Il calcio è non di rado materia oscura. Nel giro di 12 ore, domenica scorsa, i ruoli fra Napoli e Juventus si sono letteralmente ribaltati. Sono bastati i fuochi d’artificio a tinte azzurre, con il contraltare della deprimente prestazione dei campioni d’Italia a San Siro, per stravolgere i pronostici in vista della finale di Supercoppa Italiana.

A ben vedere, però, sarebbe buona norma – la scaramanzia non c’entra assolutamente nulla – limitare gli entusiasmi partenopei e non sottovalutare la tradizionale capacità di ripresa juventina.

Proviamo a spiegare: il Napoli che ha schiantato la Fiorentina al Diego Armando Maradona è una squadra che ha provato a dare una risposta all’equivoco tattico di base, di cui ci siamo occupati la scorsa settimana in queste righe. Schierato, complice anche la positività dello spagnolo Fabián Ruiz al coronavirus, Diego Demme al fianco della diga-Bakayoko, la squadra di Rino Gattuso è apparsa automaticamente più equilibrata. Più razionale, nella zona nevralgica del campo. Questo, peraltro, lo si sapeva in buona misura già da prima, ma il tecnico non può certo accantonare a cuor leggero un talento e un capitale per la società del livello di Ruiz. Complice la pandemia, in vista della sfida alla Juventus questo dubbio e questa difficoltà tattica sono risolti alla radice. La coppia sarà quella, senza il minimo dubbio, ma è altrettanto indiscutibile che da superare ci sarà una prova ben più impegnativa, rispetto a quella offerta dal tenero centrocampo viola. Se domenica, contro la Fiorentina, poi, il Napoli ha concretizzato di colpo tutto quello che non aveva concretizzato contro lo Spezia, il Torino o l’Udinese, non è scritto da nessuna parte che questo stato di grazia si replichi meccanicamente nella sfida ai bianconeri.

Serve una controprova, insomma, della capacità azzurra di crescere in cattiveria ed efficacia sottoporta. Una singola partita, per quanto debordante, non può bastare.

Se aggiungiamo che per definizione una sfida alla Juventus per il Napoli è sempre qualcosa di diverso, di più impegnativo, di psicologicamente sfidante, non ce la sentiremmo di azzardare alcun tipo di pronostico. Anche perché i problemi di rosa sono ancora tutti lì, anzi sono persino aggravati dalla botta al polpaccio rimediata domenica da Petagna, improvvisamente rivelatosi un fenomenale assist-man d’area di rigore. Ad oggi, l’ex-Spal e Atalanta è un uomo non sostituibile. Perché non ce ne sono di quelle caratteristiche e perché Dries Mertens è ancora ben lontano dalla migliore condizione. Schierare quest’ultimo dal primo minuto apparirebbe un azzardo. Del resto, se Petagna non dovesse proprio farcela, per Gattuso non resterebbe che questa strada d’azzardo oppure quella di riproporre Lozano centravanti, test ampiamente fallito nelle occasioni in cui è stato tentato.

Come non considerare, inoltre, la voglia della Juventus di dare una risposta immediata a tutti i soloni che l’hanno già data per finita, dopo la pessima prestazione contro l’Inter di Antonio Conte. Che la parabola sia discendente è del tutto evidente, che però sia già arrivata ad uno status di fine-ciclo è tutto da dimostrare. Non ci fideremo mai di frettolosi ‘de profundis’ e ancor meno dell’idea di una mancanza di reazione, da parte di gente abituata a vincere e dominare l’avversario. Pensiamo a Cristiano Ronaldo, ma non solo.

Una bellissima sfida per tutti, allora, ricca di spunti e di indicazioni da trarre in vista del prosieguo della stagione. Piazzata in mezzo al cammin del campionato, la Supercoppa Italiana acquista se possibile ancora maggior peso.

Soprattutto potrà fornire indicazioni durature e garantire un formidabile boost a chi dovesse riuscire a portare a casa il trofeo, contro l’avversario di sempre.