Dopo il derby sono piombati sul cielo dell’Inter una serie di opinioni trancianti, figlie di risultati che, nonostante il gioco espresso, hanno dimezzato il valore della prestazione e fornito un carico di rabbia per l’occasione persa.
Il pareggio secondo la stampa nazionale ha più il sapore di una vittoria rossonera, la pendenza dell’orientamento va nella direzione del Milan per una somma di ragioni non esattamente obiettive.

Quando una squadra è prima in classifica si santifica ogni indizio che possa certificare il merito di quella posizione, perciò è tutto subordinato ad un piano di pensiero.
L’Inter ha giocato meglio, ha avuto tre occasioni clamorose davanti al portiere fallite da Lautaro, Vidal e Barella, ha sbagliato un calcio di rigore, la stessa stampa nazionale ha espresso concetti in prima pagina nei quali si dichiarava quanti rimpianti dovesse avere l’Inter e come il Milan l’avesse scampata, tirando fuori dal cassetto la consueta frase bicchiere mezzo vuoto o pieno.
Col passare delle ore la questione è poi stata bilanciata, con opinionisti che hanno persino dato una vittoria ai punti al Milan e il giorno dopo si è data l’attestazione di merito, il certificato di “anno buono” per un pareggio che avrebbe mostrato la qualità del Milan, mentre dell’Inter è stato sollevato un surreale problema dell’attacco, il quale per chi tira fuori la questione vive come un dettaglio che sia il migliore del campionato (29 gol fatti contro i 26 del Milan).

Sembra che la questione si riduca banalmente nei risultati fin qui ottenuti e nell’attuale classifica che però non è quella definitiva. Stimo molto il progetto del Milan, già dall’inizio della scorsa stagione, e ritengo la squadra in grado di vincere lo scudetto. Questo non significa che tutto ciò che la riguarda sia unto dal Signore fino a quando è prima in classifica, e chi è dietro, qualunque cosa accada, meriti di essere lì dov’è.

Il presente dell’Inter è invece fatto di alcune considerazioni che possono aiutare a migliorarla
L’andamento della partita ha mostrato alcuni aspetti che ad un terzo della stagione sono conclamati e ci fanno tornare indietro di un anno, quando Antonio Conte in più di un’occasione si lamentava di quante occasioni venissero sprecate.

Le conclusioni sono:

1) La squadra è stata raggiunta in quattro occasioni su quattro in cui è andata in vantaggio negli scontri diretti con Atalanta, Lazio, Juventus e Milan.
2) In tutte queste sfide il rendimento è vistosamente calato negli ultimi 15 minuti, sensazione che si rafforza se aggiungiamo la partita col Real Madrid.
3) Lo spreco di occasioni dipende dal tipo di gioco e dalla mancanza di lucidità, una combinazione che l’anno scorso è stata risolta da un cambiamento nella stesura del modulo nella seconda parte della stagione.
4) Non c’è più uno “spacca partite”. Se l’Inter l’anno scorso andava in vantaggio, Lukaku e Hakimi chiudevano la gara con la loro velocità e potenza, perché si aprivano gli spazi.
Quest’anno invece per poter vincere è necessario restare concentrati fino al 90°, col risultato in bilico fino all’ultimo e senza un vero uomo a cui appoggiarsi in avanti, che è una cosa ben diversa dal non avere un attaccante capace di buttarla dentro.
5) L’Inter produce una mole di gioco importante e arriva spesso vicino alla porta avversaria ma ha bisogno della collaborazione di tutta la squadra e questo grado di intensità non riesce ad essere gestito fino in fondo, al punto che chi subentra dalla panchina (chiunque sia) fatica a mantenere lo stesso livello di gioco, l’ultimo caso lampante col Milan.
6) Il fatto che ben tre uomini (Barella, Dzeko e Bastoni) siano usciti per problemi muscolari denuncia l’evidenza di troppi impegni per giocatori spremuti da calendario e impossibilità di rinunciare a loro.

Sono temi su cui Inzaghi sta certamente riflettendo ma un altro dato è che l’Inter ha dominato a lungo la prima in classifica e se c’è una squadra che dovrebbe avere più autostima quella è l’Inter.