Corre il Milan, corre. Certo, la Fiorentina ammirata, si fa per dire, al Meazza, non è un test probante, uno di quelli da far tremare i polsi: ma a furia di raccontare eh ma che fortuna, eh ma chi hanno incontrato, eh ma due tiri in porta due gol, la banda Pioli viaggia con cinque, dicansi cinque, punti di vantaggio sul resto del gruppo. La pratica viola viene chiusa in mezz’ora circa senza Ibra e senza Bennacer, ovverosia due punti fermi nello scacchiere rossonero. A dimostrazione, ce ne fosse bisogno, di una crescita mentale del Milan che oggi, sissignori, è seriamente candidata a ruolo da protagonista nel campionato che sarà. Della Fiorentina capiamo poco il cambio in panchina: Prandelli è partito davvero malissimo, e la squadra sembra prigioniera di ataviche paure dopo aver iniziato la stagione sciorinando bel calcio e premesse ancora migliori.

Il vuoto alle spalle del Milan è dato dai pesanti ruzzoloni di chi avrebbe dovuto inseguire. La Roma viene travolta dal Napoli senza opporre alcuna resistenza, come fosse scesa in campo vestendo i panni della vittima sacrificale: eppure, vincendo, gli uomini di Fonseca sarebbero saliti al secondo posto, due lunghezze dai battistrada, e consapevolezza in sé stessi importante. Invece l’atteggiamento dei giallorossi è stato incomprensibile: capita, nel calcio a volte ci sono partite che non riesci a spiegare, in alcun modo. I partenopei cavano dal cilindro la prestazione, quella con la p maiuscola, segno evidente che la battuta d’arresto casalinga della scorsa settimana è stata digerita e messa alle spalle.

Anche il Sassuolo, imbattuto fino a sabato pomeriggio, prende una sonora scoppola dall’Inter di Antonio Conte. I neroverdi non impattano mai sulla partita, restando avulsi e impotenti per tutti i novanta minuti più recupero. Merito, va detto, della disciplina tattica interista: Conte torna all’antico, riproponendo una squadra coesa, compatta, pronta a chiudere ogni linea di passaggio e a ripartire velocemente. Poi il tecnico leccese può raccontare ciò che vuole, anche di aver visto prestazioni migliori di quella offerta a Reggio Emilia nel corso della stagione. Così come può raccontare di non aver cambiato nulla nello scacchiere tattico nerazzurro. Ma, dal nostro punto di vista sia chiaro, altera un filo la realtà: l’Inter gioca in maniera totalmente differente rispetto agli ultimi due mesi, torna a fare quel che sa, corre zero rischi, o quasi, lasciando spazio al Sassuolo e colpendo con precisione chirurgica.

Quella precisione, tanto per dire, assente ingiustificata nella prestazione della Juventus a Benevento. Bravo Pippo Inzaghi che conquista un punto insperato, con merito; tra il male e il molto male la truppa bianconera, al netto di un gioco latitante e assai poco convincente. E non può bastare l’assenza di Cristiano Ronaldo per giustificare il misero pareggio: è l’atteggiamento della squadra a far preoccupare, il balbettare di uomini che hanno vinto tanto e, forse, si sono seduti su glorie passate, cosa che il calcio ti fa pagare immediatamente.

A proposito di male e molto male: male, anzi molto male, Lazio e Atalanta, protagoniste del turno infrasettimanale di Champions. I biancazzurri vengono letteralmente strapazzati dall’Udinese nella quale brilla la stella di De Paul, ormai pronto al salto in una delle cosiddette “grandi”, gli orobici prendono due schiaffoni dal Verona, tanto per cambiare ottimamente disposto sul terreno di gioco da Juric, uno di cui sentiremo parlare, e bene, tra non molto.

Punto pesante dello Spezia a Cagliari, ancor più pesante perché raggiunto in pieno recupero, segno evidente che i ragazzi di Italiano non mollano di un centimetro e giocano fino al triplice fischio, punti pesantissimi quelli del Bologna, che relega il Crotone al ruolo di Cenerentola del campionato. Tutto questo in attesa di Toro-Samp e Genoa-Parma: curioso, in entrambe le gare i padroni di casa sono chiamati a vincere, il pareggio equivarrebbe a una sconfitta.