“Space Jam all over again” ha scritto su Twitter Isaiah Thomas, giocatore che ha cominciato la stagione NBA a Washington e poi si è ritrovato a piedi dopo essere passato ai Clippers, che lo hanno scaricato. In effetti, chi ha visto il film con Michael Jordan ricorderà che l’NBA veniva fermata per il diffondersi di un virus. Ebbene, è esattamente quello che è successo questa notte. Il responsabile è ovviamente il Covid-19, il coronavirus che ha infettato almeno un giocatore, il francese degli Utah Jazz Rudy Gobert, ma che potrebbe aver contagiato anche altri cestisti, arbitri e persone che girano attorno all’immenso circo del basket USA.

Gli americani finora ci avevano scherzato un po’ troppo, pensavano che questa storia non li riguardasse più di tanto, invece, dopo la cancellazione dell’atteso torneo di tennis a Indian Wells, ecco un’altra doccia fredda, che tocca molto di più gli statunitensi: la sospensione dell’NBA, un evento storico e senza precedenti. Ma questo 2020 è l’anno nero del basket americano e non solo. Lo ha fatto notare LeBron James che su Twitter ha scritto: “Stiamo cancellando eventi sportivi, chiudendo scuole e uffici, ma quello che abbiamo davvero bisogno di cancellare è il 2020! Dannazione sono stati tre mesi durissimi. Dio vi benedica, state al sicuro”. Ovviamente la star dei Lakers fa riferimento anche alla morte di Kobe Bryant che ha sconvolto il mondo dello sport il 26 gennaio scorso.

NBA, che cosa è successo la notte tra l’11 e il 12 marzo 2020

Ma cerchiamo di ricostruire che cosa è successo la scorsa notte e di immaginare cosa potrà accadere ora. Erano in programma sei partite, ma se ne sono giocate solo quattro. La prima a iniziare è stata quella tra Philadelphia 76ers e Detroit Pistons che ha visto i Sixers imporsi 124-106. Già qualcosa di strano in questo match si è visto, perché sugli spalti non c’erano i soliti 20mila e passa spettatori, non c’era il tutto esaurito che ci si aspettava, ma almeno 5mila spettatori in meno, chiaramente perché la paura del coronavirus comincia ad aleggiare anche sugli Stati Uniti.

È toccato poi agli Atlanta Hawks che hanno ospitato i New York Knicks. Tra le due squadre i tempi regolamentari sono finiti sul 118 pari ed è così servito l’overtime che ha visto il team della Grande Mela imporsi 18-13, chiudendo così il match sul 136-131. Alla fine dell’incontro la star degli Hawks Trae Young ha detto: “Con quello che sta succedendo non potrebbe importarmene di meno di questa sconfitta”. Ma anche i Knicks subito dopo il termine del match più che festeggiare si sono ritrovati a preoccuparsi del loro immediato futuro, perché sono tra le squadre che hanno affrontato gli Utah Jazz negli ultimi dieci giorni e finiranno dunque in quarantena.

È poi toccato ai Miami Heat ospitare i Charlotte Hornets. Alla squadra della Florida basta una vittoria per assicurarsi la qualificazione ai playoff, ma stanotte non è riuscita a ottenerla, nonostante avesse cominciato il match davvero bene. Gli Heat, infatti, nel primo quarto si sono portati avanti 40-22, ma gli Hornets hanno reagito alla grande, già nel secondo quarto hanno ripreso e superato i padroni di casa grazie a un parziale di 37-11 e così, dopo la pausa negli spogliatoi, negli ultimi due quarti hanno dovuto solo controllare chiudendo con un rassicurante 109-98.

L’ultimo match che è riuscito ad arrivare fino al termine stanotte è stato quello tra i Dallas Mavericks e i Denver Nuggets. Già nel primo quarto i Mavs hanno messo le cose in chiaro e la partita è stata in discesa per loro, eccetto per un piccolo guizzo dei Nuggets nel terzo quarto. È finita 113-97, ma proprio durante il penultimo quarto è arrivata la notizia della sospensione della Regular Season dell’NBA a causa del caso di positività scoperto tra gli Utah Jazz.

A Oklahoma City, infatti, i Thunder erano pronti a scendere in campo contro i loro ospiti, gli Utah Jazz, ma tutti i giocatori sono stati fermati e richiamati negli spogliatoi. È stata data la notizia che un giocatore è risultato positivo al coronavirus, ed è probabile che qualcuno abbia guardato dritto verso l’italiano Danilo Gallinari, invece no, il positivo, colui che probabilmente sarà ricordato per aver portato il coronavirus nell’NBA, è un francese, Rudy Gobert.

E pensare che proprio Gobert nei giorni scorsi aveva scherzato davanti ai giornalisti che erano seduti l’uno distante dall’altro per precauzione. Aveva fatto capire di non essere preoccupato per l’epidemia in corso e aveva toccato i microfoni e tutto il tavolo a cui era seduto per le interviste. Ora i proprietari di quei microfoni saranno non poco preoccupati. Il lungo degli Utah Jazz è andato a Oklahoma City, ma non si è recato alla Chesapeake Energy Arena perché febbricitante. Tuttavia al test influenzale è risultato negativo ed è stato così sottoposto a quello per il Covid-19 al quale, invece, è risultato positivo.

Gli Utah Jazz hanno così diramato un comunicato stampa in cui hanno scritto: “Il giocatore è risultato negativo al test influenzale, ma presentava una chiara infezione alle vie respiratorie. Tali sintomi sono diventati sempre meno importanti, ma per mantenere tutte le precauzioni del caso e in collaborazione con i medici NBA e l’ufficio di sanità pubblica dell’Oklahoma, abbiamo deciso di sottoporre Gobert al test del Covid-19. Una volta risultato positivo abbiamo subito informato la NBA”. A questo punto l’NBA altro non ha potuto fare che sospendere tutto. Il match tra OKC e Utah Jazz non ha mai avuto inizio, ma nemmeno quello che sarebbe dovuto iniziare dopo tra Sacramento Kings e New Orleans Pelicans.

Ora l’NBA è sospesa e tutti i match si intendono rinviati a data da destinarsi, ma intanto saranno effettuati tamponi su tutti i giocatori e tutte le squadre che negli ultimi dieci giorni hanno affrontato gli Utah Jazz finiranno in quarantena. Si tratta di: Cleveland Cavaliers, New York Knicks, Boston Celtics, Detroit Pistons e Toronto Raptors. Agli Oklahoma City Thunder è stato detto di tornare nelle proprie abitazioni e di non uscire se non strettamente necessario, mentre gli Utah Jazz sono stati tutti sottoposti al tampone, i cui risultati dovrebbero arrivare in giornata, e sono stati trattenuti nella Chesapeake Energy Arena. Non possono tornare a casa in aereo, molto probabilmente saranno organizzati dei bus su cui saliranno in piccoli gruppi isolati in base ai risultati del test.

Le parole di Jaylen Brown e quello che succederà ora in NBA

Subito dopo la notizia della sospensione dell’NBA per il coronavirus, sono arrivate le reazioni dei giocatori, ma certamente la più significativa è stata quella di Jaylen Brown, 23enne dei Boston Celtics, che ha subito spiegato a tutti i suoi tantissimi follower la gravità della situazione. In una serie di tweet ha scritto: “Tutti noi possiamo avere un ruolo nella diffusione del virus. Magari non riguarda direttamente voi, ma ci possono essere persone anziane a rischio e gente alle prese con altre infezioni. Vi prego di restare a casa se potete, non ignorate il pericolo. I nostri ospedali e il nostro sistema sanitario possono reggere solo un certo impatto. NON SI TRATTA SOLO DI VOI, per cui vi invito a prendere le dovute precauzioni”.

In un video su Instagram poi Jaylen Brown ha detto: “Vedo soprattutto i ragazzi più giovani fare meme online, scherzarci sopra: magari non vi riguarda personalmente ma la consapevolezza è importante. Questo non è uno scherzo. Questa non è una cospirazione di massa. Nel giro di due settimane, forse un mese, potremmo vederne le dimensioni reali e potrebbe essere difficile. Fate il vostro: lavatevi sempre le mani, limitate i contatti, state a casa il più possibile” e ha anche esplicitamente sottolineato il caso dell’Italia. Il suo intervento è stato senza dubbio il più saggio nonostante la giovanissima età.

Ma che cosa succederà adesso in NBA? È davvero difficile immaginarlo, bisogna prima capire quanti positivi ci sono in tutta la lega, tenendo in considerazione non solo i giocatori, ma anche gli arbitri, gli allenatori e i tantissimi membri degli staff delle diverse squadre. Intanto è stata sospesa anche la G-League, la lega di sviluppo, che ha tanti punti di contatto con l’NBA. Molto probabilmente il primo passo sarà quello di sospendere il campionato per almeno 14 giorni, ma è possibile che questo periodo si possa allungare e che sia necessario intervenire sul calendario.