C’è chi pensa che il pareggio in un derby sia sempre il risultato migliore: nessuno resta deluso, gli attriti tra le tifoserie si stemperano, in campo ci si rispetta di più, e ogni verdetto viene rimandato alle successive partite di campionato. Con buona pace di tutti. Ciò non vale per me, io le stracittadine vorrei vincerle sempre.

Quella di domenica scorsa, poi, in modo particolare. Tutto avevo immaginato, fuorché di battezzare il mio esordio allo Stadio Olimpico, nel nuovo anno, in veste di testimone oculare di un pareggio magnanimamente regalato alla Lazio dalla mia Roma. Generosa per il goal concesso, ingenua nelle occasioni sciupate, ma al tempo stesso crudele per l’ardore con cui si è battuta, la compagine giallorossa avrebbe meritato di gran lunga la vittoria per la mole di gioco espressa, mentre invece ha dovuto accontentarsi di un insipido punticino.

Un vero peccato, considerando la fervente attesa che c’è sempre prima di un derby, una partita che, questa volta, assumeva un’importanza notevole anche in ottica Champions League. Dal canto suo, Fonseca ha provato a mescolare le carte sin dal principio per assicurarsi un posto tra le prime quattro in classifica con un po’ d’anticipo, operando scelte tattiche assai interessanti: sicuramente poco romantiche, considerando l’esclusione di capitan Florenzi, e forse anche poco preventivabili, vista la preferenza accordata a Spinazzola rispetto all’ex di turno Kolarov, ma purtroppo non sono servite a centrare l’obiettivo.

Neppure il ritorno al goal di Edin Džeko, a secco nei derby da quasi quattro anni (il gigante bosniaco avrebbe addirittura potuto realizzare una doppietta e toccare quota cento reti con la Roma, se non avesse sprecato un paio di ghiottissime occasioni), si è rivelato sufficiente. Ciò nonostante, si può parlare senza dubbio della miglior partita stagionale disputata dai giallorossi, anche in ragione dell’avversario di turno, valutato come il più in forma del campionato.

La Lazio, infatti, approcciava al derby sulla scia di undici successi consecutivi e di una cospicua somma di consensi raccolta un po’ ovunque, quando, al contrario, tra le file romaniste serpeggiava ancora il malumore per la prestazione opaca che ha condannato la squadra in Coppa Italia contro la Juventus. Al tirar delle somme, tuttavia, il differente stato di forma sembra aver destato più timore reverenziale nei laziali, protagonisti di una gara sparagnina e ben lontana dalle gesta delle ultime giornate, che nei giallorossi, partiti subito all’ arrembaggio e capaci di imprimere al match, per l’intero arco dei novanta minuti, un ritmo sostenuto.

Anche per questo, uscire dall’Olimpico con l’intera posta avrebbe avuto un sapore ancora più gustoso. Temo invece che ricorderò la sfida per altre ragioni. Ad esempio, per essere stato, con ogni probabilità, l’ultimo derby sotto la gestione del presidente Pallotta, l’americano approdato nella capitale per farci sognare, che si congeda avendo collezionato più punti dei suoi predecessori, ma senza aver conquistato un solo trofeo. Incredibile, ma vero. Lo ricorderò, forse, anche per l’espressione dipinta sul volto di Florenzi, rannicchiato in panchina, con gli occhi adombrati da un malcelato velo di tristezza e pervasi da una voglia di scendere in campo che, per chi lo conosce almeno un po’, si percepiva anche dalla Curva Sud.

Era lo sguardo di un innamorato che ha capito di vivere un amore non più corrisposto come un tempo. E chissà se le cose si sistemeranno: se tornerà ad essere amore reciproco o se assisteremo ad un doloroso distacco. L’ennesimo. Non è un buon periodo per lui. Talvolta i sentimenti, persino i più veri e autentici, sembrano non bastare. Forse provare a giocare al massimo, magari segnando un goal, avrebbe potuto rappresentare una cruciale chiave di volta per la sua stagione e per il traballante rapporto che sta vivendo con i tifosi in questo momento. Un viatico, insomma, da cui provare a ricostruire. La partita ora non può più, ma il tempo ci dirà.

Alla fine, credo lo ricorderò per essere stato, anche questo, un derby in cui avrei voluto tanto rivedere in campo il cuore e l’anima della Roma con cui sono diventata grande: Totti e De Rossi. Lo ricorderò come il derby dei presenti e degli assenti, di tutti e di nessuno. Meglio guardare avanti? Appuntamento con il derby al prossimo anno.