La Juventus viene da una lunga serie positiva, nel corso della quale ha affrontato squadre come Chelsea, Inter, Roma, Milan, derby col Toro, Zenit a San Pietroburgo e compagnia: il problema di iniziare disastrosamente il campionato, però, è che se poi all’improvviso perdi contro il Sassuolo all’ultimo secondo si ripiomba in una situazione di classifica mediocre e ripartono le ormai tradizionali lotte intestine all’interno della tifoseria bianconera.

Reduci da una settimana faticosa da ogni punto di vista – andare a San Pietroburgo, certo, ma affrontare Roma e Inter nel corso della stessa settimana vuol dire confrontarsi con due squadre forti, con il fantasma di Turone e Iuliano, con interviste imbarazzanti, le Iene a caccia di audio e scoop, haters che abbandonano il calcio anche solo per qualche ora, insomma il solito circo che conosciamo da decenni – la Juve inizia in modo aggressivo, con un Morata presente ma confuso e impreciso, crea qualche occasione, rischia con Berardi, colpisce un palo con una giocata rapida e precisa da miglior Dybala e a fine primo tempo prende un (bellissimo) gol per un’azione in velocità degli avversari. Magari può sembrare ininfluente, ma vale la pena raccontare anche l’ultimo minuto, dopo la rete avversaria. Nel corso di questa frazione, la Juventus, pur conscia che l’arbitro fischierà al quarantaseiesimo esatto, sceglie di palleggiare, passarsi il pallone, senza mai neanche provare ad affondare il colpo con un pallone vicino all’altra area. Si riparte con Cuadrado, ma l’inizio non è dei migliori, con Raspadori che potrebbe raddoppiare. Pian piano, però, la squadra comincia a premere, dopo qualche tentativo raggiunge il pareggio con un super colpo di testa di McKennie, attacca e si sbilancia con tanti giocatori offensivi in campo per cercare i tre punti finché, all’ultimo minuto, subisce un contropiede micidiale con uno splendido lancio di Berardi (che l’americano, ultimo e unico uomo rimasto nella nostra metà campo dovrebbe intercettare con le mani, anche a costo di beccarsi il rosso: saremmo qui con un punto in più) e un pallonetto di Lopez, solo davanti a Perin.

Rieccoci a quanto scritto all’inizio: dopo un ciclo così positivo, una sconfitta con un briciolo di casualità lascerebbe l’amaro in bocca, ci farebbe dormire con minor facilità, ma tutto sommato sarebbe assorbita anche dal fatto che tra due giorni saremo di nuovo in campo, pur se in una complicata trasferta a Verona. Se invece dopo tre partite sei già staccato di 8 punti da più squadre, da lì in poi il tuo campionato diventa un inferno nel quale non puoi sbagliare mai, pensa ritrovarsi al settimo posto a 13 punti dalle prime e a 4 dalla zona Champions.

“Di chi è la colpa?” Ci si chiede inutilmente in questi casi, e la risposta è sempre la stessa, quando si perde e quando si vince: in ogni ambiente di lavoro, le responsabilità sono di chi decide (chi ha costruito la squadra), di chi deve gestire e migliorare la resa del gruppo (l’allenatore) e poi, appunto, della squadra, non immune da critiche per degli errori imbarazzanti in ogni zona del campo. Quel che interessa allo scontro fratricida in atto da anni tra juventini è soprattutto l’allenatore: personalmente, come da tradizione, sono interessato pressoché nulla alla caccia al capro espiatorio, so per certo che Allegri resterà nella storia del club per quei cinque anni fantastici, non ho idea di cosa combinerà in futuro, ma quanto al presente è evidente che la situazione di classifica non corrisponda al valore della squadra.

Sono conscio che ci sia uno spirito da ricostruire, che se lasci una squadra con Pjanic, Khedira, Matuidi, Ronaldo, Higuain, più Chiellini & co con tre anni in meno e la ritrovi dopo un quarto posto conquistato per miracolo tu debba pensare a ricostruire la squadra, uno spirito, la voglia di difendere tutti insieme, ma proprio per questo dovresti limitare al massimo gli esperimenti, i cambi di modulo, affidarti agli uomini di maggior qualità (credo che a centrocampo sia venuto il momento di Arthur, almeno per vedere l’effetto che fa), trovare il modo di portare a casa le sfide in cui devi essere tu ad attaccare, vincere – proprio come auspicava Max – almeno una partita con due gol di scarto, senza rischiare fino all’ultimo secondo di perdere ingiustamente per un lancio di Berardi e un uomo solo davanti al portiere. Più facile a dirsi che a farsi, possibile, dopo certi cicli infiniti è ahimè fisiologico che ci si metta un po’ per ripartire. Però testa bassa, poche chiacchiere, se davvero qualcuno ha atteggiamenti poco concentrati lo si riprenda a dovere. Perché con con una squadra con Dybala, Morata, Cuadrado, Chiesa, de Ligt e compagnia non possiamo rassegnarci a vivere una stagione da Europa League.