Se non fosse stato per l’odiato virus, forse (senza forse) la Roma avrebbe chiuso la lunga trattativa, invocata da chi ha il giallorosso nel cuore, per il trasferimento delle azioni da James Pallotta a Dan Friedkin. Era tutto fatto, strada spianata e traguardo vicinissimo, a meno di 50 metri. Cifre iperboliche, lo scambio di email era diventato talmente frenetico e proficuo che l’ora delle firme definitive stava per arrivare. Friedkin convinto, anzi convintissimo, con programma da imprenditore facoltoso (anzi ricchissimo) per una nuova Roma, finalmente ambiziosa e molto competitiva. Poi la maledetta pandemia, le normali frenate e le inevitabili riflessioni che spende anche chi ha un pacco di milioni (forse di miliardi…), ma si interroga sull’opportunità di fare quanto aveva deciso qualche settimana prima. Infatti, Friedkin ha preso tempo, ha staccato gli interruttori, mettendo nei guai Pallotta che non vedeva (non vede) l’ora di vendere e mortificando le ambizioni di un popolo che già sognava una Roma da sballo. Capace finalmente di lottare per qualcosa di importante, senza dover giocoforza sacrificare qualche pezzo da novanta. Ecco, il punto è proprio questo e chiama inevitabilmente in causa Nicolò Zaniolo.

Se la Roma ha un gioiello vero, che brilla sempre più, che continuerà a brillare e che deve rappresentare il presente e il futuro, questo gioiello è nato nel 1999, è un figlio d’arte e ha già detto sinceramente che dalla Capitale non vuole andar via. Non semplici parole di circostanza, tanto per congedare rapidamente quei pettegoli dei giornalisti, piuttosto una sentenza molto ben ponderata. Certo, Nicolò avrà letto che il suo club ha un debito non troppo lontano dai 300 milioni, i buchi di bilancio stanno diventando voragini e la necessità di fare cassa può essere potenzialmente una necessità. Ma su Zaniolo la Roma non può, non deve sbagliare, la blindatura è un passaggio fondamentale, determinante. Altrimenti significherebbe ripartire da zero, vivere un’intera estate nell’incubo ambientale di una tifoseria che mai, e giustamente, ti permetterebbe un sacrificio del genere. Si può fare cassa con Schick, magari con Under, probabilmente con Cristante, al limite con Pellegrini e in quest’ultimo caso sarebbe un sacrificio vero. Dal nostro punto di vista non equiparabile alla necessità di trattenere Zaniolo, ma di sicuro sarebbe doloroso.

Pellegrini è in una lista ipotetica di partenti da almeno tre sessioni di mercato, c’è una clausola che ogni tanto torna a fare capolino. Proprio male che dovesse andare, i tifosi della Roma se ne farebbero una ragione, anche se la logica (non solo quella) imporrebbe la necessità di ripartire dal tandem Pellegrini-Zaniolo per provare a costruire una squadra più forte. Magari rinnovando la fiducia a Dzeko che, avendo rinnovato appena la scorsa estate malgrado le lusinghe dell’Inter, non può certo tornare in discussione appena un anno dopo; sarebbe un’altra situazione tremendamente incoerente e difficile da capire. Quei “magnifici tre”, magari un altro anno con Smalling, la necessità di avere un minimo di continuità perché non si può smontare un organico nel giro di sei-otto mesi. Ma se proprio fosse necessario scegliere e buttarne uno giù dalla torre con grande sgomento, al limite meglio Pellegrini di Zaniolo.

Rispetto all’estate 2019, Nicolò ha rafforzato sempre più il suo desiderio di restare. Un anno fa c’era stato il convinto pressing del Tottenham, il suo nome era in bella (bellissima) evidenza nel pizzino che Fabio Paratici aveva distrattamente lasciato sul tavolo di un ristorante, la Juve avrebbe davvero fatto di tutto e di più per consegnarlo a Sarri. E probabilmente rimetterebbe in moto il motore anche adesso, avendo il ragazzo quelle caratteristiche (fisicità e tecnica) necessarie per un immediato salto di qualità nella nostra Serie A, spesso alla ricerca di centimetri per sbaragliare la concorrenza. Non crediamo che l’Inter se ne sia fatta una ragione, in relazione a quella scelta dell’estate 2018 quando decise di inserire Zaniolo nell’operazione Nainggolan: era troppo forte la voglia di ingaggiare il Ninja per sprecare valutazioni sull’astro nascente. E se davvero potesse correggere qualcosa, l’Inter cancellerebbe quella decisione e si svenerebbe pur di riportare Nico nel mondo Suning. Ma ormai è andata, inutile disquisire troppo, nella vita professionale qualche errore lo puoi commettere, altrimenti saresti un robot infallibile.

Se volessimo essere dissacranti, potremmo dire che il maledetto virus ha fatto bene a Zaniolo visto che ha forzato i tempi per recuperare dopo il maledetto infortunio. Le sensazioni sono positive, i suoi messaggi social carichi di speranza e di freschezza, le sue dirette con gli amici sintetizzano la voglia di tornare molto presto. Mentre i suoi colleghi tornano a fare allenamenti di gruppo con il serio timore di infortunarsi dopo una lunga inattività, Nicolò ha messo il turbo nel motore, tornerà più forte di prima. Magari già a luglio, prima si opererà al naso per migliorare la respirazione. Il destino lo aveva inchiodato, un grave stop proprio nell’anno degli Europei. Lo stesso destino gli ha teso una mano, quasi come se si trattasse di un immediato risarcimento: gli Europei slittano al prossimo anno, una decisione dolorosa ma inevitabile, e Nicolò ci sarà. Mancini lo avrebbe aspettato fino all’ultimo anche senza lo slittamento di un anno, però le possibilità di averlo sarebbero state dell’uno o del due per cento. In questo modo vedremo il miglior Zaniolo e nessuno come il ct lo può aspettare a braccia aperte, avendogli Mancini dato fiducia e convocato quando le porte della Roma non si erano completamente spalancate e il mitico Zan non era diventato un astro nascente, con la famosa consacrazione anche in Champions.

Non c’è miglior cosa di un ragazzo che se ne infischia del mercato avendo deciso di restare nel club che gli ha permesso un incredibile salto in alto. Questa è una certezza per la Roma, Nicolò non farà le bizze. È strafelice di restare, soltanto il club potrebbe chiedergli di andar via e ci stupiremmo se lo facesse. Proprio da qui bisogna ripartire evitando di andare in testacoda sull’autostrada. Non è colpa di Zaniolo se Friedkin ha cambiato idea, forse definitivamente e lo vedremo; sarebbe colpa della Roma se non trovasse soluzioni alternative per sistemare il bilancio (magari accogliendo nuovi soci), senza passare da una cessione che – diciamolo chiaramente – sarebbe una resa. Quanto vale oggi Zaniolo? Bene, è proprio il momento di non fare valutazioni proprio perché l’attuale momento storico ha ridimensionato di almeno il 25 per cento la quotazione dei cartellini. Quindi, anche se fosse Zaniolo a chiedere di andare (oggi è l’esatto contrario), cederlo sarebbe il momento strategicamente meno indicato e su quest’argomento non serve aggiungere altro.

Dal nostro punto di vista, immaginiamo per un minuto che non ci siano stati gli effetti del virus: per meno di 80 milioni non ci si può sedere per trattare l’eventuale cessione di Zaniolo. Per Havertz, splendido astro nascente, il Bayer Leverkusen chiede 100 milioni, alla faccia del virus, per quale motivo Zaniolo dovrebbe valere 60? Già cederlo sarebbe un autogol all’incrocio, cederlo accettando cash più una contropartita tecnica sarebbe un doppio autogol nella stessa porta durante una finale di Champions. Oltretutto non hai messo (fortunatamente) una clausola, quindi puoi avere la libertà di gestirlo senza intoppi, blindandolo e assegnandogli le chiavi della Roma. Già, se gliele assegni sai benissimo che sarà una guida sicura, piena di talento, di strappi improvvisi e di accelerazioni degne di uno straordinario interprete del ruolo. Se hai una bellissima casa, un attico più super attico con vista sul mondo e attraversi un momento di difficoltà, giusto che tu faccia i sacrifici e qualche rinuncia ma a patto di non privarti di quella meraviglia che hai voluto con tutte le tue forze. La Roma faccia la stessa cosa con Zaniolo, non può sbagliare: sarebbe un errore irreparabile, da principiante.