Meno centottanta. Più recupero. Ovverosia i minuti che mancano da qui al termine di questa stagione. Appassionante, comunque vada a finire: vince una, non vincono in dieci, ma la lotta in vetta alla classifica, così come in coda, è davvero emozionante. E le partite, al netto del ciascuno le legge come meglio crede, non sono mai scontate. L’Inter ad esempio si trova, dopo venticinque minuti, sotto di due, senza manco sapere né capire perché: però sfodera un’ora di calcio intenso, a tratti spettacolare, chiude letteralmente l’Empoli nella propria area di rigore e segna quattro gol, con Vicario che salva i suoi in almeno altrettante situazioni per non parlare delle occasioni sprecate dai nerazzurri. Il Milan, ad esempio, si trova sotto di uno senza un motivo, dopo aver dominato il primo tempo: ricomincia a giocare come nulla fosse, pareggia, sorpassa, soffre quando c’è da soffrire e triplica. Questo ci ha raccontato il fine settimana pallonaro. Certo, non avremo il campionato più spettacolare del vecchio continente, innegabile: non siamo minimamente all’altezza di Premier, Liga o Bundes ma, in compenso, Premier a parte – lì ci sono tre o quattro corazzate sullo stesso livello, è una battaglia tra giganti – la serie A ci ha regalato una stagione esaltante finora, fatta di fughe, rientri, contro fughe, sorpassi.

Il primo a mollare, lassù, è stato il Napoli che, liberatosi dal fardello dello scudetto, ha ricominciato a giocare un calcio di livello, divertendo e divertendosi, quasi come se il treno tricolore avesse rappresentato un impedimento e non uno stimolo. Di certo i partenopei, se in sede di mercato non cambieranno troppo, partiranno tra le favorite della prossima stagione. L’undici di Spalletti è forte, la panchina in molti casi può non fa rimpiangere i titolari. Ecco, forse il campionato più pazzo dell’ultimo decennio è stato deciso, ammesso e non concesso dovesse finire così, dalle panchine. Quella del Milan ha portato punti e gioco nella maggior parte dei casi, dimostrando spesso che la differenza tra i presunti titolari e le presunte riserve era minima, tanto da non spostare gli equilibri sul campo. Al contrario la panchina dei cugini, al di là di qualche gol di Sanchez, non ha mai o quasi mai dettato il cambio di passo atteso dai nerazzurri. Anzi, spesso i tifosi interisti si sono trovati a non condividere le scelte del proprio tecnico in fatto di sostituzioni: ma, a totale (e non parziale) discolpa dell’allenatore, quello passava il convento. Poi, a bocce ferme ricordando che nel pallone abbiamo assistito a di tutto di più, quindi in sostanza non è finita finché non è finita, ci sarà tutto il tempo per analizzare i perché e i per come della stagione. Ma, ricordavamo poc’anzi, non è finita finché non è finita. E la prossima domenica può essere quella decisiva, in un senso o nell’altro. Il Milan giocherà alle 18 al Meazza contro l’Atalanta, per niente facile. Ma l’Inter scenderà in campo non solo sapendo il risultato dei cugini: dovrà anche affrontare, infatti, un Cagliari con l’acqua alla gola, deciso a conquistare punti salvezza, ultima chiamata per evitare la discesa agli inferi calcistici.

Anche in coda la situazione è tutt’altro che scontata. A parte il Venezia, cinque punti di ritardo dalla quartultima sembrano davvero troppi da recuperare, dal Genoa alla Sampdoria sono in cinque in lizza per un posto al sole. E se blucerchiati e spezzini appaiono avvantaggiati rispetto al gruppetto inseguitore, il resto della storia è ancora nebulosa. Ieri, ad esempio, la Salernitana ha perso una grande occasione, facendosi recuperare dal Cagliari al minuto novantadue una partita che, per i campani, avrebbe forse scritto la parola salvezza in maniera definitiva nella loro rimonta pazzesca. Ora i ragazzi di Davide Nicola, perlomeno dando uno sguardo al calendario, hanno due partite abbordabili, al contrario di chi sta dietro. Però, davvero, questo campionato ci ha mostrato, fino a oggi, situazioni non preventivabili. Quindi aspettiamo: saranno centottanta minuti da cardiopalma pallonaro.

Tralasciando la lotta per l’Europa meno importante, ma pur sempre fondamentale.

Alla prossima.