Negli ultimi giorni si sono infittite le voci su una riapertura dei centri sportivi per consentire a tutti i club di serie A di tornare ad allenarsi, facendosi, di conseguenza, trovare pronti qualora il Governo avallasse la tanto attesa ripartenza del campionato. Di fronte a quest’ipotesi, tuttavia, serpeggia ancora molta diffidenza da parte di quegli esponenti del mondo calcistico che temono possa mettersi a repentaglio la salute di tutti i protagonisti coinvolti, procurando, inoltre, un eccessivo stress di natura fisica ai giocatori, costretti ad assecondare ritmi serratissimi per rimediare al tempo perduto.

È notizia dell’ultima ora la convocazione, mercoledì prossimo, di un vertice a cui prenderanno parte i vari rappresentanti del calcio (presidenti dei campionati e delle associazioni di calciatori, allenatori, arbitri), che di concerto con i medici e il ministro dello Sport vaglieranno se sussistono le condizioni per una ripresa in sicurezza degli allenamenti il 4 maggio prossimo. Naturalmente, nella stessa sede, cominceranno a gettarsi le basi anche per la cosiddetta “fase 3”, che dovrebbe dare il via libera alla riapertura dei campionati.

Ammesso che, alla fine, si riesca a tornare in campo, salvaguardando in extremis gli interessi economici che gravitano intorno al pallone, cosa succederà nel calciomercato estivo? Si tornerà davvero a discorrere sulle cifre da capogiro per acquisti e cessioni come prima della pandemia? È un tema, questo, su cui bisognerà necessariamente riflettere. Tralasciando l’aspetto puramente etico della questione, correlato alla difficoltà oggettiva di argomentare sul calciomercato in un momento delicato anche per molte società, mi chiedo comunque se nella stagione 2020/2021 sentiremo ancora parlare di giocatori strapagati. Perché una cosa è certa e credo ne converrete tutti: sul versante emolumenti, si era ormai raggiunto un livello di esasperazione francamente inaccettabile (nel 2019, Messi, il giocatore più pagato al mondo, ha guadagnato la bellezza di 130 milioni di euro).

Mi vien da pensare, dunque, che se c’è una logica a presiedere tutta questa situazione, la conseguenza non potrà che essere il ridimensionamento del valore degli organici, visto che l’emergenza sanitaria in corso, con la drastica contrazione di introiti che ne è conseguita, ha indebolito il potere di acquisto di molti club, con chiare ripercussioni sul mercato dei giocatori. Qualche previsione è già stata formulata nel mese di marzo, quando alcuni statistici hanno calcolato un decremento del 28% nella valutazione di mercato dei calciatori dei cinque principali campionati europei. Ciò significa che il prezzo dei cartellini, nella prossima finestra di mercato, scenderà da 32,7 a 23,4 miliardi di euro, senza considerare eventuali rinnovi stipulati nelle ultime settimane. Le rose di molti club, pertanto, vedranno considerevolmente ridotto il proprio valore. In primis, l’Olympique Marsiglia.

Guardando in faccia la realtà, in Italia solo alcune società hanno mosso, ad ora, i primi passi per far fronte ad un problema che tra poco potrebbe divenire concreto: in primo luogo la Juventus, poi il Parma e, da qualche giorno, anche la Roma. Al riguardo, la società giallorossa, attraverso i propri canali ufficiali, ha da poco annunciato che il tecnico Fonseca, il suo staff e i calciatori della prima squadra, hanno di comune accordo deciso di rinunciare a quattro mesi di retribuzione al fine di aiutare fattivamente la società a superare la crisi economica innescata dall’epidemia: gesto assennato per la salvaguardia del bilancio societario e, in ogni caso, meritorio e degno di menzione.

In Inghilterra, i giocatori hanno istituito un fondo a cui destinare risorse per sostenere la sanità nazionale. Artefice della lodevole iniziativa è il capitano del Liverpool, Henderson, sostenuto da Maguire del Manchester United, Noble del West Ham e Deeney del Warford. In Francia ci si muove secondo l’idea di tagli progressivi per scaglioni, sulla base del guadagno. Più difficile prevedere le “mosse giuste” per la Spagna, dove club come Barcellona e Atletico Madrid versano in condizioni di palese difficoltà.

Indipendentemente dal fatto che si ritorni, a breve o meno, sui campi da gioco, il movimento calcistico esce profondamente segnato dall’emergenza sanitaria. Alla ripresa dei tornei, assisteremo con ogni probabilità a un assottigliamento della frenesia e della concitazione che ormai dominavano questo sport, e la parte ludica riconquisterà auspicabilmente un ruolo di prima piano a discapito della componente economico-finanzaria. Persino l’approccio dei tifosi potrebbe subire radicali mutamenti, per diventare, finalmente, maggiormente improntato alla lealtà sportiva e a quei valori di condivisione e sana partecipazione che spesso difettavano in passato.

Se c’è una lezione che, senza retorica, dobbiamo trarre, dall’esperienza attuale, è che le priorità nella vita sono altre. È bene che tutti ne assumiamo quanto prima piena consapevolezza. A cominciare proprio dal calcio.