Mancano novanta minuti. Una stagione intera, un anno sportivo, racchiuso e vissuto in novanta lunghissimi minuti, che decideranno le sorti calcistiche, e non solo, principalmente di tre Società: il Milan, il Napoli e la Juventus. Questo ci ha raccontato l’ultimo turno di campionato. Anche in coda, per la verità, tutto dipenderà dal recupero tra Lazio e Torino, intelligentissimo farla giocare nella settimana della giornata conclusiva del torneo, chi mai avrebbe potuto immaginare che una delle due fosse coinvolta in qualcosa di importante? Tutti lo immaginavano, fatta eccezione per chi di dovere. Ora ai granata basta un maledetto punticino da ottenere, contro una Lazio demotivata al massimo, per restare in serie A. E tutto ciò grazie all’ennesimo suicidio calcistico del Benevento, in vantaggio nel risultato e negli effettivi in campo, eppure capace di farsi recuperare dal retrocesso Crotone sul filo di lana. Che poi hai voglia di accusare gli arbitri, il potere politico, chiunque sia a tiro: i sanniti hanno letteralmente dilapidato un vantaggio impressionante, oggi sono legati mani e piedi all’Olimpico di Roma e, in caso di vittoria biancazzurra, all’espugnare il campo dei granata. Un miracolo: non mezzo, uno intero.

Nella lotta agli ultimi due posti validi per l’accesso all’Europa che conta è stato, senza dubbio, un turno favorevole a Juventus e Napoli, col Milan in deciso calo come spesso gli è accaduto contro squadre alla sua portata. La sfida dello Stadium è stata decisa a un minuto dal termine da un rigore non dubbio, di più, che se scrivi inesistente poi qualcuno potrebbe offendersi, in favore dei bianconeri. Allora, intendiamoci: Calvarese chiude la sua carriera arbitrale come peggio non avrebbe potuto, fischiando a sproposito per tutta la partita. Cominciando dall’inizio, passando per il rigore generoso (il primo) alla Juve, a quello altrettanto generoso offerto ai nerazzurri che forse cerchi di compensare, ma lo fai malamente, oltre a tutta una serie di decisioni sbagliate. Il VAR non lo aiuta minimamente nelle scelte importanti, anzi. L’espulsione di Bentancur non ha un perché, a meno che il ragazzo non abbia detto qualcosa al direttore di gara. Così come non ha un perché il gol annullato a Lautaro e, per finire, il volo di Cuadrado che tira un calcio a Perisic. Insomma, serataccia da dimenticare per il fischietto di Teramo che non ha valutato sempre e comunque pro Juventus, anzi: ma è chiaro che l’episodio decisivo, quello incriminato, a ragione, ha fatto tutta la differenza del mondo. Non a sfavore dell’Inter, detto per inciso, i ragazzi di Antonio Conte hanno disputato forse il più brutto primo tempo di tutto il campionato e non è che nel secondo si siano distinti per vigoria e ardore, quanto piuttosto di Napoli e Milan, chiamate a rispondere al successo di Madama.

E mentre i partenopei hanno battuto la Fiorentina – onore alla Viola che si è giocata la partita come deve essere nello sport, piantiamola di vedere fantasmi di chissà cosa ovunque – il Diavolo è inciampato ancora una volta nelle sue stesse paure. Perché qui, tornando a prima, sta il problema di Juve-Inter. Oggi, senza quel calcio di rigore che probabilmente non era calcio di rigore, i rossoneri sarebbero già (quasi) in Champions e la Juventus a un passo dall’inferno pallonaro. Nell’ultimo turno la trasferta del Milan a Bergamo sarà complicata: vero, c’è di mezzo la finale di coppa Italia per orobici e bianconeri. Ma tra l’arrivare secondi e terzi o quarti ballano non solo l’orgoglio e il prestigio, quanto i soldi. Che, in questo momento, contano. Quindi niente passeggiate di salute a Bergamo, il Milan la Champions dovrà sudarsela: così come il Napoli, che affronta il Verona tra le mura amiche, non può concedersi neanche un minuto di distrazione. Sempre, beninteso, che Pirlo e la sua truppa sbanchino Bologna. E, conoscendo un minimo Mihajlovic, non credo verrà steso nessun tappeto rosso alla Vecchia Signora.