Quello di domenica è un derby paradossale. Le due società sono in mano ad un fondo di investimento e ad un proprietario di cui non si sa ancora se sia in dissolvenza, eppure sono in testa alla classifica, separate da un solo punto e con un sorpasso che l’Inter ha operato giusto una settimana fa.

E’, per distacco il derby più importante degli ultimi 15 anni, per quanto del tutto spogliato dei suoi riti collettivi, delle coreografie e gli sfottò fuori dallo stadio, un derby durante l’emergenza, in un contesto che ancora non vede con precisione un termine preciso.

E’ anche un Milan-Inter in cui l’opinione pubblica ha modificato la percezione dell’equilibrio, ricalibrandolo a favore della squadra di Conte, dopo aver decantato i rossoneri per un anno. La tesi di un Inter con un organico più forte con valori finalmente emersi ha convinto tutti e nel brusio di fondo si è distinta la convinzione netta che l’Inter possa, anzi debba vincere questa partita. Il Milan è stato declassato, complice l’appesantimento della trasferta di Belgrado e nell’ambiente sta circolando quella fiducia che spesso nella storia si è rivelata pericolosa per la cosiddetta squadra favorita.

Qualcosa di simile era accaduto solo due anni fa, quando le milanesi lottavano per un posto in Champions. L’Inter, terza in classifica aveva perso a Cagliari mentre il Milan aveva battuto il Sassuolo superando la squadra di Spalletti. In settimana c’era poi stato l’impegno di Europa League contro l’Eintracht e un’eliminazione che aveva definitivamente consacrato il Milan come favorito. L’Inter naturalmente sovvertì il pronostico e vinse 3-2, giusto per dimostrare che non bisogna andare tanto lontano per ricordarsi di essere entusiasti ma anche prudenti.

I rossoneri si stanno caricando da una settimana, per rispondere alle critiche e stanno trovando senza alcuno sforzo le risorse mentali per affrontare la partita con la vena al collo. Per l’Inter tanti complimenti ma l’unica vera speranza è che Conte abbia fiutato il pericolo e sappia come caricare a molla la squadra.

Il denominatore comune degli ultimi tre derby viene dai primi tempi andati al Milan e i secondi all’Inter. Nel primo caso con rimonta nella ripresa da 0-2 a 4-2; il 17 ottobre 2020 invece con due gol improvvisi a inizio primo tempo e una rimonta iniziata ma non terminata, infine in coppa Italia con il gol di Ibra poi pareggiato da Lukaku e vinto da Eriksen con il suo calcio di punizione. Difficile pensare che sia un caso ma il gioco di Conte nel frattempo si è modellato su nuove convinzioni. Con la Lazio ad esempio l’Inter non ha cercato il predominio della metà campo e ha scelto di arretrare il baricentro per sfruttare gli spazi e valorizzare le qualità di Perisic, Lukaku e Lautaro. Anche Hakimi avrebbe potuto banchettare, al contrario la gabbia disegnata da Inzaghi su di lui non gli ha permesso di decollare ma ha liberato campo ai compagni.

Eriksen è diventato un titolare semplicemente perché avrebbe dovuto esserlo da sempre e solo tardivamente si è provveduto ad agevolarne l’inquadramento tattico. La sensazione è che si aspetti il passo falso per rimetterlo in panchina, l’”occasione” per ridimensionarlo.

Con il Milan l’Inter dovrà spingere sulle fasce, chiudere Theo Hernandez e costringerlo a difendere, essere molto più attenta a Ibrahimovic di quanto non lo sia stata in tutte le ultime occasioni, sprigionare il talento a centrocampo, ma fare attenzione alle verticalizzazioni di Tonali e Calhanoglu. Il fatto di essere più forti è irrilevante perché per poter essere sicuri di vincere in questi casi deve esserci un divario netto che oggi ancora non c’è. È già importante che i giocatori siano consapevoli di quanto sia importante vincere e se non dovesse accadere sarà fondamentale che non si esasperi il dramma. L’Inter, a prescindere dal risultato, resterà in piena corsa per lo scudetto.