Lo abbiamo visto tutti. L’incredibile metamorfosi di una squadra e di un allenatore che nel giro di un amen ha smarrito tutto il repertorio del teatro leggero e portato in scena la commedia drammatica.
In meno di un mese la stessa Inter scesa in campo col Milan, capace di mettere sotto i rossoneri nel gioco per 70 minuti, perdendo in modo disgraziato, è tornata in campo contro gli stessi avversari senza una stilla di energia.
Anche il Milan è apparso stanco ma nel primo tempo ha costruito alcune palle gol mentre i nerazzurri deambulavano per il campo con l’aria assente, distaccata.

Lo abbiamo visto tutti l’impressionante calo fisico della squadra. Col Milan ha persino fatto più chilometri ma era un tipo di corsa disorganico, con reparti scollegati, facce abbruttite e tanti, troppi contrasti persi.
Il risultato dell’andata è il peggiore tra i migliori possibili e costringe in piccolo a rivivere il derby di Champions del 2003, con le medesime condizioni.
Il ritorno, grazie al surreale calendario della Coppa Italia di cui però gli organizzatori si dicono ampiamente soddisfatti (!), si giocherà solo tra un mese e mezzo e nel frattempo l’Inter affronterà delle partite che potrebbero affossare o rilanciare una stagione che già con la Salernitana rischia di essere definitivamente compromessa per lo scudetto.

Il punto è che oggi anche la squadra ultima in classifica può fermare Inzaghi, come hanno fatto il Sassuolo e il Genoa penultimo in classifica.
All’andata i campani erano una formazione emotivamente messa male, ad un passo dall’esclusione dalla serie A e con un organico diverso. Dopo la sfida all’Arechi persa malamente ha cambiato allenatore e oggi è rinfrancata dai risultati. La squadra di Davide Nicola è ultima ma ha due gare da recuperare, viene da una vittoria, una sconfitta e quattro pareggi. È cambiata nell’animo e a Milano sarà accompagnata da un gran numero di tifosi.

Molti interisti non accettano che una squadra così possa impensierire la terza in classifica. L’inaccettabilità è esattamente il tipo di problema che nel calcio ha portato a risultati clamorosi, perché i giocatori sembrano vivere in simbiosi con il proprio pubblico. Se una partita viene attesa con sussiego la si affronta superficialmente e finisce male.

Il Milan due settimane fa ha incontrato proprio questa squadra e non ha perso per un soffio. Forse però il problema non sta nemmeno nell’eventuale approssimazione ma proprio nel modo in cui i giocatori entrano in campo da diverso tempo.
Tutte le certezze sembrano svanite e lo si deve anche ad un fattore che va oltre l’aspetto fisico. Barella è spremuto, Brozovic non ha un sostituto che sia uno e alla fine è calato, Calhanoglu non ha più il rendimento dell’andata, De Vrij è in calo da inizio stagione, Lautaro non si mette nelle condizioni di segnare, è ininfluente nella stesura del gioco e Dzeko a 35, quasi 36 anni è costretto a giocare sempre, finendo con lo sbagliare troppo.

La preparazione atletica è un dato su cui riflettere seriamente a fine stagione, anche perché si sapeva che Inzaghi nel girone di ritorno cala sempre ma si sperava avesse trovato un modo per disinnescare il trend all’Inter.
Al contrario commette l’errore imperdonabile di giocare sempre con gli stessi uomini e li riduce ai minimi termini. Se questo è il Barella di oggi e Calhanoglu non ce la fa più, visto l’impegno delicato di venerdì sera, col Milan tanto valeva schierare l’irritante Vidal, Vecino e Gagliardini e sostituirli in blocco dopo un’ora di gioco.
Così, per non correre rischi, si finisce col perdere tutto.

Per quale ragione tuttavia, nel calo generale, Skriniar è sempre combattivo e gioca meglio degli altri? Perché Perisic sembra più incisivo dei compagni? Perché Dumfries ha più energia? Il problema è dunque anche nella testa di troppi giocatori.
Non è il momento di avere paura ed è bene che il rientro di Correa e Gosens, al debutto con la maglia dell’Inter nel derby, e persino Caicedo, siano alternative che Inzaghi sappia usare, magari passando temporaneamente al 4-4-2.