Vero, il campionato è lungo assai, nel calcio abbiamo assistito a rimonte impossibili, svantaggi incolmabili colmati, pronostici disattesi, vittorie impensabili e retrocessioni inusitate. Ma il problema, qui, sta semplicemente nel non gioco: cioè, non è che la Juventus, oggi, esce dalla corsa scudetto per sfortuna, accadimenti astrali, inciampi che capitano. No, ci esce per la pochezza di quanto esprime sul prato verde. Inutile processare le (buone sulla carta) intenzioni di tre anni fa, sembra passato un secolo ma parliamo di un triennio, ovverosia se decidi di portare a casa Cristiano Ronaldo non puoi impoverire la rosa accanto al fuoriclasse portoghese sperando che poi risolva tutto lui.

Piuttosto c’è da discutere, questo sì, il futuro bianconero, il cosa accadrà. La vecchia guardia è al lumicino, il ricambio generazionale non sembra di livello assoluto, molti non hanno ancora compreso cosa significhi vestire la maglia della Juventus. Oddio, ci sta che dopo un decennio trascorso sempre lottando e vincendo, spesso, sia logica e attesa una flessione, è nell’ordine delle cose. Ma la sensazione, parliamo da fuori, sia chiaro, è differente rispetto al veder giocare, che so, il Milan, giusto per fare un paragone. I rossoneri non vantano una squadra piena di individualità, fuoriclasse, uomini in grado, da soli, di fare la famosa differenza: no, scusate, ne hanno uno, tale Zlatan Ibrahimovic da Malmoe, di professione attaccante.

Perché Ibra si è preso i compagni sulle spalle, ha scelto scientemente la sponda rossonera di Milano per aiutare un club che evidentemente ama, al quale si sente legato a doppio filo e a cui vuol dedicare gli ultimi anni di una grande carriera. Così, mi raccontano quelli che Milanello lo frequentano spesso e volentieri, parla indifferentemente col compagno di reparto più o meno famoso come col giovanotto di belle speranze preso per un pugno di euro.

Consiglia, spiega, è il parafulmine naturale della squadra, che lo segue senza se e senza ma. Carica la truppa, non molla di un centimetro, punto di riferimento indiscutibile per l’ambiente milanista, antepone il bene della comunità al proprio vantaggio personale. Sbaglio i rigori? Allora li faccio tirare a Kessie. Abbiamo difficoltà in campo? Datemi la palla, ci penso io. Sembrano piccolezze: nel calcio professionistico sono enormità. Oggi, 22 marzo 2021, il Milan è la vera rivale dell’Inter nella corsa scudetto. E non tragga in inganno il tre a due con cui ha sbancato Firenze: il gap, tra le due squadre, è molto più ampio del misero golletto scritto a referto.

Nel mare magnum delle concorrenti al posto Champions approfittano del capitombolo juventino un po’ tutte: in primis il Napoli, che i bianconeri si troveranno di fronte il 7 aprile, una squadra trasformata rispetto al brutto anatroccolo di poco tempo fa. I ragazzi di Gennaro Gattuso appaiono dominanti in tutte le zone del campo, sprecano pochi palloni, sono tornati a ricoprire quel ruolo d’importanza primaria che gli addetti ai lavori avevano assegnato loro.

I partenopei rappresentano, per chiunque, un avversario complicatissimo e, qualora la Juventus dovesse ripetere una prestazione simile a quella di ieri, i tre punti che troppi avevano già assegnato a Madama potrebbero prendere la strada del capoluogo campano, complicando non poco la corsa bianconera in ottica Europa. Anche perché, occorre sottolinearlo, l’Atalanta senza coppe diventa pericolosissima, la Lazio potrebbe accorciare le distanze vincendo lo scontro col Toro e la Roma stessa, per quanto altalenante, non la consideriamo spacciata.

In coda il successo dello Spezia nello scontro diretto col Cagliari, quasi irritante per lunghi tratti, svegliatosi soltanto nel finale e, soprattutto, il capolavoro pallonaro del Benevento hanno scavato un solco importante nella lotta per non retrocedere, dando per spacciate Crotone e Parma coi ducali peggiori nemici di loro stessi. Pippo Inzaghi si riprende con gli interessi qualche punto perso per strada: vincere allo Stadium non è solo tre punti, è acquisire autostima, capire di poter combattere con tutti senza mai partire battuti.

Al contrario perde male il Torino a Genova: francamente in queste condizioni di classifica dagli uomini di Nicola ci saremmo aspettati di più.
Non è stato un turno di passaggio: al contrario ha raccontato molto in funzione della stagione 2020/2021. Aspettando il recupero dell’Inter, sei punti di vantaggio sui cugini e una partita in meno.