Manca poco all’inizio del Campionato e persino dopo la prima giornata non avremo contezza del valore reale di questa nuova Inter.
Ad oggi la partenza di Lautaro viene stoppata a voce da una presunta volontà di Zhang. Resta difficile credergli, specie dopo l’addio di Lukaku ceduto a 115 milioni, e dunque non si capisce perché dovrebbe resistere ad un’offerta di 80 o anche di più per l’argentino se questa arrivasse presumibilmente dal Tottenham.

Marotta e Ausilio però, considerando il coefficiente di difficoltà elevatissimo, hanno fatto un lavoro egregio, riuscendo a trovare dei sostituti in ogni reparto pagando solo 15 milioni per Dumfries e dedicandosi a migliorare gli ingaggi di Calhanoglu e Dzeko, oltre ad allungare i loro contratti, motivo che aveva spinto il bosniaco ad entrare in rotta con la sua ex società.
Ho letto pagelle di precampionato che rimettevano l’Inter in pole per lo scudetto, nemmeno due settimane dopo aver visto precipitare le sue quotazioni con l’addio di Lukaku e le voci di altre eventuali cessioni.
Si va a percezioni, entusiasmi e depressioni, assestamenti e paure ma non c’è molta voglia di essere razionali nel giudizio complessivo.

Già, perché è davvero complicato riconoscere la forza reale di una squadra che ha appena vinto il Campionato ma ha perso i suoi simboli più riconoscibili, sostituendoli con altri di valore alto pur non altrettanto efficace.
Il paradosso è che questa squadra, a prescindere dalla bontà delle scelte dei dirigenti nerazzurri, può rivincere lo scudetto, come arrivare quinta in classifica.

Insomma, fino a giugno, se si chiedeva chi fossero i protagonisti del titolo appena vinto, i tifosi, nella stragrande maggioranza, rispondevano che il merito era di Conte e che senza lui e Lukaku non sarebbe stato possibile vincere, così come lo straripante Hakimi sulla fascia destra era insostituibile. Senza dimenticare Eriksen, che aveva conquistato anche gli irriducibili scettici che pretendevano di aver capito che giocatore fosse perché non aveva la faccia cattiva negli ultimi 3 minuti in cui veniva gentilmente impiegato.

Sono spariti tutti e quattro per motivi diversi e al loro posto i rimpiazzi sono più che decorosi. Resta da vedere quante partite possa giocare Dzeko, se Dumfries saprà adattarsi in fretta all’Italia, un fattore tutt’altro che trascurabile, e se Calhanoglu avrà per la prima volta nella sua carriera un rendimento costante. Anche il nuovo allenatore non è abituato a lottare per lo scudetto: Simone Inzaghi ha vinto quello che poteva con la buona squadra che aveva ma non è tecnico avvezzo a sferzare in modo feroce quando i risultati non arrivano. Ed è la differenza tra un buon e un grande allenatore. La qualità e il talento dei nuovi arrivi non si discutono ma la costanza, l’età e l’attitudine alla vittoria hanno delle incognite.
Il punto è soprattutto quello.

Il telaio della difesa è rimasto intatto anche se la stagione passata di Handanovic non lascia del tutto tranquilli, a centrocampo Barella e Brozovic si conoscono e possono agevolare i nuovi compagni di reparto, Sensi sta giocando con continuità e non sta subendo infortuni, mentre l’attacco è in attesa di conoscere il nuovo arrivo.
Nel dubbio si è deciso (giustamente) di tenere Satriano, considerando le precarie condizioni di Sanchez.

Il contesto nel quale si muove l’Inter ha uno scenario che aiuta a comprendere perché c’è ancora tanta fiducia. La Juventus ha acquistato Locatelli e ha riguadagnato Allegri ma ha ancora dei problemi irrisolti; il Milan ha perso Donnarumma e Calhanoglu ma ha preso Giroud, Ballo Tourè, Maignan ed è in procinto di accogliere anche Florenzi; l’Atalanta è sempre la stessa ma senza Romero; il Napoli è solido, per quanto invariato ma Spalletti è capace; la nuova Roma di Mourinho è intrigante, specie con l’arrivo di Abraham e Shomurodov. La sensazione è che l’equilibrio di questo Campionato porterà ad una competizione scudetto e alla conquista della zona Champions che perdurerà fino alla fine della stagione. Ecco perché bisognerà comprendere a quale delle due lotte l’Inter riuscirà ad iscriversi.