Roma-Juventus, per uno juventino di Roma, è sempre una partita speciale.

Impossibile che non sia così, se si è cresciuti con gli echi d’ergo’deTurone e le sfide tra Falcao e Platini, le punizioni di Michel, la rovesciata di Pruzzo annunciato dalla radiolina mentre stai giocando a Villa Torlonia con amici e per un attimo ti passa la voglia di giocare, il cane e Brio, le finali contro il Liverpool (esultando certamente di più per quella di Roma del 1984, “vai Ciccio!” e il pallone che vola in sud); la meraviglia di Roma-Lecce, un 5 maggio ante litteram all’ennesima potenza; “Giannini principe Baggio suo paggio” striscione delirante che spiega bene il senso della realtà presente in tanti tifosi giallorossi, che poi porterà alcuni a ritenere Totti superiore a Zidane; la Juve che ruba ma intanto gli scudetti al fotofinish glieli soffia l’Inter, mentre l’unico vero testa a testa con i bianconeri lo vincono loro nel 2001; meglio uno scudetto da lupi che cento da Agnelli, e se continuiamo così tra un po’ la proporzione potremo farla sul serio; il grande ritorno del Maestro Boemo – finalmente senza il potere della Triade a impedirgli di trionfare – con 3 gol presi in venti minuti di praterie sconfinate; la gioia effimera per averci strappato Iturbe, i “3 go’ de Rocchi” e “questa partita mi ha fatto capire che vinceremo il campionato”, poi finito con il go’ de Osvaldo e 17 punti di distacco; “la Juve dovrebbe fare un campionato a parte” e noi che li prendiamo in parola e giochiamo da soli per qualche anno, non lasciando più neanche le coppe Italia.

Sempre speciale, certo. Eppure qualcosa è cambiato.

Sarà che si diventa grandi e le rivalità si sentono meno, che da tempo si gioca per obiettivi diversi, che qualche loro simbolo non c’è più, che a fine stagione per qualche anno abbiamo giocato un’amichevole con lo scudetto sul petto lasciando loro i 3 punti, ma Roma-Juve non è più attesa come un tempo.

Ed è un clima migliore, sia chiaro, con meno veleni (ben conscio che basti un mezzo rigore negato per scatenarsi di nuovo e ripartire con Turone, ci mancherebbe) e, ecco la vera novità, una società meno disposta a cavalcarli, con il suo account twitter divertente, l’impegno per il sociale, insomma più ironia e meno voglia di spiegare gli insuccessi con l’impetuoso soffiare del vento del nord.

E allora giochiamocela senza veleni questa sfida tra la Juve, ormai colosso assoluto con un mostro e tanti campioni già con mille trofei in bacheca, e la Roma, senza un titolo da una vita ma piena di talenti, da Zaniolo a Pellegrini, un grande attaccante, un gioco divertente e un allenatore coraggioso ed elegante in panchina.

Giochiamocela sapendo che manca un intero girone, quindi c’è tempo per rimediare, ma non può già più sbagliare nessuno: noi, con l’Inter che non molla e non mollerà, sempre lì accanto a noi; loro, con l’Atalanta che arriva a ridosso di quel fondamentale quarto posto e anche lei andrà fino in fondo, ormai lo sappiamo.

Giochiamocela con quella serenità che viene da Ronaldo e Dybala in grande forma, qualche dubbio dal centrocampo in cui Rabiot e Ramsey mandano segnali che non cogliamo ancora appieno, sollievo dalle fasce in cui Cuadrado e Sandro si confermano esterni di grande affidamento, con un pensiero a Douglas Costa, quel fenomeno che parte dalla panchina perché va preservato con massima cura cui a volte basta un quarto d’ora per farci ricordare di chi stiamo facendo a meno ormai da troppo tempo.

Giochiamocela, perché è vero, gli 8 scudetti di fila e tutto il resto raccontato qui sopra l’hanno resa diversa, meno tesa, meno avvelenata, forse meno speciale, ma Roma-Juve, in fondo in fondo, resta sempre quella: una rovesciata di Pruzzo che mi rovina un pomeriggio, un cane rosicone che morde Brio e mille punizioni di Michel proprio lì, dove tutti sanno che finirà ma tanto è inutile, non puoi prenderla lo stesso.