È un Milan che non smette di correre. Magari non esalta, magari non propone un gioco spumeggiante fatto di sovrapposizioni, inserimenti, triangolazioni e chi più ne ha più ne metta. Ma è solido, estremamente cinico oltre a possedere un portiere che per rendimento è, di gran lunga, il migliore della massima serie. Pioli conosce perfettamente i suoi ragazzi, sa come farli rendere e ha trovato, mica parliamo di roba da poco, uomini importanti nei momenti altrettanto importanti della stagione, ovviando con grande acume e sagacia al problema che ha perseguitato, finora, il Milan per tutto il corso della stagione: gli infortuni. Perché possiamo stare qui a raccontarci la qualunque, a narrare degli dei del calcio che ultimamente sembrano indirizzare le proprie attenzioni sui rossoneri, ma sarebbe davvero esercizio poco aderente alla realtà. I meriti milanisti possono essere riassunti, facilmente, in tre parole semplici, spesso abusate: non mollare mai. Anche quando mancavano cinque o sei titolari, anche quando la distanza da chi era in testa sembrava irrecuperabile, il Milan ha sempre e comunque cercato il risultato. Oggi i ragazzi di Pioli sono maturati, Ibra non è più il faro illuminante, lo raccontano i numeri, hanno raggiunto consapevolezza e, anche nelle situazioni scabrose, approfittano delle occasioni, dopo di che, laddove non arrivano i difensori, spuntano dal nulla le manone di Maignan. Scusate l’autocitazione, mi bullo pesantemente di averlo battezzato ottimo portiere a maggio 2021, in televisione, tra i mumble mumble di altri.

Anche il Napoli non molla: la sconfitta casalinga della scorso turno, proprio col Milan, avrebbe potuto essere un cazzottone da kappaò altro che tecnico, facciamo definitivo. Invece gli azzurri, assai deludenti nello scontro diretto, si sono leccati le ferite, hanno lavorato duro durante la settimana andando a vincere su un campo complicatissimo, Verona, in passato terreno ostico se non di più. Trascinati da Osimhen formato regale, Spalletti e i suoi hanno recuperato tre punti fondamentali che li tengono in scia alla capolista. Molla al contrario l’Inter, frenata a Torino da clamorosi errori sotto porta e da scelte incomprensibili del proprio allenatore. C’è da segnalare però anche il grave errore dell’arbitro Guida e del Var che, nel primo tempo sull’1-0 per la squadra di casa, non hanno concesso un rigore solare al Torino per un evidente fallo di Ranocchia su Belotti. Nerazzurri adesso a meno quattro dai cugini. Certo, esiste sempre l’ancora del recupero di Bologna, ma quale Inter vedremo da qui a fine campionato? Perché questa squadra passa da prestazioni stile Anfield a inconcludenti spettacoli come quello di ieri sera. E la sensazione, al netto di tutto, è che l’Inter sia la peggior nemica di sé stessa, dilapidando tutto ciò che è possibile dilapidare. Intanto, zitta zitta, la Juventus è alla terza vittoria consecutiva. Non entusiasma, rischia tanto, il gioco continua a latitare, raccontare il contrario è non leggere ciò che accade in campo, però vince. A Genova in rete alla prima circostanza nella quale ha varcato seriamente la metà campo avversaria, ha sofferto, ha tremato in qualche occasione, ha serrato i ranghi e, di riffa o di raffa, l’ha portata a casa. Dopodiché possiamo discutere sulla bellezza del gioco bianconero: non certo sulla sua efficacia.

In coda lo Spezia batte il Cagliari in uno scontro diretto pesante, staccandolo. Ma a preoccupare è la Samp sempre più in difficoltà: non tanto per i punti ottenuti quanto, piuttosto, per la striscia negativa che sembra non abbandonare Giampaolo e i suoi. Quattro sconfitte nelle ultime cinque partite non sono un gran biglietto da visita per la volatona finale dalla quale ancora non mi sento di escludere né il Genoa né, tanto meno, la Salernitana.

Mancano ventisette punti da qui alla fine. Un’enormità.

Alla prossima.