Niente fuochi d’artificio a caratterizzare la ripresa del massimo campionato di calcio. L’unica certezza, o presunta tale, emersa dalla giornata pallonara è l’ammainata bandiera laziale nella corsa scudetto. I ragazzi di Simone Inzaghi pareggiano a Genova con il Grifone che risente positivamente della cura Ballardini, un nome una garanzia per i rossoblù liguri, e precipitano a distanze siderali dalla vetta, oltretutto con un nugolo di avversarie davanti intenzionate a difendere la posizione con unghie e denti.

Tutte le altre grandi, almeno diciamo le protagoniste di questo inizio torneo, vincono. Senza nemmeno faticare troppo, per la verità. Perché anche lo striminzito uno a zero della Roma sulla Sampdoria non riflette minimamente l’andamento di novanta minuti dominati dai giallorossi con Audero in grande spolvero nell’opporsi a palloni provenienti un po’ dappertutto. La stessa Juventus stenta all’inizio per poi dilagare con l’Udinese alla quale è mancato l’apporto del capitano Rodrigo de Paul, ieri sera davvero negativa la prova del tuttocampista argentino. Doppietta del solito Cristiano, inframmezzata dal gol di Federico Chiesa che pare essersi ritagliato un posto da protagonista nello schema voluto da Pirlo, per piegare i friulani: da ultimo, importante ritorno al gol di Paulo Dybala, pedina essenziale nello scacchiere di Madama. Anche il Napoli, nella insidiosa trasferta in terra di Sardegna, domina in lungo e in largo subendo il pareggio cagliaritano inaspettatamente ma, da grande squadra, ricominciando a macinare gioco e segnando tre reti nella mezz’ora finale. Sì, forse la superiorità numerica potrà anche aver agevolato gli azzurri, ma quando tiri verso la porta avversaria più di trenta volte in novanta minuti non c’è superiorità numerica che tenga.

Capitombolo del Sassuolo a Bergamo: per fortuna lo spogliatoio atalantino lo descrivevano come una specie di Santa Barbara grazie al “caso” Papu Gomez. I bergamaschi hanno schiantato gli emiliani, senza se e senza ma, tornando prepotentemente in corsa per un posto al sole, che equivale poi alla qualificazione Champions. In ottica Europa, forse non proprio quella dei grandi ma va bene lo stesso, un gol meraviglioso di Zaccagni regala tre punti d’oro al Verona, inguaiando lo Spezia fino a poche giornate fa bello da vedere e senza soverchi problemi di classifica. Stesso discorso vale per il Parma, ormai precipitato in piena bagarre salvezza, trascinato per la maglietta dal Toro, forse per la prima volta in stagione davvero convincente lungo l’arco dell’intera partita.

Intanto le milanesi continuano a marciare spedite. L’Inter fatica nel corso di un primo tempo segnato più dalla pessima prestazione di Vidal che non da una crisi di gioco: i nerazzurri potevano tranquillamente essere in vantaggio anche al termine dei 45 minuti iniziali. Tolto il cileno, davvero lontano anni luce da quello immaginato con ogni probabilità anche dallo stesso Antonio Conte, i nerazzurri riequilibrati dall’ingresso di Sensi dominano in lungo e in largo. Il secondo tempo, chiuso quattro a zero, è un festival del gol, del gioco in velocità, del centrocampo che recupera palla e riparte, della vena realizzativa dell’accoppiata Lautaro-Lukaku, con quest’ultimo a quota 50 reti in 70 presenze.

Il Milan, nel frattempo, scende in campo a Benevento, su un campo ostico, già sapendo del successo nerazzurro. Ma nulla cambia nella testa dei rossoneri. Buono l’impatto iniziale sulla partita, rigore a favore che c’era, almeno dal nostro punto di vista – il fatto che sia il decimo in quindici partite poco importa, rigore è quando arbitro fischia soleva dire il grande Vujadin Boskov – magari l’incerto e insufficiente Pasqua non ne vede uno a favore dei sanniti, poco aiutato da un VAR ieri davvero male male, poi espelle frettolosamente Tonali, entrata scomposta ma senza piede a martello e colpendo l’avversario non intenzionalmente, costringendo i compagni all’inferiorità numerica per gran parte della gara. Però il Milan di questa stagione sembra passare sopra ogni problema che gli si pone di fronte con una nonchalance apprezzabile assai. Il gol di Leao, peggiore in campo per distacco nella prima frazione di gioco, certifica come in casa rossonera tutto stia funzionando per il verso giusto. I punti che il Diavolo mette in saccoccia in questo periodo valgono doppio perché ottenuti soffrendo, senza mai mollare un attimo la presa. In questo senso la gara di mercoledì con la Juventus ci potrà raccontare molto del Milan attuale: per i bianconeri perdere significherebbe, con ogni probabilità, abdicare definitivamente dal discorso scudetto, a meno di ribaltoni oggi poco credibili. Nel contempo la doppia trasferta, Genova (sponda Samp) e Roma (coi giallorossi), ci racconterà quanto vale davvero l’Inter.

Insomma, sarà un campionato tattico quanto volete ma quest’anno non ci si annoia per nulla.