Così, alla fine della fiera, quella che sulla famosa carta aveva il turno più facile, in casa contro un Verona senza pretese, resta fuori dall’Europa dei grandi, l’Europa che porta soldi, fama, notorietà. Quell’Europa che ritrova il Milan, vincente a Bergamo e autore dell’ennesima partita da protagonista: perché il Diavolo, quando c’è stato bisogno di tirare fuori i celebri attributi, mica si è tirato indietro.

Ricordo, a memoria, almeno una mezza dozzina di occasioni nelle quali i rossoneri partivano spacciati, che magari la settimana prima avevano pareggiato in casa con la quart’ultima del momento, salvo poi estrarre dal cilindro la prestazione con la p maiuscola. Il Milan, bando alle storielle dei 20 rigori, merita ampiamente il secondo posto finale: certo, a volte ha alternato le grandi partite di cui sopra a spettacoli inspiegabili, con punti letteralmente gettati al vento senza ragione. Ma ci sta: non dimentichiamo che i rossoneri sono una squadra giovane, costruita con ragazzi di belle speranze, guidata da un signore che, al netto delle critiche sempre presenti nel mondo del calcio, ha svolto un lavoro prezioso, districandosi anche nelle situazioni più complicate.

Trova la Champions a dieci minuti dalla fine del campionato la Juventus, grazie all’autorevole gara di Bologna: i rossoblù non è che abbiano opposto una resistenza fiera e tenace ma bisogna rendersi conto dell’enorme divario tecnico tra le due squadre e, quando Madama ha spinto sull’acceleratore, ha ottenuto i frutti sperati. I bianconeri hanno dalla loro esperienza, capacità di giocare certe partite che altri trovano pesanti, la dote di non arrendersi né mollare mai un centimetro: perché quando vinci nove campionati di fila acquisisci certezze e consapevolezze altrimenti sconosciute. Che è, in sostanza, la famosa differenza tra un giocatore di tennis da top ten e uno che naviga sempre oltre la trentesima posizione: sì, certo, ovvio che la forza del singolo faccia la differenza ma, spesso, si tratta di saper giocare i punti decisivi. Ecco, magari Federer, Nadal o Djokovic quei punti li vincono, altri faticano e la pallina, o la racchetta vedete voi, pesa un’enormità.

Così il Napoli stecca nel momento più importante della stagione. Lo fa in modo amaro, giocando davvero una brutta brutta partita, e conoscendo Gattuso non credo proprio questo fosse l’atteggiamento chiesto dal tecnico di Corigliano Calabro ai suoi. Il Verona ha giocato come doveva, siamo di fronte a professionisti, mica agli amici del calcetto di sabato mattina: personalmente ho avuto modo di seguire gli scaligeri a Milano, contro l’Inter, giusto un mese fa e anche allora i gialloblù scesero in campo vendendo cara la pelle, lottando, correndo, andando su ogni pallone. Solo una decisione di Abisso, di quelle che se le prendi non è una vergogna e se non le prendi non lo è altrettanto, privò sempre Faraoni, tu guarda, del gol del pareggio, a pochi minuti dal termine. Ripeto, parliamo di professionisti, non degli amatori del torneo della riviera di non so dove. Il Napoli ha disputato una gara scialba, con poche idee e per di più confuse, figlie di paure evidenti. Gattuso andrà via, lo ha annunciato il presidente azzurro sui social dopo la partita: auguro a chi arriverà di riuscire a fare perlomeno quel che ha fatto Rino, con la squadra spesso falcidiata da infortuni e raramente schierata nella formazione tipo.

In Europa League, quindi, Napoli e Lazio, mentre alla neonata Conference League parteciperà la Roma. Non è bastato al Sassuolo vincere, in inferiorità numerica, contro la Lazio: i cugini giallorossi, sotto due a zero in Liguria, hanno iniziato a giocare a calcio, raggiunto lo Spezia ed entreranno in Europa, terminando il campionato a pari punti con i neroverdi di De Zerbi che con ogni probabilità saluterà l’Italia, grazie a una migliore differenza reti. Ora inizia l’età di Mourinho a Trigoria.

Benissimo l’Inter, cinque gol e prestazione da campioni d’Italia per i nerazzurri, mentre in coda saluta la massima serie il Benevento, peggior nemico di sé stesso al termine di un girone di ritorno davvero imbarazzante.