Il campionato di Serie A, per quanto ci riguarda, può dirsi concluso ieri a meno di cataclismi, maremoti e, perché no, onde anomale già che ci siamo. Concluso almeno per quanto riguarda la lotta alla Champions, a quel fatidico quarto posto che fa tutta la differenza del mondo tra l’Europa dei grandi e quella dei comprimari. Crack giallorosso in casa con l’Udinese, harakiri della Roma in grande stile con i friulani a ringraziare e incassare tre punti non importanti, di più, in ottica salvezza, altro campionato che non è ancora chiuso, fatta eccezione per Brescia, assolutamente abulico nel tardo pomeriggio milanese durante il quale piglia sei schiaffi ma, soprattutto, non offre mai l’idea di essere una squadra di calcio nel senso pieno del termine, quanto piuttosto una specie di vetrinetta dove ciascuno guarda al proprio orticello dimenticandosi del compagno a fianco, e la Spal, coraggiosa e oltremodo sfortunata con il Milan che pareggia, ultima azione, ultimo cross in mezzo alla viva il parroco speriamo qualcuno inciampi sul pallone e segni, grazie a un autogol degno dei migliori episodi tragicomici accaduti su un campo di pallone, anche tra amici il sabato mattina.

Ma Milan e Roma, nonostante la giornata calcisticamente orripilante, continuano a rimanere in corsa per l’Europa League: che non sarà la Champions, ciò è acclarato, ma serve comunque a valorizzare in qualche modo il tuo brand e a vendere meglio il marchio, anche e soprattutto a nuovi sponsor in cerca di una minima notorietà e con budget leggermente ridotti. Insieme a rossoneri e giallorossi troviamo il Napoli del Rino nazionale, sconfitto a Bergamo con il famoso onore delle armi che se lo raccontate a uno sanguigno come Gattuso credo gli interessi in misura pressappoco prossima allo zero se non di meno – a proposito di Napoli auguri di rapida guarigione a Ospina – . Gli azzurri hanno perso, vero, ma altrettanto vero e gradevole è il gioco che hanno sciorinato a Bergamo, contro la squadra nettamente più in forma del campionato. E l’Atalanta, non dimentichiamolo, comincia a essere presa sul serio perfino dai bookmakers di tutto il mondo rispetto a una incredibile vittoria Champions: la Dea non è più soltanto una semplice outsider ma sta avvicinando a grandi passi le quotazioni di compagini e società dal nome più illustre e roboante.

Già detto dell’Udinese e del bottino pieno raccolto inaspettatamente nella capitale, la lotta per non retrocedere vive sull’assegnazione di quello scomodo terzultimo posto che nessuno vuole accaparrarsi. Attualmente Lecce e Genoa sembrano le maggiori accreditate alla lotta senza respiro né appello: i grifoni hanno buscato dalla Juventus, e ci sta. I salentini hanno ceduto tre punti fondamentali ai diretti rivali dell’altra metà di Genova, quella blucerchiata: una sconfitta inopinata, più casuale che meritata, al termine di una partita contrassegnata da calci di rigore e, episodio grave ma molto, da una reazione insensata di Bonazzoli ai danni di un avversario non punita da Rocchi, il quale a dirla tutta avrebbe potuto non vedere, ma, qui è la gravità, totalmente lasciata passare dal var Pasqua, il cui giudizio sull’accaduto merita qualche considerazione maggiore da parte di chi di dovere. Perché sta bene squalificare tre giornate per bestemmia, poco o nulla è più inutile e squallido della bestemmia, ma interventi come quelli del giovanotto blucerchiato crediamo siano più gravi dell’insulto proditorio, rivolto a chicchessia.

Male, malissimo Fiorentina e Torino, pericolosamente al limite della zona infida, quella dove basta un niente per trovarsi improvvisamente risucchiati da sabbie mobili calcisticamente mortali. Crisi non tanto di risultati per entrambe le squadre, quanto di gioco: per di più entrambe attese a compiti difficili, nel caso del Toro una vera mission impossible con i cugini bianconeri, battuti l’ultima volta nel lontano aprile 2015, mentre i viola se la vedranno con un Parma ancora in lizza per l’Europa, traguardo di tutto rispetto per D’Aversa e i suoi. Occhio di riguardo per il Verona, a un centimetro dal Milan atteso a Roma, sponda Lazio. Già, Lazio e Juventus: acclarato che Inter e Atalanta distano un po’ troppo dalla vetta per nutrire, a oggi, sogni di gloria, la sfida è tra queste due. I bianconeri continuano a vincere, magari non giocando neanche troppo bene ma potendo contare su uomini in grado di risolvere le partite con la famosa giocata del singolo, i biancazzurri non mollano di un millimetro, buttando sul campo anima e cuore giornata dopo giornata. Nulla è ancora deciso e nove partite, in questo strano finale di campionato, sono un’eternità.