Se si pensa al coefficiente di difficoltà che ha dovuto affrontare l’Inter per vincere questo scudetto, se si realizza per qualche istante quali siano state le circostanze che si sono frapposte tra il club e il perseguimento dei suoi obiettivi, la questione diventa persino epica.
Ci sono aspetti che riguardano tutti i club e altri che hanno attraversato solo l’Inter.
L’assenza di pubblico, i tamponi, le bolle e gli impegni ravvicinati in modo folle da una stesura di calendari realizzata in modo scriteriato, sono quella parte di difficoltà a cui tutti si sono dovuti sottoporre.
L’Inter però è partita da Villa Bellini, con la sensazione palpabile che ci fosse tensione, quella stessa che tutti credevamo fosse unicamente legata a diversità di vedute tra Conte e la società e che invece nascondeva un problema molto più grande.

La squadra ha avuto anche tanti giocatori che hanno preso il covid e ne ha pagato le conseguenze soprattutto in occasione del derby di andata, ha dovuto affrontare le conseguenze della crisi economica che hanno paralizzato le finanze di Suning, con un presidente costretto a restare lontano, mentre Beppe Marotta fuori e Antonio Conte dentro il campo, hanno mandato avanti la macchina nel pieno di una tempesta mediatica, con voci fuori controllo, illazioni, pettegolezzi e notizie vendute in modo spregiudicato da una parte di stampa più attenta a tratteggiare burroni e armageddon di quanto non fosse concentrata nel dare informazioni neutrali tra le quali si potessero indicare anche possibili vie d’uscita.

Gli stipendi in ritardo e un costante tambureggiamento su mancati pagamenti di rate di Hakimi e persino Lukaku, col rischio concreto di perderli, persino una inesistente volontà del Real Madrid di perseguire l’Inter, smentita seccamente dallo stesso club madridista.

In tutto questo l’Inter vinceva e ha continuato a vincere, infilando una serie impressionante di successi, ben 13 su 15 partite, riuscendo a trasformare tutte le tempeste quasi quotidiane in energia positiva. Antonio Conte, da uomo apertamente insoddisfatto, è diventato il parafulmine dei giocatori e il governatore della tempesta. Il tecnico ha cambiato completamente registro comunicativo e persino tecnico, si è finalmente deciso a rilanciare in modo più convincente Eriksen, il quale da grande professionista lo ha ripagato mostrandogli che, almeno su questo, l’allenatore era sempre stato in torto.
A minare la serenità dell’ambiente ci si è messa anche la vicenda della Superlega, nata e morta in meno di 48 ore, con Zhang che l’aveva considerata la prima via d’uscita, al pari di altri presidenti in Italia e in Europa. Le polemiche sono andate ben oltre i limiti ma anche da questo l’Inter ne è uscita meglio di quanto si temesse.

Nei giorni che hanno preceduto lo scudetto, una parte di stampa è andata avanti con le presunte indiscrezioni su Marotta vicino alla Juventus e Zhang pronto a vendere l’Inter entro la fine dell’anno.
Conte da febbraio è parso più vicino ad essere quello che i tifosi speravano fin dall’inizio e con la conquista dello scudetto ha sedotto un’altra parte di pubblico ancora resistente verso la sua figura.
Lo scudetto conquistato non ha fermato nemmeno un minuto il cicaleggio e oggi, con il clamoroso arrivo di Mourinho alla Roma, che meriterebbe un capitolo a parte, la nuova voce è quella di un Tottenham che starebbe tentando Conte, con il tecnico che ci starebbe pure pensando. Il tecnico dell’Inter nel frattempo ha dichiarato di voler restare a lungo, Marotta ha parlato apertamente della precisa volontà di arrivare a ottenere la seconda stella e costruire un ciclo, e Zhang Jindong ha espresso il proponimento di continuare a lungo.

L’Inter ha vinto nonostante un’infinità di trappole e ora, che non deve più rimontare, ha l’obbligo di lavorare per essere ancora più solida economicamente e più forte politicamente, tutto per non dover vincere ogni anno contro tutto e tutti, persino sé stessa.