Con la consueta moderazione che caratterizza i commenti del nostro calcio, in pochi giorni si passa dall’infernale post Coppa Italia con dissidi, scontri in allenamento, allenatore destituito, dirigenza in bambola, Ronaldo a secco, Dybala sbaglia rigori e Bernardeschi ex giocatore, alle difficoltà di spiegare a juventini e non che, calma, non abbiamo già vinto il campionato perché abbiamo vinto a Bologna e Lazio e Inter hanno perso punti.

Aggiungiamo Ronaldo sbloccato, Dybala meraviglioso, Bernardeschi man of the match e davvero è dura capirci qualcosa: prepariamoci, perché giocando ogni tre giorni sarà così. Fallimento il lunedì, campione il giovedì.

Attenzione, perché sia quella del lunedì che quella del giovedì sono delle trappole da evitare con cura: sappiamo bene quanto sia negativo quel clima cupo e apocalittico che accompagna ogni nostra sconfitta, perché incredibilmente ogni volta viene rimesso tutto in discussione, e non solo i terzini che mancano o un attaccante che non segna, ma spariscono gli otto scudetti e rimane un concetto, evergreen dei post sconfitta: “così non vinceremo mai la Champions”. Ogni volta, eh, fateci caso, quando è andato via Conte, quando Allegri è partito da dodicesimo in classifica dopo dieci giornate, quando abbiamo perso male al Wanda Metropolitano o la finale di Cardiff: il succo è che, operando come fa questa dirigenza, senza seguire i consigli di noi utenti di Twitter, non giriamoci intorno, le sventure sono all’orizzonte.

E prima o poi, sia chiaro – chi non ama gli spoiler smetta di leggere – perderemo pure lo scudetto, pensate che onta. Non siamo riusciti neanche a vincere 9, 10, 15 scudetti di fila, vedi che avevamo ragione noi mentre tu li difendevi?

Eppure, altrettanto pericolosa è la trappola opposta: è tornato tutto normale, non ci sono avversarie, la Lazio ha perso in modo ingenuo, l’Inter ha pareggiato in maniera ancora più incredibile, già finito tutto, facile. E invece no, è una sciocchezza totale non solo perché mancano 11 partite e la Lazio è apparsa splendida già al rientro (almeno per un tempo) sul campo più difficile della serie A. Ma soprattutto perché sarà davvero un finale assurdo, mai sperimentato, in cui conteranno mille dettagli, tra infortuni, squalifiche (vero Danilo?), nervi, concentrazione, stanchezza e tanto altro. E noi avremmo le straordinarie Atalanta e Lazio allo Stadium, ma il potenziale vantaggio è annullato dalle porte chiuse: e poi il derby, il Milan, la Roma e una marea di altri potenziali pericoli, anche se abbiamo già visto proprio ieri a San Siro che a volte, i punti davvero importanti, si potranno perdere proprio dove non ce lo si aspetta.

Ora arriva il Lecce, che all’andata ci ha fermato ma è stato appena sconfitto nettamente dal Milan e teoricamente sembra l’avversario perfetto per conservare quantomeno il vantaggio. Teoricamente, appunto. Sembra, appunto. Perché il pericolo è lì, soprattutto quest’anno la Juve pare non essere abbastanza decisa proprio quando all’apparenza è tutto semplice, scontato, quasi dovuto, come in quel secondo tempo scialbo contro il Milan di due settimane fa ormai in dieci e alle corde.

E allora non importa se non ci sono i terzini (ne abbiamo tre fuori contemporaneamente, peraltro, al di là di ogni legittima considerazione sul mercato estivo in quel ruolo), se arretrerà Matuidi, se Pjanic ha la testa qui o a Barcellona, se Ronaldo non è ancora al meglio.

Conta vincere, non prendere cartellini insensati, gestire le energie solo quando il risultato è ormai al sicuro. Evitare sorprese. Ed anche quel clima infernale di risse in allenamento, allenatore incapace, Ronaldo in crisi, che fa seguito a ogni nostro passo falso. Perché si gioca ogni tre giorni, è vero, ma tre giorni passano rapidamente solo se vinci e fai il tuo dovere.

Quando non succede, ormai lo abbiamo imparato, sembrano più lunghi dei tre mesi di lockdown.