Pochi sportivi hanno saputo risollevarsi dal loro momento più buio al pari di Mick Doohan: in una carriera costellata di incedenti spicca quello, dalle conseguenze spaventose, nel 1992 ad Assen, che comporta per il pilota il rischio di amputazione della gamba destra. E in quel momento – grazie anche ad un contributo del Dottor Costa che Doohan riconoscerà per sempre – ecco la rinascita, con il ritorno alle gare e l’inizio di una serie di successi che scriverà il nome dell’australiano nella leggenda delle due ruote, con la vittoria di 5 mondiali consecutivi su Honda, nella classe 500, dal 1994 al 1998.

Doohan, guida aggressiva e spregiudicata

Michael Sydney Doohan, detto “Mick” mostra fin dal principio, dal suo esordio nella Superbike australiana e al mondiale di Formula TT, i tratti che lo caratterizzeranno per tutto l’arco della sua vita di pilota: inizia a mettersi in mostra su Yamaha con una guida aggressiva, rude, per certi versi brutale. Uno sprezzo del pericolo che, durante tutta la prima parte della propria carriera, fa domandare agli appassionati se quella che avevano davanti agli occhi fosse l’espressione di un pilota pronto a dare gas dove gli altri non avrebbero saputo farlo, oppure se quel modo di guidare fosse semplice incoscienza.

I primi segnali del fatto che quella di Doohan fosse una vera e propria mentalità giungono a seguito del suo esordio nel Motomondiale, in cui la Honda gli affida un posto in scuderia nel 1989. Due stagioni di ambientamento, con il primo successo nel GP d’Ungheria nel 1990, poi l’esplosione. Nel 1991 vince in 3 occasioni e sale sul podio in tutte le tappe del mondiale, fatta eccezione per una, in cui si ritira: Assen.

E’ un triste presagio di quanto accadrà nella stagione successiva: dopo avere chiuso il ’91 al secondo posto nella classifica generale, alle spalle di Wayne Rainey, il 1992 sembra essere l’anno della consacrazione per il pilota australiano. Vince le prime 4 gare, si piazza secondo nel GP d’Italia e nel GP d’Europa e torna a trionfare ad Hockenheim, in Germania. E’ fine giugno quando si arriva all’appuntamento con il GP d’Olanda.

Il terribile incidente ad Assen

È il 27 giugno 1992: ad Assen si stanno svolgendo le prove libere. Doohan perde il controllo della sua Honda e nell’incidente riporta la frattura della gamba destra. Il pilota sta dominando il motomondiale e, a 5 tappe dal termine, il titolo sembra essere a portata di mano. L’obiettivo è una riabilitazione più veloce possibile e un immediato ritorno sulle piste, e così il pilota australiano viene operato subito. Il decorso dell’operazione, però, va storto: la gamba non risponde e nella notte post operatoria la situazione precipita verso un inizio di cancrena. Quello che era un problema ad una gamba si trasforma in un rischio mortale: i medici olandesi vagliano l’ipotesi dell’amputazione dell’arto.

È qui che, come un angelo custode, il dottor Claudio Costa, responsabile della Clinica Mobile, prende in mano la situazione: “Dalle tenebre della disperazione Mick mi chiamò – dirà Costa – e noi, io e i miei compagni di ventura, lo ‘rapimmo’ dall’ospedale olandese e lo portammo in Italia”. Qui optano per un operazione decisamente anticonvenzionale, che però sarà una svolta: il collegamento chirurgico dell’arto sano a quello incancrenito, per fare in modo che l’apporto sanguigno propiziasse la rigenerazione dei tessuti della gamba destra.

Doohan resta per 2 settimane con le gambe unite chirurgicamente, ma la visione di Costa ha esito positivo e salva la gamba del pilota. “Mi salvò la vita e indubbiamente la carriera – dirà Doohan – Dopo l’incidente, senza il suo intervento, i dottori mi avrebbero amputato la gamba. Il dottor Costa lo impedì e con un metodo estremamente radicale si prese cura di me salvandomi la gamba. Gli sono enormemente grato. Non sarei qui oggi senza il suo aiuto né avrei vinto il mondiale se non fosse venuto a tirarmi fuori da quell’ospedale in Olanda per rimettermi in sesto”.

La riabilitazione e i 5 mondiali consecutivi

Seguirà una lunghissima riabilitazione, ma la piena funzionalità della gamba destra resterà per sempre compromessa per Doohan. L’obiettivo, per ritornare in sella, ora era diventato riacquisire la capacità di condurre una due ruote a livelli agonistici, ma c’era un grosso problema da superare: con un uso ridotto del piede destro era compromessa la possibilità di imprimere pressione sul pedale del freno posteriore, a destra appunto. Ed è qui che la storia cambia di nuovo: la Brembo progetta un comando sul manubrio, con il quale il pilota poteva controllare manualmente il freno posteriore. Il freno a pollice, che vide la luce in quell’occasione, è tutt’ora utilizzato come sistema di assistenza per il controllo in frenata.

Doohan rinasce: torna in sella nel campionato 1993, ottenendo il primo successo della sua nuova vita nel GP di San Marino, e chiude il motomondiale in quarta posizione. Sono le prove generali del suo insediamento sul trono della classe 500: nel 1994 diventa Campione del Mondo salendo sul podio in tutti i Gran Premi stagionali, vincendo 9 GP sui 14 totali. Vincerà altri 4 mondiali, trionfando in 34 GP nei successivi 4 anni. Nei 15 GP del campionato 1997, il suo anno perfetto, porta a casa 12 vittorie, 2 secondi posti e un ritiro.

Al termine del suo quinquennio d’oro, dopo aver messo 5 titoli iridati consecutivi in bacheca, Doohan si ritira dalle corse nel 1999, a seguito di un nuovo incidente (da cui si riprenderà pienamente) giunto al terzo GP stagionale, in Spagna. Il nome di Mick Doohan, dal momento in cui è sceso dalla sella della sua Honda, unica moto della sua carriera decennale in 500, è scritto nella leggenda. Oggi il campione australiano compie 55 anni.