Diciamocela tutta, per la Roma il rischio di un flop in quel di Crotone era ben più alto di quanto non si paventasse alla vigilia. Innanzitutto perché la compagine di Stroppa, tra le mura amiche, aveva strappato un pareggio nientepopodimeno che alla Juventus; in secondo luogo perché, pur rimediando, alla fine, una bruciante sconfitta a San Siro contro l’Inter nell’ultimo turno di campionato, Messias&C. erano stati capaci di creare non pochi grattacapi ai nerazzurri per tutto il corso del primo tempo. Chiuso non solo in parità, ma pure con qualche recriminazione da parte rossoblù.

Ed infine perché si era reduci da due settimane di martellante gossip sugli affari di cuore di Zaniolo. Chiacchiere e pettegolezzi su cui chiunque, ma proprio chiunque, ha sentito il bisogno di dire la sua: censori, tifosi, moralisti, perbenisti. E chi più ne ha, più ne metta. Un vociare talmente incontrollato da offuscare persino l’importante vittoria contro la Sampdoria al ritorno dalla sosta, su cui i giornali si sono soffermati lo stretto necessario, preferendo piuttosto dare ampio spazio alle dichiarazioni di mamme, fidanzate, ex, o presunte tali. La vittoria di Crotone, dunque, è un segnale forte. Di più. Alla luce della bella prestazione della Roma, la domanda è: aver vinto 1-3, consolidando il terzo posto a soli quattro punti dalla capolista, concede ai tifosi romanisti il diritto di sognare?

Nella capitale c’è chi sostiene che sia follia il solo pensiero, posto che la Roma può contare su straordinari elementi come Džeko (114 gol con la Roma) e Mkhitaryan (otto reti e sette assist, ma anche 18 gol in 48 gare in giallorosso), ma non può attingere da una panchina dello stesso livello, il che, sotto il profilo qualitativo, la pone ancora in difetto rispetto alle dirette concorrenti. Ma c’è anche chi crede fortemente che quest’anno, come non mai, il sogno possa realizzarsi, visto che i giochi sono ancora apertissimi per le squadre che stazionano nelle parti alte della classifica.

E ciò, nonostante il Milan sembri spinto da una forza ultraterrena anche in assenza di Ibrahimović, l’Inter possa calare costantemente gli assi Lukaku e Lautaro Martínez (e senza le coppe, la compagine di Conte focalizzerà la propria attenzione solo sul campionato: un vantaggio non da poco), e la solita Juventus, malgrado qualche tentennamento di percorso, sia, almeno sulla carta sempre equipaggiata per la lotta al titolo. Il motivo che tiene accesa la fiamma, in modo non del tutto dissennato analizzando i fatti, è che, al tirar delle somme, nessuna delle compagini così esaltate dagli addetti ai lavori, stia poi proponendo un calcio di assoluto livello, in grado di far ipotecare la conquista dello scudetto con largo anticipo, come accadeva nel recente passato. Indipendentemente dall’ipotesi che si intende abbracciare, è indubbio che, giunti a questo punto del campionato, si parli inspiegabilmente troppo poco del bel lavoro svolto dalla Roma fino ad ora.

A maggior ragione, se si tiene in considerazione che si tratta di una stagione di transizione, in cui non solo sono cambiati i vertici societari, ma si è anche passati attraverso una prima fase in cui la panchina di Fonseca appariva alquanto traballante. Se ne parla poco, forse, perché si attendeva da tempo un ritorno incisivo delle milanesi, o perché desta stupore, dopo nove scudetti consecutivi, la forte vulnerabilità della Juventus. Una cosa è certa: l’esito della prossima sfida, in casa contro l’Inter, per la Roma e per chi dovrà raccontarla, sarà determinante.

Molto probabilmente il tecnico giallorosso si giocherà le carte migliori per scardinare la difesa di Conte, che pare in apnea, e provare così a far suo il match. Questo porterebbe i giallorossi ad agganciare l’Inter al secondo posto, e dissiperebbe anche le ultime riserve sulla Roma, spesso tacciata di essere grande contro le piccole, ma in palese difficoltà contro le rivali più attrezzate. Fondamentale sarà approfittare delle amnesie nerazzurre, che in difesa sono frequenti, visto che oltre un terzo dei trenta gol incassati derivano proprio da abbagli della retroguardia.

Da non dimenticare, infine, un altro dato rilevante: la Roma è, insieme al Lione di Rudi Garcia, una delle due sole squadre che, al momento, annovera già tre giocatori che hanno segnato almeno sette gol in stagione nei cinque maggiori campionati europei: per la Roma sono Džeko, Mkhitaryan, e Veretout. Che la Roma segni e sogni, allora, perché è lecito farlo.