Cascano insieme Milan e Napoli, così come nel turno precedente avevano pareggiato entrambe.

Con un peso specifico diverso però: i rossoneri recuperando il derby, i partenopei rischiando oltre il lecito al “Maradona” con il Verona. Stavolta niente recuperi per nessuno. Ibra e compagni inciampano a Firenze pur giocando una buona partita, ricca di occasioni ed episodi che ti fanno pensare “tu guarda come è strano il calcio”. Tatarusanu, l’eroe del derby, compie una non parata che nemmeno a “Mai dire gol”, con Gabbia osservatore e Duncan, piedino maligno, a portare avanti la Viola. Poi, in pratica, solo Milan. Fino al raddoppio di Saponara, ex mai rimpianto a casa Milan, giustiziere dal limite dell’area di un Diavolo sciupone.

Non basta la doppietta del sempreverde Zlatan stavolta. Non basta perché la Fiorentina ha un signor numero nove in campo, Vlahovic, che castiga la truppa di Pioli. E niente alibi per eventuali assenze, Pioli lo ha ribadito. Dall’altra parte mancavano i due centrali titolari oltre ad altre defezioni, con giocatori che si sono sacrificati coprendo zone del campo non loro. Insomma, la Fiorentina sgambetta il Milan regalandosi una nottata da grande. Cosa che non fa, ad esempio, la Lazio. O, meglio, la brutta copia della Lazio di Sarri. Tanto possesso palla ma, a ben vedere, occasioni da rete poche, forse anche nulla: la Juventus, pur se ancora debilitata e sotto ricostituenti, ha il cinismo nel DNA, sa uccidere la partita quando serve e, inutile stare a menarla col rigore, rigorino, rigoraccio (per me era rigore e punto), l’ha uccisa senza soffrire neanche un pochino, con tutti i demeriti del caso da suddividere parimenti tra i biancazzurri romani. Così Madama si trova in piena bagarre europea, con l’occhio rivolto al quarto posto attualmente appannaggio dell’Atalanta, ancora una volta a segno col suo attacco atomico nella scintillante vittoria ai danni dello Spezia.

La partitissima di giornata, però, era quella di Milano tra Inter e Napoli. La prima contro la terza. I padroni di casa per restare attaccati al treno tricolore, gli ospiti per cercare la fuga solitaria lasciando i nerazzurri a meno dieci e il Milan ad inseguire a tre lunghezze. Ha vinto l’Inter, lo sappiamo tutti, e lo ha fatto con pieno merito. Vero, i partenopei hanno assediato la porta di Handanovic nel finale ma, perché spesso ci si scorda dei novanta minuti e si tende a ricordare quello che maggiormente aggrada, hanno subito dal quindicesimo del primo tempo al minuto settantanove, quello del bellissimo gol di  Mertens. In sostanza, un po’ come era accaduto due settimane fa col Milan, l’Inter di Simone Inzaghi ha tenuto il pallino del gioco a lungo, ha sbagliato spesso l’ultimo passaggio o la soluzione finale per poi ridursi a soffrire enormemente negli ultimi minuti della gara. Su questo particolare dovrà lavorare molto il tecnico piacentino: i nerazzurri giocano, divertono, sprecano e crollano. Dall’altra parte il Napoli, per ciò che serve, esce con la consapevolezza di non essere in cima alla classifica per puro caso. Squadra quadrata, tosta, tignosa, con una panchina in grado di supplire a eventuali assenze tra l’undici cosiddetto titolare.

Un augurio speciale va ad Osimhen, che vogliamo rivedere al più presto in campo.

Nei bassifondi buon punto del Cagliari a Reggio Emilia, Sassuolo troppo brutto per essere vero, e colpo della Sampdoria in casa di una Salernitana raggiunta dai sardi e parsa priva di forza e idee. Dai blucerchiati in giù, attualmente, sono in cinque a giocarsi la permanenza nella massima serie.

Tutto questo aspettando i due posticipi odierni, Verona-Empoli e Torino-Udinese.