La vittoria netta nel derby, il primato in classifica consolidato, il ruolo distinguibile di favorita per lo scudetto, la gioia di essere consapevoli della propria forza e, nel contempo, l’inquietudine per il proprio futuro, con Suning in dissolvenza a favore di un fondo di investimento o una sua permanenza per un numero di mesi sufficiente per vendere meglio l’Inter, fatta salva l’assoluta necessità di dover trovare entro il prossimo mese la liquidità necessaria per pagare dipendenti e fornitori, oltre a far fronte ad altre spese.

È una dicotomia dell’animo che vive anche la tifoseria, incantata dalla crescita tecnica della squadra, dagli equilibri finalmente trovati, l’inserimento e la tardiva comprensione del talento necessario di Christian Eriksen, ma anche la capacità formidabile di Antonio Conte nel tenere unito il gruppo rispetto alle voci funeste sulla proprietà e le sirene dei procuratori.

L’Inter va dritta verso il Genoa con una responsabilità del tutto nuova verso se stessa perché la vera crescita in questo ultimo mese si è manifestata paradossalmente in quel tipo di partita che la squadra prima falliva, quando si affrontavano i top club e non c’era la mentalità indispensabile per vincere il confronto diretto in Italia e in Europa. Un elemento che sembrava irrisolvibile e che ha iniziato invece a mutare grazie ad una partita che l’Inter aveva vinto con sofferenza contro il Napoli.

Da quel momento l’approccio alle sfide importanti è mutato ed è definitivamente sbocciato in Inter-Juventus di campionato, quando la squadra di Conte ha sfoderato una prestazione superlativa per tutti i novanta minuti. Subito dopo è arrivato il derby di Coppa Italia e in quel caso Eriksen, con una punizione da fuoriclasse, ha ulteriormente confermato che la squadra aveva mezzi mentali e tecnici tali da poterla spuntare contro ogni avversario, anche in situazioni difficili. Infine il derby di Campionato nel quale quell’equilibrio visto nell’ultimo Inter-Milan sembrava dovesse ripetersi. Al contrario si è vista una squadra dominante e che per trenta minuti ha creato occasioni e controllato il gioco pur non riuscendo a capitalizzare le occasioni create.

Ora c’è da verificare se il “difficile” sia ora quello di battere con regolarità le cosiddette squadre piccole. Il Genoa oggi è molto più solido di quanto non lo sia mai stato per tutto il 2020 e il Parma all’andata ha strappato un pari a Milano, complice un incredibile rigore non fischiato su Perisic e due svarioni della difesa, ma resta un avversario storicamente complicato.

Se non siete convinti di questa obiezione pensate a Udinese-Inter nel quale si è visto il problema tattico ancora irrisolto, quello che vede la squadra avere maggiori difficoltà quando gli avversari si chiudono nella propria area. Contro il Genoa mancherà Hakimi ed è un elemento indispensabile per sorprendere gli avversari ma c’è un Eriksen che rende la manovra molto più imprevedibile o comunque più rapida. Non basta ma il Lukaku e il Lautaro Martinez (e si confida anche in Sanchez) visti negli ultimi due match danno la sensazione di essere più determinanti di quanto non lo fossero stati con Udinese e Sampdoria.

Oggi l’Inter ha dunque da fare il salto di qualità definitivo nella capacità di trovare i punti apparentemente facili, in un momento della stagione in cui tutte le squadre che ambiscono a vincere non sbagliano più tante partite. E’ certamente vero che non avere le coppe, per quanto amaro, sia un indiscutibile vantaggio ma non così grande se si pensa che la Lazio ad esempio è già virtualmente fuori e l’Atalanta è più facile che esca.
Oggi l’Inter ha il destino nelle sue mani e i giocatori, come non accadeva da dieci anni, sono finalmente consci di una forza a cui prima aspiravano e oggi posseggono.
Il vero snodo, il problema più importante, è che la faccenda della transizione societaria si completi al più presto e senza sconvolgimenti.