C’è una prima volta per tutto. Persino per subire sei reti in una sola partita, come mai accaduto prima in carriera. È ciò che è capitato giovedì sera a Mourinho. Per la sfida di Conference League contro il Bodo/Glimt, ai confini del circolo polare artico, il tecnico portoghese manda in avanscoperta l’intero pacchetto delle “seconde linee”, puntellandolo con i soli Ibanez e Rui Patricio.

Una decisione che ha pagato a caro prezzo, visto che la capolista del campionato norvegese è passata come un rullo compressore sui giallorossi, prendendoli letteralmente a pallonate per novanta minuti. Vano e tardivo è stato il ravvedimento, con l’ingresso, nella ripresa, di alcuni big, nel tentativo di riequilibrare i valori in campo: Mkhitaryan, Shomurodov e Cristante prima, Pellegrini e Abraham poi. Di fatto, a questo appuntamento, i giallorossi non si sono mai presentati. Passano gli anni, cambiano gli allenatori, ma da questi improvvisi blackout la Roma non riesce proprio ad affrancarsi.

Vittima degli errori arbitrali contro la Juventus, o dell’estenuante viaggio verso una terra stretta nella morsa del gelo, o del pensiero fisso sulla prossima sfida di campionato: qualsiasi sia la ragione, non può bastare a giustificare un tracollo così fragoroso contro una squadra che, con tutto il rispetto possibile, di paura ne faceva davvero poca. Ma la cosa peggiore è che la ferita inferta da questo incidente, come dichiarato da Mourinho nel post gara, «resterà». Lo sa bene chi tifa Roma da una vita.

A differenza del suo attuale coach, infatti, questa squadra non è nuova a disfatte tanto rovinose, con sei, o anche sette, palloni mestamente raccolti in fondo al sacco. E ogni volta, ad allarmare maggiormente è l’inevitabile contraccolpo che affliggerà la squadra, ossia l’impatto psicologico successivo ad un tanto inatteso quanto roboante crollo sportivo. È comprensibile, perciò, che nelle ultime ore serpeggi una certa dose di apprensione tra i tifosi giallorossi.

La prossima partita di campionato non è mica una qualsiasi, d’altronde. All’Olimpico approderà la capolista, la squadra che, sino ad ora, ha fatto filotto, vincendole tutte. E che, proseguendo in questa marcia inarrestabile, potrebbe frantumare il record di 10 vittorie consecutive da inizio campionato, detenuto dalla Roma di Rudi Garcia. A tratti, i partenopei sembrano più una macchina da guerra che non una squadra, per via della feroce determinazione nella ricerca della vittoria, ottenuta anche – ed è la prima nella competizione – giovedì in Europa League contro il Legia Varsavia. Tenendo conto, poi, dello spirito di rivalsa che da sempre anima Luciano Spalletti, un ex poco rimpianto sulla panchina della Roma, vincere contro i giallorossi sarebbe proprio un bel regalo, un’impagabile soddisfazione personale. Molto più dei tre punti in classifica.

È chiaro, dunque, che la Roma non si presenta a questa sfida dai molteplici significati con il giusto biglietto da visita, ma ciò non significa che debba partire psicologicamente in svantaggio. Come accade nella vita, talvolta è nei momenti più bui che insperatamente si trova la forza per dare il meglio di sé: ed è proprio una reazione veemente quella che si aspettano i tifosi della Roma domenica. Mourinho stavolta è chiamato ad attingere a tutta l’esperienza e l’abilità che lo hanno consacrato come lo “Special One”, per risollevare i suoi ragazzi e mandarli in guerra contro un nemico che, sarà pure ostico, ma non privo di punti deboli. Che si miri su quelli per 90 minuti.