Adesso non cominciamo per piacere, che già vedo, leggo e immagino. E Mancini qua, e Mancini là, e abbiamo vinto gli Europei con una discreta dose di fortuna, dico fortuna ma potrei usare termini meno poetici e inclini alla buona educazione, e già lo sapevo (questi sono i miei preferiti, chi tutto conosce e tutto prevede), e via con una serie di luoghi comuni che nemmeno il miglior Catalano potrebbe mettere insieme.

La realtà è differente, parliamoci chiaro.

La realtà è una squadra capace di sprecare tutto il possibile e l’impossibile, sbagliando occasioni su occasioni senza un vero e proprio perché, dilapidando un gioco fotocopia rispetto a Euro 2020 con la differenza, enorme, di addormentarsi davanti alla porta come raramente mi è capitato di vedere in anni e anni di calcio seguito e, a livelli infimi – per infimi intendo infimi – praticato. Ho come avuto la sensazione che la squadra fosse fin troppo rilassata, come se la sbornia post Londra fosse ancora da smaltire. Roberto Mancini ha parlato di poca cattiveria sotto rete, a proposito ho notato un Mancio serenamente arrabbiato come non accadeva da tempo immemore ma ci sta, davvero troppi orrori là davanti, perché per il resto, sia chiaro, i ragazzi giocano a memoria, il palleggio continua a essere una prerogativa importante della squadra che fa correre, spesso a vuoto, l’avversaria di turno. Proprio per questo, proprio il continuum spazio temporale che lega l’Italia campione d’Europa a quella partita con tante belle ambizioni e il sogno di farcela a fine giugno, aumenta il disagio per due pareggi che sanno di beffa. E che beffa. Predominio totale contro la Bulgaria, roba da tramandare ai posteri, un tiro a segno con gol subito che nemmeno alle scuole calcio, predominio netto a Basilea, vanificato da una sequela di tirucci e tiretti culminati col rigore di Jorginho, tirato tra il male e il malissimo, centrale, nemmeno troppo forte: mi spingo a dire che sì, accidenti, quella roba lì l’avrei presa anch’io.

Appare chiaro come il problema del gol sia primario. Appare chiaro come Mancini debba darsi da fare per risolverlo, in qualche modo. Non abbiamo l’ariete là davanti: Belotti forse potrebbe ricoprire quel ruolo ma anche lui, di tanto in tanto, ha cali di tensione importanti, Raspadori ama uscire dall’area e dialogare coi compagni. Ecco, forse Scamacca. Che non è Lewandowski, sia chiaro, però è un ariete vero, uno capace di sgomitare e farsi rispettare nell’area di rigore. Forse, aggiungo forse, di tanto in tanto buttarlo nella mischia, soprattutto quando le partite diventano complicate, potrebbe essere una freccia in più nella faretra di Roberto Mancini. Al quale però, aggiungo, nessuno ha nulla da insegnare, giusto per chiarire. Sarei preoccupato se i due pareggi fossero arrivati al termine di partite vuote, inutili, come ci è capitato qualche volta. Ma qui parliamo, opinione del tutto personale, di due infortuni, due circostanze sfortunate legate a un numero di errori inspiegabili: perché sotto l’aspetto puramente tecnico beh, a parte qualche momento in cui la Nazionale ha rifiatato, il pallino del gioco l’abbiamo tenuto in mano noi. E a creare di tutto e di più siamo stati noi.

Ora, mercoledì, sotto con la Lituania, per riprendere quel cammino di vittorie interrotto malamente in questo inizio settembre, la solita sosta inutile che ci accompagna ogni settembre, che dedicare un mese alle Nazionali evitando soste dannose e inutili pare brutto: del resto è un argomento di poco conto, molto meglio continuare a parlare di fair play finanziario e altre amenità sul genere.

Alla prossima.