coppe e campionati.

Zeman e le polemiche con la Juventus

Mentre è alla guida della Roma, nel 1998, Zdenek Zeman rilascia un’intervista a L’Espresso e accusa pubblicamente la Juventus di fare ricorso a sostanze dopanti. Subito viene aperta un’inchiesta da parte della magistratura che arriva poi a processare il medico juventino Riccardo Agricola e l’amministratore delegato della Vecchia Signora Antonio Giraudo. I due vengono poi assolti nel 2007 dalla Corte di Cassazione dall’accusa di frode sportiva, dopo che nel 2005 erano già stati assolti dalla giustizia sportiva, decisione poi confermata nel 2006 dalla Commissione d’Appello Federale e nel 2007 dal giudice di ultima istanza. Tuttavia tutta questa vicenda lascia degli strascichi, anche perché alcune delle accuse si sono estinte solo per prescrizione.

Zeman testimonia anche nel processo legato alle vicende dello scandalo Calciopoli. Nel 2009 accusa Luciano Moggi di aver complottato per rovinargli la carriera, una forma di punizione, a suo dire, dopo le accuse rivolte alla Juve nel 1998, anno in cui Moggi era direttore generale della società bianconera. Zeman sostiene anche che nella stagione 2004-2005, mentre era alla guida del Lecce, c’erano state delle combine nel campionato di Serie A. Moggi, interrogato sull’argomento, dichiara invece che la carriera di Zeman è piena di esoneri solo per la sua incapacità. Il boemo, quindi, lo querela, ma il giudice per l’udienza preliminare ritiene che le dichiarazioni di Moggi non siano diffamatorie.

Che cosa fa oggi Zdenek Zeman?

Oggi Zdenek Zeman continua a vivere a Roma, nel quartiere Fleming, e viene spesso interpellato dai giornalisti perché ogni sua intervista fa sempre notizia. Ha anche ammesso di voler continuare ad allenare e che mal sopporta il fatto di essere rimasto senza panchina dopo 50 anni in cui, bene o male, ha sempre fatto qualcosa. Ha detto inoltre di aver sempre immaginato di chiudere la sua carriera al Palermo, dove ha iniziato allenando le giovanili, ma dove non ha mai allenato la prima squadra. È ancora un personaggio molto amato, richiestissimo per foto e autografi.

Sul fatto di non aver mai vinto coppe o scudetti, ha sempre dichiarato che non gli mancano affatto e che l’unica cosa di cui sente la mancanza sono stati i venti anni lontani dalla sua patria, essendo rimasto bloccato in Italia mentre nel 1968 scoppiava l’insurrezione politica che portò alla Primavera di Praga. Di recente, inoltre, ha dovuto affrontare anche una grave malattia di uno dei suoi figli, Andrea, avuto dalla moglie Chiara Perricone, ex nuotatrice conosciuta nei suoi primi anni in Italia. L’altro figlio si chiama Karel e ha seguito le orme del padre: fa anche lui l’allenatore e a febbraio scorso ha lasciato la panchina del Messina in serie D, dopo aver rassegnato le dimissioni.