La cosa più buffa, più assurda, di questa storia è che avevano cominciato a metterlo in discussione esattamente quando lui stava per decidere di essere ancora uno dei migliori in circolazione. Lui è Samir Handanovic e bisognerebbe cambiargli il cognome alla luce degli ultimi eventi. Chiamalo (San)Handanovic, perché lui i miracoli li fa davvero e non vogliamo certo confondere il sacro con il profano. Miracoli calcistici, quei voli plastici che lo hanno reso famoso e che hanno blindato l’Inter, anzi che la stanno blindando sempre più sulla strada che porta al famoso e benedetto scudetto. Per uno che era stato messo in discussione, che era ritenuto quasi un ex, che aveva ricevuto spremute di insulti dai suoi stessi tifosi che ora lo adorano, questa non è una rivincita. Ma semplicemente la consapevolezza che prima di parlare bisognerebbe contare fino a cento. E che prima di dare del “bollito” o del “pensionato” a chiunque sarebbe meglio arrivare magari fino a mille, così si evitano di prendere cantonate e si va alla larga da sentenze assurde.

Samir compirà 37 anni a luglio, evidentemente il suo mese fortunato. Non soltanto perché gli ha dato i natali ma anche e soprattutto perché era luglio – nel lontano 2012- quando questo sloveno silenzioso lasciò Udine per dire sì all’Inter. La prossima estate saranno nove anni nerazzurri, nove anni incredibili, pieni di cose, di magie, di rigori parati, di indiscutibile fedeltà e totale consapevolezza. Ma anche di resistenza quando la nave stava affondando, i risultati non arrivavano e la tentazione forte era quella di prendere in considerazione qualche altra proposta. Chiunque lo avrebbe fatto, Samir no: ha resistito, ha aspettato, non ha violentato il destino e ora si appresta a raccogliere. L’Inter è la storia della sua vita, in mezzo una parantesi a Treviso, una partita con la Lazio, prima che nel 2012 si consumasse la svolta nerazzurra. Una svolta scritta chissà da chi, anche in questo caso il destino ha un ruolo, se pensiamo che il suo debutto in Serie A avvenne a Treviso e proprio contro l’Inter: tre gol incassati da Adriano che era l’Imperatore. La classica gavetta, durata pochissimo, Samir sapeva che prima o poi il futuro avrebbe avuto una casa milanese tutta nerazzurra.

La bella storia di Handanovic è che, se lui potesse, spegnerebbe qualsiasi microfono evitando ogni tipo di intervista. L’antidivo per eccellenza, potremmo sintetizzare così, ma soprattutto l’antidivo decisivo alla luce degli ultimi eventi. Nelle ultime 9 partite la porta dell’Inter è rimasta immacolata in ben 7 circostanze, il famoso clean sheet che a qualsiasi portiere fa gonfiare il petto di orgoglio. Lo hanno infilzato in due, Milinkovic-Savic e Hernani, ma se guardiamo bene i risultati di quelle partite sono state due vittorie di Pirro rispettivamente per Lazio e Parma visto che l’Inter ha portato a casa il bottino senza faticare troppo. E di Handanovic c’è sempre stato un segnale, almeno uno, in ogni partita. Il minimo sindacale? No, diremmo il massimo possibile perché poi il segnale diventa triplo come nel derby quando – il risultato era ancora in bilico – lui disse no due volte a Ibrahimovic e se andaste a rivisitare ancora oggi gli highlights vi rendereste conto che furono due autentiche prodezze, due parate che per un attaccante sarebbero rovesciate bellissime, Perché ogni tanto bisognerebbe e celebrare il portiere come se fosse davvero un Pallone d’Oro. Non contento, sempre in quel derby, Handanovic si ripetè su Tonali, all’interno di quei minuti infernali di assalto rossonero, a conferma che lui è sempre pronto, non ha bisogno di prendersi una pausa, con il suo istinto unito a classe purissima potrebbe scalare qualsiasi tipo di montagna. Peggio per chi lo aveva mandato anticipatamente in pensione.

Samir ha un contratto in scadenza il 30 giugno 2022, ma con l’aria che tira e vedendo Buffon che non ha ancora deciso di smettere alla veneranda età di 43 anni sarebbe il caso di valutare il rinnovo per un’altra stagione. Handanovic è talmente sicuro di se stesso che non ci saranno problemi quando e se dovesse capire che la parabola è discendente. Ma se il rendimento fosse ancora questo, un grafico bellissimo e almeno 8-10 punti consegnati in ogni stagione alla causa nerazzurra, non si capisce per quale motivo bisognerebbe interrompere una storia che viaggia velocemente verso il decennale. Il suo erede naturale sarebbe Musso, utilizziamo il condizionale perché in questo momento Suning non si può muovere con una certa concretezza, conosciamo le motivazioni. Se fosse Inter, difficilmente Musso accetterebbe di vivere una stagione all’ombra di Samir, la sua voglia di giocare sarebbe superiore a qualsiasi tipo di anticamera. Sullo sfondo ci sarebbero altri due profili considerati da Inter, quelli di Cragno e Meret ma su quest’ultimo il Napoli non transige e lo ritiene il portiere del futuro mentre lo specialista del Cagliari ha un costo elevato. E poi torneremmo al discorso di prima: chi accetterebbe di andare all’Inter per fare panchina alle spalle dell’indiscutibile titolare non intenzionato ad andare in pensione?

(San)Handanovic merita fiducia fino a quando non sarà lui a scegliere il minuto giusto per mettersi da parte o per ridimensionarsi. Ci affideremmo alla sua enorme professionalità: non avrà bisogno che qualcuno gli dica “guarda che è arrivato il tuo tempo”; sarà bravo, sensibile e capace di arrivarci da solo. Fino a quel momento, andrebbe oscurata la carta d’identità, e qualcuno dovrebbe chiedergli scusa per gli insulti social che non meritava e che lui ha respinto con i fatti. Quando saranno celebrati i giorni dello scudetto, tutt’altro che una chimera alla luce della recente marcia nerazzurra, qualcuno si ricordi di Samir Handanovic, quasi 37 anni soltanto per chi si attacca a queste banalità anagrafiche. Il pararigori di una volta che ora si è trasformato in paratutto, la standing ovation dovrebbe durare un quarto d’ora.