Un giorno speciale, oggi, per i tanti tifosi che considerano questo atleta più che un tennista un vero e proprio Re: Roger Federer compie 39 anni. Una ricorrenza che quest’anno cade in un periodo decisamente atipico per il campione svizzero: era iniziato come di consueto con il fuoriclasse ai vertici del tennis internazionale, con la semifinale degli Australian Open a gennaio, persa contro Novak Djokovic (poi vincitore del torneo), poi l’infortunio al ginocchio, che lo ha costretto ad una doppia operazione e lo stop del circuito dovuto all’emergenza sanitaria internazionale. Da qui la decisione di saltare tutti gli impegni del 2020 per ritornare a pieno ritmo, alla soglia dei 40 anni, per la stagione 2021.

Il modo in cui si sta preparando per il ritorno sui campi da tennis lo ha raccontato in una recente intervista a Miami Living: “Ho avuto due operazioni al ginocchio, direi che può bastare per quest’anno. Sto facendo la riabilitazione e lavoro tutti i giorni. Ho già programmato un piano di allenamenti di 20 settimane per quest’anno. La strada è ancora lunga, ma bisogna essere pazienti”. L’obiettivo principale è il ritorno nel torneo che lo ha consacrato tra gli immortali del tennis: “Mi manca Wimbledon, vorrei essere lì a giocare il terzo turno sul Centrale, cercando di guadagnarmi la seconda settimana. Wimbledon è un torneo che mi ha dato tutto. La mia vita è cambiata 17 anni fa, quando l’ho vinto. Un momento chiave nella mia carriera. Oggi mi guardo indietro a rivedere quei momenti di tanti anni fa, laddove tutto iniziò. Tornare lì è uno dei miei grandi obiettivi, per questo sto lavorando con tale determinazione”.

Una pausa per ristabilirsi e tornare al meglio della condizione, come già era accaduto nel secondo semestre del 2016, anno in cui si prese del tempo per guarire completamente dall’infortunio alla schiena per tornare nel 2017, che si rivelò quello del grande ritorno alla vittoria nei tornei dello Slam, con la doppietta Australian Open-Wimbledon centrata a 36 anni.

Roger Federer, il dominio del Re

Roger Federer ha riscritto la storia del tennis internazionale con un gioco tecnico, elegante, inimitabile per i suoi tratti. Un gioco che lo ha portato a inanellare record su record, alcuni pressoché irripetibili. Al numero 1 del ranking ATP per 310 settimane consecutive (dal febbraio 2004 all’agosto del 2008), ha conquistato il traguardo spaventoso di 5 vittorie consecutive in due diversi tornei dello Slam (Wimbledon dal 2003 al 2007 e US Open dal 2004 al 2008).

Tra i 112 titoli internazionali vinti dallo svizzero 20 sono trofei dello Slam, dei quali è il maggiore detentore. In questo finale di stagione, però, Rafa Nadal, l’altro grande protagonista dell’ultimo ventennio, ha l’opportunità di centrare l’aggancio: lo spagnolo è a quota 19 titoli e con due Majors da disputare nel periodo di inattività di Federer l’occasione è ghiotta, anche considerato che uno di questi è il torneo preferito di Rafa, ovvero il Roland Garros (per quanto concerne gli US Open la situazione resta in via di definizione, con molti big che hanno dichiarato di voler valutare attentamente lo stato delle cose legato alla pandemia, prima di confermare la propria partecipazione).

Il lato umano del campione

Oltre che per le straordinarie doti tennistiche, Federer è salito all’onore delle cronache per la sua attività in campo benefico: forte di un patrimonio stimato di oltre 450 milioni di dollari (ammontano a più di 120 milioni di dollari i soli introiti derivanti dalle vittorie dei tornei lungo l’arco della sua carriera) negli anni ha devoluto oltre 60 milioni di dollari in favore di numerose cause di beneficenza.

Il suo impegno in campo umanitario ha spinto l’Università di Basilea ad insignirlo, nel 2017, del titolo di Dottore onorario in medicina: è stato stimato che grazie alla sua attività benefica, specie in ambito educativo, nel territorio del Sud Africa, sul quale è molto attivo (la madre Lynette è originaria proprio dello stato africano) oltre 100.000 bambini abbiano potuto ottenere un’istruzione migliore.

Con un passato da ragazzo irrequieto (Federer ha avuto in età adolescenziale problemi costanti di gestione della rabbia), la sua vita cambiò nell’agosto del 2002, quando il suo coach ed intimo amico Peter Carter morì in un incidente stradale in Sud Africa. Questa fu la molla che lo portò a riconsiderare la sua vita, diventando più riflessivo e aperto all’ascolto. “Mi accompagnerà sul campo da tennis – ha detto in una recente intervista – per tutta la mia carriera”. Una carriera già leggendaria, che Re Roger sarà pronto ad impreziosire col suo ritorno nel 2021.