Avrebbe dovuto essere, sulla famosa carta che abbiamo capito utile ad elencare cosa manca nella dispensa prima di andare al supermercato, una domenica pro Milan. Il Napoli impegnato a Bergamo con l’Atalanta ancora alla ricerca del quarto posto non era una passeggiata partenopea in città alta e l’Inter, in crisi di gioco e risultati, ospitata da una Juventus in clamoroso recupero con la possibilità di scavalcare i nerazzurri stessi e, si sa, quando la Vecchia Signora sente l’odore del sangue nemico si trasforma in un grande squalo bianco, è la storia del pallone a raccontarcelo, non è che partisse proprio proprio favorita.

Invece, ribaltando in qualche modo una sorta di pronostico non scritto ma appartenente più al sentore generale, i ragazzi di Luciano Spalletti hanno dominato in lungo e in largo sul campo orobico. Non è stata una domenica di solo divertimento, per dirla tutta: i primi venti minuti atalantini lasciavano supporre una sorta di Caporetto azzurra, con gli uomini di Gasperini indiavolati possessori di ogni pallone. Pian piano il Napoli ha cominciato a conquistare varie zone del campo, ha tessuto la sua tela colpendo da vera grande, con cinismo e autostima. Delle tre di testa, perché queste si giocheranno il titolo a meno di altri clamorosi scivoloni che mi sento di escludere a priori, i partenopei sono i soli ad avere in panchina un tecnico che ha vinto un campionato. In Russia, d’accordo. Ma lo ha vinto, oltre a essere, indiscutibilmente, più avvezzo degli altri due alle pressioni che un finale simile porta con sé. La ripresa napoletana è stata di controllo e, anche quando l’avversaria ha ridotto le distanze, gli azzurri non hanno mai mostrato di soffrire più del lecito. Con serenità ha portato a casa i tre punti, eliminando di fatto i bergamaschi dalla lotta Champions.

Anche l’Inter, espugnando per la seconda volta nella sua storia lo Stadium, ha di fatto tagliato fuori la Juventus da qualunque discorso relativo allo scudetto. Diciamolo subito, a scanso di equivoci: non è stata la miglior Inter della stagione, anzi. Al contrario è stata la miglior Juve vista in questo strano campionato, agevolata senza dubbio dai timori nerazzurri, più intimoriti da loro stessi che non dall’ambiente circostante. I bianconeri hanno macinato gioco fin dal fischio d’avvio, costruito azioni su azioni, chiuso gli avversari nella metà campo: ma, in una delle poche sortite offensive, l’Inter ha ottenuto un calcio di rigore, piuttosto netto, trasformato al secondo tentativo da Calhanoglu. Ecco, nel caso specifico non benissimo la compagine arbitrale che, per il resto, ha diretto una partita tosta e particolarmente fisica non esente da qualche polemica arrivata dai bianconeri (un contatto Zakaria-Bastoni che ha fatto arrabbiare alcuni giocatori, Rabiot in testa). Vedremo se questi tre punti serviranno a restituire tranquillità ai nerazzurri per la volatona finale o, in antitesi, parleremo della classica vittoria di Pirro. E lo vedremo fin da sabato prossimo, quando al Meazza sarà di scena il Verona, squadra quanto mai fastidiosa quando azzecca la giornata giusta.

In coda la vittoria dello Spezia sul Venezia vale molto più dei tre punti in palio. Allontana, forse definitivamente, i ragazzi di Thiago Motta dallo spettro della retrocessione lasciando i lagunari a combattere disperatamente per sfuggire alla B. Anche l’Udinese saluta le zone basse e lascia nelle pesti il Cagliari: davvero brutta prestazione dei rossoblù isolani che prendono cinque gol senza praticamente mai reagire, vantaggio iniziale a parte. La classifica piange, in attesa di Verona-Genoa e del recupero del Venezia: nella peggiore delle ipotesi, per i cagliaritani, si troverebbero in tre a quota 25. E occhio alla Samp: 29 punti sono pochi e non permettono di dormire sonni tranquilli. Intanto oggi siamo in attesa del Milan. Ospita il Bologna e non sembrerebbe una partita improba, ma i rossoneri avranno un avversario in più, molto subdolo: la pressione, l’attesa che si è creata, complice il doppio successo esterno, su campi complicatissimi, delle dirette inseguitrici. Le giornate si accorciano sempre più e il pallone, adesso, pesa perlomeno il doppio.

Alla prossima.