Perché alla fine, inutile stare a nascondersi, se inizi a vendere (o svendere?) i tuoi pezzi migliori diventa quasi fisiologico cominciare a vedere fantasmi anche dove non esistono. Parte Hakimi – lì c’era bisogno di monetizzare, inutile raccontarsi altre verità -, parte Lukaku – quindici milioni di buoni motivi per tornare a Londra, là dove giovanissimo era stato messo da parte come un calciatore qualunque, venduto alla velocità della luce all’Everton e, perché no, centoquindici milioni di motivi (con o senza bonus?) per tornare a far respirare le casse nerazzurre -, di conseguenza chiunque è sul mercato e qualunque voce, anche la più infondata, diventa mammamia stanno smontando il giocattolo.

Insomma, in una finestra di mercato stile calma piatta ci pensa l’Inter a rendere interessante l’inizio di un agosto canicolare. Che poi non si capisce per quale ragione anche quando gli stessi diretti interessati smentiscono – leggasi ad esempio Lautaro che di andare al Tottenham o all’Arsenal per giocare nell’Europa meno importante, con tutto il rispetto e l’affetto, non ha la minima intenzione – qualcuno è comunque convinto che ciò non sia vero e che l’argentino partirà lo stesso. Perché così dev’essere. Ora per Marotta e Ausilio inizia la parte difficile: sostituire chi ha lasciato. Con quanti soldi, esattamente, ancora non si sa. In viale della Liberazione è attesa l’ennesima settimana di passione pallonara.

Ma, nella fantomatica griglia di partenza del campionato, come si collocherebbero a oggi le cosiddette “big”? Beh, viste le due cessioni pesanti, l’Inter parte sì in prima fila, ma accanto alla Juventus che diventa, inevitabilmente, la grande favorita. Pur senza colpi apocalittici, pur senza il grande nome scelto ad hoc per ravvivare le fantasie della tifoseria, Madama ha mantenuto l’ossatura preesistente aggiungendo, casomai, proprio l’uomo giusto al posto giusto: Max da Livorno. Ora, personalmente non sono un fautore dei ritorni in pompa magna: Sacchi, Capello, lo stesso Mancini all’Inter, tutti allenatori di personalità con in comune un ritorno nelle squadre dove avevano vinto o stravinto, poco fortunato quando proprio non all’altezza.

Forse, però, il discorso per Allegri potrebbe essere differente. La Juventus non si è espressa, nello scorso campionato, rispettando la rosa a disposizione. Non mancano i giocatori, ai bianconeri: semmai mancano certezze, sicurezze, forse anche capacità, tra virgolette, di stare in campo. In questo la presenza di Allegri in panchina è molto più di una semplice garanzia.

L’Atalanta rimane necessariamente collocata nelle zone alte, altissime, della griglia. Gasperini ha a disposizione ragazzi che conoscono alla perfezione i movimenti chiesti dal tecnico. L’innesto di Musso e Demiral al posto di Gollini e Romero non stravolge minimamente i meccanismi orobici. La continuità premia nel pallone, la Dea sarà la scheggia impazzita nella corsa al titolo.

Milan e Napoli inseguono. I partenopei potranno contare su un totem, un talismano che difficilmente buca l’annata: Luciano Spalletti. La zona Champions, per lui, non è un optional da raggiungere, casomai il suo alveo naturale. Ecco perché, completando la seconda fila, vedo i partenopei un filo davanti ai rossoneri, rimasti praticamente gli stessi della passata stagione fatta eccezione per il primo cambio di Ibra, Giroud, e il portiere, interessante assai ma non Donnarumma.

A proposito di Donnarumma: il PSG metterà sotto contratto anche Messi, completando un mercato maestoso, figlio del calcio tanto caro a Ceferin, quello della gente.
Che tristezza.

Roma e Lazio, nel frattempo, restano un pizzico distanti dalla vetta. Dovranno essere nuovi innesti, uniti alle capacità indiscutibili dei loro tecnici, a permettere alle capitoline il salto di qualità. Ma il mercato, ricordiamolo, termina a fine agosto: e manca una vita.