Qualcosa è cambiato in questo turno di serie A: girare la testa dall’altra parte e raccontare che tutto è rimasto come prima sa di piccola – mica troppo – bugia. Al netto di una giornata costellata, tanto per cambiare, da incertezze arbitrali sulle quali le reazioni dei coinvolti variano a seconda che l’errore sia a favore o a sfavore, la ventitreesima presentava sfide semplici sulla carta per chi viaggiava (e continua a viaggiare) là davanti, ma anche una delle classiche per antonomasia del calcio italiano, Milan-Juventus.

Beh, partiamo da qui. Partiamo da novanta minuti che non hanno detto praticamente nulla, una brutta partita a tratti persino noiosa. E no, non sono minimamente d’accordo con l’Allegri pensiero, gara intensa e ben giocata: le gare intense e ben giocate sono altre, quelle dove il pathos regna sovrano, dove le squadre si pigliano a cazzotti come due pesi massimi sul ring dal primo all’ultimo istante. Ora, di certo la mia comprensione del calcio non è minimamente paragonabile a quella dell’attuale tecnico bianconero però ieri sera, domando scusa, non sono stato coinvolto manco per un minuto.

Poi è questione di gusti, non sempre ciò che piace a me piace ad altri e viceversa. Tornando all’analisi della giornata Milan e Juventus hanno giocato per l’Inter che, a questo punto, viaggia con quattro lunghezze di vantaggio sulla nuova coppia formatasi alle sue spalle – Milan raggiunto dal Napoli – e una partita da recuperare in quel di Bologna ancora non si sa né quando né come, ciò appartiene alla magica sfera delle decisioni che non decidono. Il Napoli, dicevamo. Poche le difficoltà incontrate dai ragazzi di Spalletti nel derby campano con la Salernitana, sempre più ultima e le cui speranze di permanenza in serie A sono ormai ridotte al lumicino. Quattro a uno finale, seppur con qualche decisione rivedibile, e partenopei di nuovo sugli scudi in attesa dell’Inter al Diego Armando Maradona il 13 febbraio in una partita che per gli azzurri potrebbe regalare importanti novità nella lotta al vertice.

Ricordavamo all’inizio: la capolista attualmente viaggia in sicurezza e tranquillità, ma non dimentichiamo la fatica dei nerazzurri. Centoventi minuti con la Juventus in Supercoppa, centoventi minuti con l’Empoli in coppa Italia più Lazio e Atalanta hanno portato tossine e fatica nelle gambe e nella testa dei giocatori. Simone Inzaghi e i suoi sono stati salvati dalla capocciata di Dzeko sul famoso filo del traguardo, così come Sanchez aveva regalato la Supercoppa al centoventesimo e Ranocchia rimesso in carreggiata i compagni al minuto novantadue. Ecco, forse la Beneamata ha dalla sua la voglia di non mollare mai, pregio delle squadre con personalità e fame di vittoria. Detto della frenata dell’Atalanta a Roma sponda Lazio, punto guadagnato da una squadra con evidenti problemi legati alle numerosissime assenze, gli strascichi della coppa nazionale hanno punito severamente l’Empoli battuto a domicilio dalla Roma, trascinata dal giovanotto Abraham, sempre più inserito nel calcio nostrano.

Infine la zona calda. Punticino per il Genoa che avrebbe meritato, ai punti, ben altro e scivolone pesantissimo della Samp nel derby ligure con lo Spezia di Thiago Motta, oggi in una situazione relativamente tranquilla di classifica pur lavorando da tempo con la mannaia dell’esonero sul collo a ogni piè sospinto, si diceva una volta. La squadra si è stretta intorno al proprio tecnico e tutti stanno dando il massimo per salvaguardarne la panchina, piccola lezione alla dirigenza. Mazzarri si imbestialisce, rompe tre porte all’interno dello stadio (lo ha raccontato lui stesso) e il Cagliari rimedia un punticino poco utile al termine di novanta minuti non dico dominati ma poco ci manca. A proposito della Samp, occhio: i blucerchiati sono ormai irrimediabilmente risucchiati nel vortice della bagarre più totale, con una squadra costruita con ben altre ambizioni.la 23

Adesso tutti fermi, c’è la sosta: francamente non se ne sentiva il bisogno, ma tant’è.

Alla prossima.