Ci sono allenatori che lasciano il segno, che lavorano no stop per avere subito un riscontro, che consentono di archiviare in fretta stagioni complicate e sofferte. Facciamo due nomi: Vincenzo Italiano e Ivan Juric. È presto, molto presto, per un bilancio che sia anche parziale, bisogna aspettare almeno un paio di mesi prima di andare nel dettaglio. Ma non è troppo presto per questo tipo di considerazione: i tifosi della Fiorentina e quelli del Torino sono entrati in un dolce sogno, assolutamente convinti di non svegliarsi in preda agli incubi. Certe cose le capisci dal raduno e dai primi allenamenti: si chiama nuova mentalità trasmessa da allenatori che agiscono per un taglio netto con il passato. Mentalità significa dare un timbro di personalità e consapevolezza, proponendo una tattica che non comprenda la filosofia “meglio non prenderle che provare a darle”.

L’errore sarebbe proprio questo: accontentarsi. E i due club, pur avendo un blasone indiscutibile, lo hanno fatto troppe volte negli ultimi anni, disattendendo le speranze della gente, soprattutto trovandosi a lottare per obiettivi (il mantenimento della categoria, a volte sofferto) che non possono essere l’unica strada percorribile, lo dice la storia. Fiorentina e Torino hanno fatto un’inversione sull’autostrada, hanno interpretato il mercato in un certo modo e già oggi dimostrano con dati convincenti di essere pronti per una stagione diversa.

Vincenzo Italiano ha commesso un solo errore, quello di non essere stato sincero e trasparente con lo Spezia dopo una storica salvezza. Avrebbe dovuto dire chiaro e tondo che non sarebbe rimasto, che il ciclo era finito dopo due stagioni irripetibili, che sarebbe stato giusto mettersi alla finestra e aspettare. La Fiorentina non si era ancora materializzata, semplicemente perché il matrimonio con Gattuso sembrava felice, piuttosto c’erano stati sondaggi di altri club. Italiano avrebbe dovuto tirarsi fuori in tempi non sospetti per evitare lo sfinimento verificatosi quando Commisso è andato sulle sue tracce dopo aver rotto con Gattuso. Lo Spezia non avrebbe voluto liberarlo, l’allenatore era imbarazzato, pur sapendo che un’occasione del genere non sarebbe più capitata.

Alla fine gli hanno dato la possibilità di salire sul tram viola ma dopo una tira e molla a tratti imbarazzante. È stata la fortuna di Commisso perché Italiano è uno dei pochi allenatori in circolazione bravi a incidere dopo poche settimane di lavoro. La Fiorentina si è presentata pronta, ha perso all’esordio in casa della Roma ma bisogna sempre concedere un minimo di apprendistato. Da quel momento, tre vittorie di fila ma non limitiamoci ai banali numeri. La mano di Italiano piuttosto: un 4-3-3 funzionale, Callejon rinato a destra, Nico Gonzalez impeccabile a sinistra, Bonaventura indispensabile, aspettando l’inserimento di Torreira, arrivato negli ultimi giorni di mercato e predestinato a prendere per mano la squadra.

Già, proprio il mercato: Italiano ha fatto il manager, ha chiesto e ottenuto compatibilmente con il budget da rispettare, ha lavorato per non perdere Vlahovic. Se avesse potuto, avrebbe portato a casa Berardi e magari l’esterno può essere una traccia per il futuro. Ma servivano tre o quattro innesti, sono arrivati puntualissimi. L’acquisto più importante è stato rappresentato dalla mentalità che non ha prezzo e che, soprattutto, non puoi trovare spendendo chissà quale cifra. Qui emergono i meriti di Italiano: moderno, ambizioso, concreto, mai banale, esigente, sempre sul pezzo. Proprio l’identikit dell’allenatore in carriera destinato a lasciare traccia anche quando terminerà il suo bellissimo lavoro, appena iniziato, che prevede la restaurazione calcistica di Firenze.

Ivan Juric appartiene allo stesso catalogo, un pastore tedesco che non molla la presa e che pretende il massimo. Anche dalla sua società: memorabili le frecciatine lanciate al Verona per non aver mantenuto alcune promesse e per avergli smontato – soprattutto nell’ultima stagione – l’organico a disposizione senza pensare ad alternative affidabili. Ecco, quando Juric si sente tradito fa sentire il fiato sul collo e se continui a sbagliare ti azzanna, proprio come quel pastore tedesco che perde la pazienza. Juric aveva accettato il Torino per le grandi ambizioni del presidente Cairo e per il blasone di un club che aveva fretta di archiviare troppe stagioni difficili. Aveva fatto alcune richieste sul mercato, non soddisfatte con la tempistica che lui aveva invocato quasi come una supplica.

A quel punto, apriti cielo, Juric è scattato, dalla terza alla quinta in quattro secondi, ha denunciato che sarebbe stato troppo tardi con il campionato ormai iniziato e senza la possibilità di avere il tempo necessario per inserire nuovi acquisti. Ma il Toro ha capito che sarebbe stato a rischio il rapporto, che Juric avrebbe perso la testa e ogni conferenza si sarebbe potuta tramutare in accuse continue verso il club. Il direttore sportivo Vagnati ha inserito le marce alte e negli ultimi giorni di trattative sono arrivati Praet e Brekalo, due che cambierebbero pelle a qualsiasi squadra. Il  Torino si è rasserenato, Juric ha potuto modellare con il materiale necessario e magari approfitterà della prossima sosta per ulteriori progressi. Ma la prestazione con vittoria in casa del Sassuolo ha rappresentato la conferma che Juric – come Italiano – è bravo e ispirato, non a caso definito il nuovo Gasperini. Proprio lui, che all’ombra di Gasp è cresciuto, di sicuro non rinnega il passato e chi gli ha trasmesso la mentalità dell’allenatore che pensa alla difesa ma soltanto per blindarla e scatenare una strepitosa fase offensiva. Juric come Italiano, il Torino sulla scia della Fiorentina: il buongiorno si vede subito, c’è già il sole che splende.