Se durante la settimana mi arrivano diversi messaggi già rivolti a quanto accadrà domenica, alle terribili assenze in casa Roma, alla designazione dell’arbitro ovviamente pro Juve, se nelle interviste comincia a farsi strada il ricordo del gol di Turone (da ultima Rosella Sensi stamattina), con dettagli utili a rendere il tutto ancor più epico (diluviava, e noi dalla curva avevamo capito subito che fosse regolare…), vuol dire che anche quest’anno sta arrivando il derby di noi juventini della capitale: domenica sera tocca a Juve-Roma.

Potremmo ripartire qui con l’elenco degli scontri del passato, dai pochi con un sapore amaro (ma amaro davvero, dalla rovesciata di Pruzzo all’ultimo minuto e il dito rotto di Tacconi fino al pareggio regalato da van der Sar al buon Nakata, in campo perché certe volte il Palazzo è un po’ meno Palazzo, e in quei casi il calcio è più bello) alle tantissime gioie, le tante goleade (dal 5-0 della piccola Juve di Maifredi fino alle tante batoste dello Stadium, quando le partite duravano venti minuti e poi si poteva cominciare a pensare alla cena, al vitello tonnato e ai tajarin) e soprattutto le vittorie sofferte fino alla fine, come quella conquistata grazie a Schick e Szczesny, autori del più bel regalo di Natale per noi juventini romani. 

Qui, però, c’è poco da pensare al passato, perché siamo troppo indietro e non c’è davvero spazio per la nostalgia: che Juve sarà? Che Roma ci troviamo di fronte?

Ripensando al consueto messaggio con lagna preventiva del mio amico sulle presunte assenze giallorosse (al momento solo Smalling, con Abraham sulla via del recupero), partiamo invece dalle nostre: a centrocampo non ci sarà Rabiot, con McKennie verosimilmente out, Arthur ancora da recuperare e Ramsey che gioca a calcio solo nel Galles; davanti saranno quasi certamente assenti Dybala e Morata; aggiungiamo i quattro giocatori di ritorno dal Sud America a ridosso del match e possiamo capire la portata della lagna preventiva del mio amico romanista. Non importa e non dev’essere un alibi per due motivi: perché siamo noi a esserci messi nelle condizioni di non potere più sbagliare un match dopo i troppi errori delle prime tre partite e perché Allegri (ma la Juve in generale) ci ha sempre detto che gli assenti non devono spaventare, quando si hanno rose così vaste. Sconfortati dal dover affrontare Chelsea e derby senza la coppia d’attacco, le abbiamo vinte entrambe giocando attenti, concentrati e con intelligenza, con un fuoriclasse come Chiesa davanti e una squadra più compatta in ogni fase, anche quando sembrava obiettivamente troppo “bassa”. Che giochi Kean (forza, ragazzo!), Bernardeschi o chi per loro, non abbiamo altra scelta: fare di tutto per vincere, sennò le altre non le vediamo più.

Loro, d’altra parte, sono per ora poco Mourinhani, davvero troppo allegri dietro, con spazi a volontà per i rivali, talentuosi davanti con Zaniolo, Pellegrini, l’inglese davanti, l’esperienza di Mkhitaryan e pericolosi con Veretout e gli stacchi di testa dei due centrali difensivi. Una squadra divertente, imprevedibile ma non ancora del tutto equilibrata.

E allora eccoci, caro amico mio, pronti per l’ennesimo Juve-Roma, aspettando le conferenze stampa in cui come sempre Allegri stempererà i toni e Mourinho li alzerà fingendo di volere abbassare: basti ricordare che il portoghese trovò il coraggio, nei disgraziati anni della Juve cobolliana e nei fasti della forte e potente Inter post Calciopoli, di lamentarsi perché alcune squadre giocano “con l’area di 25 metri”. Negli anni dei gol con cinque giocatori in fuorigioco, tanto per capirci.

Che si giochi, allora, lasciando perdere il tedio delle tragiche interviste su Turone, l’arbitro, le solite lagne preventive, le assenze, il derby di noi romani e compagnia: servono tre punti domenica, non perdere con lo Zenit mercoledì e poi con l’Inter. Dobbiamo correre, mentre il resto sono chiacchiere, cui purtroppo non abbiamo più tempo da dedicare.