È ufficiale. Sissignori. Abbiamo un campionato. Vero. Non di quelli farlocchi, quelli che già adesso la seconda sta a meno quindici dalla prima, quelli che lo vediamo soltanto perché l’atmosfera, il pubblico, i canti; ma, stringi stringi, quest’anno hanno ben poco da raccontare. Oh, beninteso, stiamo parlando della stagione in corso, magari dalla prossima tornerà tutto come prima, con buona pace del mondo intero. Ma fino ad allora…

Il weekend pallonaro si apre con la Roma che dice definitivamente addio a qualunque ambizione, ammesso che ne conservasse ancora qualcuna, di provare a dare pressione a quelle davanti. Anzi, facciamo che i giallorossi capitolini devono cominciare a guardarsi con un occhio dalle squadre che stanno arrivando, nella fattispecie la sorpresa Hellas di cui chiacchiereremo tra poco e, con l’altro occhio, cercare di non perdere troppo terreno dall’Atalanta, attualmente vera quarta forza del torneo. I bergamaschi passano a Firenze rischiando parecchio, soffrendo, ma dimostrando al contempo di essersi calati ormai nei panni della “grande” di turno. Forse non è stata la miglior prestazione degli orobici quest’anno, ma vincere anche quando non fai benissimo è sintomo di maturità e consapevolezza nei propri mezzi.

Il fine settimana prosegue con la Juventus sconfitta a Verona. Meritatamente. Il vantaggio di Cristiano copre per qualche minuto i problemi enormi messi in evidenza dai bianconeri sul terreno di gioco. Soverchiati in mezzo al campo, inconsistenti in difesa – ogni volta che i padroni di casa arrivavano nelle vicinanze di Szczesny ai tifosi juventini venivano i vermi – attaccanti fortissimi ma slegati dal resto dei compagni. I campioni d’Italia in carica, oggi, sono in un periodo di involuzione sia tattica che fisica; Sarri deve correre ai ripari. È vero che la Champions ha regalato un avversario abbordabile e anche più, il Lione, ma questa Juventus – questa diciamo – rischia pesantemente contro chiunque. Si parla e si mormora di un patto tra senatori per rimettere la macchina bianconera in carreggiata ma sono voci che, personalmente, penso facciano più il male del gruppo e della società e non siano la panacea dei problemi attuali.

La Lazio tiene botta, riduce la distanza a meno uno, uscendo da Parma tra le proteste ducali; Di Bello fischia in maniera tutta sua, il VAR è a farsi un giro e non si accorge di due episodi perlomeno da rivedere. Non diciamo che il direttore di gara avrebbe cambiato la decisione presa ma, perlomeno, avrebbe avuto maggiori certezze rispetto ai suoi non-fischi. Parma è l’esempio di come il o la – come preferite – var NON vada utilizzata (personalmente uso il la). Nicchi e Rizzoli, invece di rinchiudersi nel solito mutismo che porta al nulla più totale, anzi no, porta ad avere solo un arbitro a Euro 2020 e, forse, manco quello ai Mondiali 2022, almeno così si mormora nell’ambiente, facciano qualcosa. Cosa io non lo so, loro devono saperlo.

Il Napoli di Gattuso inciampa in maniera del tutto inaspettata; in casa, contro il Lecce. Reduci da due vittorie consecutive, i partenopei giocano una gara senza arte né parte. E viene spontaneo credere che la testa fosse già alla sfida di mercoledì con l’Inter, semifinale di andata della Coppa Italia. Anche perché Insigne e compagni avevano battuto Juventus in casa e Samp in trasferta; a maggior ragione lo scivolone non veniva nemmeno preso in considerazione sotto il Vesuvio.

Interessante, interessantissima anzi, la lotta per l’Europa League: sei squadre in corsa – abbiamo lasciato fuori il Sassuolo a quota ventinove – in quattro punti. Bene, Verona a parte, il Bologna, corsaro nella capitale. Male, al contrario, il Cagliari, battuto da un Genoa che rivede la luce, sebbene la vittoria del Lecce non fosse attesa dai rossoblù liguri. Mentre iniziano ad essere disperate le situazioni di Brescia, l’ennesimo cambio in panchina non ha portato a nulla e Cellino dovrebbe cominciare a farsi qualche domanda invece di sostituire tecnico su tecnico, e Spal, sempre più ultima con la proprietà che ha deciso, anche qui incomprensibilmente, per l’esonero di Semplici. È evidente che le lezioni provenienti da altre piazze non sono servite a Ferrara; vedremo il seguito.

Per chiudere, il derby di Milano. Con il Milan che gioca il suo miglior primo tempo da anni a questa parte. Pioli indovina tutto ed imbriglia l’undici nerazzurro, di fatto mai sceso in campo. Poi, all’intervallo, succede non si capisce bene cosa. Conte rimanda in campo la stessa formazione di inizio partita, quella che per quarantacinque minuti più uno non ci aveva capito nulla, ma gli interpreti svolgono il compito, finalmente, con l’applicazione dovuta. E il Milan viene annichilito da Brozovic, Vecino, De Vrji e l’immancabile e immarcescibile Romelu Lukaku, sempre più leader di una squadra alla ricerca della consapevolezza di sé stessa. E la strada appare sempre più quella giusta.

Sissignori, abbiamo un campionato.