Il coefficiente di difficoltà che si trova ad affrontare l’Inter nel derby è uno tra i più sottovalutati della storia, forse anche perché tutte le squadre navigano a vista tra le secche del covid e il calendario folle messo in piedi dalle federazioni, tra club e nazionali, per salvare ogni singolo centesimo investito e mungere i giocatori all’infinito e oltre.

Ricapitoliamo: l’Inter ha chiuso la scorsa stagione il 21 agosto. La squadra si è riposata poco meno di due settimane, ha dovuto necessariamente iniziare per ultima il ritiro, riuscendo a collezionare la miseria di due amichevoli. Il club ha dato vita ad un mercato intenso nel quale non è stato possibile vendere tutti i giocatori fuori dal progetto, reintroducendo altri come Perisic e Nainggolan, che sembravano ormai distanti. Dopo la sosta Conte ha perso sei giocatori per coronavirus, più uno squalificato all’Olimpico per una simulazione di un giocatore laziale, 16 giocatori partiti per l’irrinunciabile Nations League e tutto il gruppo squadra in autoisolamento come da protocollo.

A questo proposito Sanchez è in dubbio e potrebbe essere l’ottava assenza di peso.
I giocatori che scenderanno in campo contro il Milan non si sono mai allenati in gruppo negli ultimi dieci giorni e, cosa più grave, potranno fare un solo allenamento di rifinitura per preparare il derby, il quale verrà giocato in uno stadio praticamente deserto.

Con queste premesse si è ostinatamente parlato di derby e rapporti di forza quasi immutati, come se tutte le componenti descritte appartenessero ad una realtà parallela.
Certamente la squadra che scenderà in campo sarà competitiva e in grado di fare qualcosa ma con troppe variabili e troppi impedimenti per poter preparare una sfida tanto importante in modo adeguato.
Non è colpa di nessuno naturalmente e sarebbe opportuno vendere la reale situazione dell’Inter per quella che è, senza svenderla come una normalità appena un po’ alienata.
Il calcio è un affare per tutti e la netta sensazione è che pigiare troppo a lungo il tasto delle difficoltà faccia perdere il residuo entusiasmo e quella disperata ricerca di normalità che c’è in ogni tifoso.
In fondo i calciatori sono moderni gladiatori baciati dalla sorte di guadagni impensabili per chiunque e per loro la ragione di ogni sforzo non ammette repliche.

La Juventus inoltre ha avuto partita vinta senza giocare, un 3-0 che avrebbe potuto essere anche solo una penalizzazione per il Napoli. Vedremo cosa accadrà in appello ma se la sentenza venisse confermata sarebbero penalizzate anche le poche squadre, tra cui l’Inter, che possono aspirare a lottare per lo scudetto. Se la procura ritiene il Napoli “colpevole”, giusto penalizzare ma la vittoria a tavolino va anche contro tutto quel ragionamento sullo scudetto di cartone che Andrea Agnelli continua (anche giovedì) a evocare, come se questa vittoria non fosse il risultato di una decisione della giustizia sportiva.

L’Inter invece arriva alla sfida con la sempre più probabile esclusione di Eriksen. Il danese sarà una delle pochissime risorse a disposizione nella ripresa, insieme a Sanchez, qualora le cose si mettessero male.
Sarebbe importante vedere il trequartista giocare senza la presenza di Brozovic, il quale fa già la metà del lavoro che potrebbe svolgere Eriksen nella metà campo nerazzurra. Somiglia molto al dualismo Hansi Muller e Beccalossi e per questo il danese si trova costretto a giocare nella trequarti avversaria, obbligato a fare una giocata formidabile, con meno campo di quanto non ha normalmente e dando la sensazione di non essere mai ispirato. Chiedergli di essere più cattivo, come se questo fosse il vero problema, non ha senso. Eriksen ha fatto la carriera che lo ha reso popolare con questo carattere e con una qualità che all’Inter non viene usata nel modo più corretto. Speriamo che Conte se ne accorga, invece di contare nell’accensione di una scintilla. Diversamente finirà come tra Lippi e Baggio.