L’avevamo scritto poco più di un paio di settimane fa: forse, senza l’ansia dei riflettori e l’aura di dover essere a tutti i costi la regina delle cosiddette medio piccole – provinciali è un termine che personalmente trovo sgradevole ma è un problema mio, domando scusa – ecco che l’Atalanta potrebbe assurgere a quel ruolo di mina vagante che tanto piace a tifosi e addetti ai lavori. Forse non incanta l’undici di Gasperini, forse è meno spumeggiante delle scorse stagioni: ma ha imparato a conoscersi, ha imparato il cinismo, la sofferenza.

Vincere col Toro, al di là del mero risultato finale, è prova di maturità, non era facile nelle previsioni del prepartita, non è stato facile sul campo anche grazie a Juric e ai suoi, degni interpreti di una gara intensa e, a tratti, emozionante. Tripletta di Koopmeiners – dei sette gol bergamaschi messi a segno finora quattro sono suoi – e Gasp torna a volare, raggiungendo là in cima Mourinho. La Roma non giocherà un calcio stellare, non sarà la squadra più completa di questa serie A ma, sotto la guida del portoghese, i giallorossi capitolini si sono trasformati in gruppo. Non più tante ottime individualità, soprattutto dalla metà campo in su, quanto piuttosto un insieme compatto di uomini pronti a sacrificarsi per il compagno di turno, consci dei propri limiti e punti deboli.

Certo, si potrà obiettare che il Monza, questo Monza, quello visto fino a oggi intendo, stia rivelandosi poca cosa, soprattutto nel reparto arretrato che all’Olimpico ne ha combinate di tutti i colori, spesso fuori tempo e posizione: però devi essere bravo a sfruttare le amnesie dell’avversaria di turno. E la Roma pare essere diventata brava in questo particolare che non è mai da sottovalutare. A inseguire una coppia, credo inedita al comando, c’è l’Inter, la tanto bistrattata Inter, reduce dalla pesante sconfitta in casa Lazio – a proposito dei biancazzurri, brutta prestazione a Genova dove la Samp ha meritatamente pareggiato seppure in pieno recupero – era attesa da una neopromossa tutta corsa e pressing.

La Cremonese è in fondo alla classifica, ma quello zero nella casella dei punti conquistati, è quanto mai bugiardo: a parte il calendario di certo non agevole, trasferte a Firenze, Roma e Milano oltre al Toro in gran spolvero di questo agosto, i grigiorossi se la sono sempre giocata, rischiando di portare a casa qualche punto in partite decise più da episodi che non da uno strapotere evidente dell’avversaria. Diciamolo subito, gli uomini di Simone Inzaghi non hanno brillato di luce propria: l’Inter ha sbandato più del lecito durante i novanta minuti, ci sono ancora molti giocatori lontani dalla forma migliore ma, in attesa del derby di domani, era necessario vincere per dimenticare del tutto Roma. Missione compiuta e nerazzurri a quota nove.

L’altra milanese, il Milan, non va oltre un pari forse deludente a Reggio Emilia, con l’aggravante del rigore sbagliato in malo modo da Berardi: del resto nel calcio come nella vita sbaglia chi ci prova, chi guarda e sta fermo non sbaglia mai. Milan comunque a tratti impacciato, soprattutto nel primo tempo, che non ha mai dato l’impressione di poter gestire e controllare la partita. Insomma, non una grande prova, siamo sinceri. Così come il successo della Juventus non è certo figlio del bel gioco: quando una squadra è così più forte dell’altra beh, di solito alla fine vince. E la Juve è più forte, decisamente, dello Spezia. A volte, però, non basta essere più forti, bisogna trasferire la consapevolezza di esserlo sul campo: il Napoli, nella gara interna col Lecce, non lo ha fatto. Così i salentini tornano in Puglia con un punto insperato e meritato.

Vince l’Udinese su una Fiorentina arruffona, pareggiano le altre. È comunque un campionato strano: qualche risultato particolare c’è già stato, non credo si tratterà di episodi isolati. Il mondiale invernale peserà tantissimo nell’economia delle varie squadre, soprattutto di quelle al vertice. Nel frattempo, domani, Fiorentina-Juventus, Milan-Inter e Lazio-Napoli: in rigoroso ordine temporale.

Alla prossima.