La teoria dei parametri zero diventa sempre più una legge di calciomercato. Avevamo preso una bella rincorsa la scorsa estate, nomi roboanti che avevano cambiato maglia senza esborso di cartellino. Basterebbero e avanzerebbero Leo Messi al Paris Saint-Germain in compagnia di Cristiano Ronaldo al Manchester United. Ma ci siano divertiti con Sergio Ramos sempre a Parigi, affiancato da Donnarumma in uscita dal Milan, senza dimenticare la scelta di Wijnaldum che aveva deciso – anche lui – di mettere tenda dalle parti della Torre Eiffel. Non sarebbe stato un grande successo, ma questo è un altro paio di maniche. La lista potrebbe arricchirsi di altri nomi, tutti prestigiosi, come Alaba che aveva lasciato il Bayern per passare al Real e in queste ore sta festeggiando un’altra Champions da lucidare in bacheca.

Ma torniamo ai giorni nostri perché le situazioni intriganti non mancano: dopo una trattativa infinita, interminabile, estenuante e in qualche caso stucchevole, Mbappé ha deciso di restare al PSG, respingendo il pressing del Madrid quando sembrava stesse facendo breccia. Sorvoliamo sulle cifre, ironicamente potemmo dire che neanche Kylian sa con esattezza quanto guadagnerà per aver scelto un nuovo ciclo con Al-Khelaifi. Sarebbe più breve il percorso per segnare qualche doppietta o smazzare una mezza dozzina di assist piuttosto che quello di contare tutti i soldi che gli bonificheranno. Ma è una situazione abortita rispetto a tante altre che si sono ormai concretizzate.

Ivan Perisic ha vissuto mesi tormentati con un epilogo ricco di polemiche proprio nei giorni della festa. L’esterno croato, 33 anni da poco compiuti e alle spalle la migliore stagione della sua bella carriera, aveva deciso di sfogarsi proprio nel momento meno opportuno. Era stato decisivo, dovremmo dire devastante, nella finale di Coppa Italia contro la Juve, con una doppietta bellissima e una recita da urlo. Un microfono sotto il naso, le solite domande spazzate via da un uragano: “Il mio rinnovo di contratto? Con i grandi giocatori non si aspetta fino alla fine…”. Aveva preso male il rinvio che poi tale non era stato, di sicuro aveva scelto il momento peggiore per dichiarazioni al cianuro. La trattativa con l’Inter stava andando avanti almeno da novembre, con un tira e molla che aveva visto il club stabilire una cifra rapportata all’aspetto anagrafico e alla necessità di non scialacquare. Due anni di contratto, con una base di 4,5 milioni a stagione più bonus: una sorta di “prendere o lasciare”. Quelle frasi al veleno sembravano soprattutto il desiderio di giocare al rialzo per strappare un ingaggio più alto. L’Inter ha anche aggiunto qualcosa, avvicinandosi ai cinque milioni a stagione, ma ha presto intuito che sarebbe stata una mossa inutile. Perisic aveva deciso di andar via, infatti dopo quell’incontro ha fatto scivolare i giorni nel totale silenzio piuttosto che dare una risposta definitiva, anche negativa ma definitiva. In realtà aveva scelto il Tottenham, precedenza al suo amico Antonio Conte che lo aveva rilanciato proprio in casa nerazzurra e che lo aveva messo in cima alla lista dei desideri. Un milione netto in più a stagione, sei e non cinque, soprattutto la motivazione tecnica: la sua volontà era quella di giocare in Premier League, il campionato ritenuto il più affascinante del mondo. Se Perisic l’avesse detto prima, non avremmo perso tutto questo tempo. L’Inter ha memorizzato ma non si è strappata i capelli, a gennaio aveva preso Gosens dall’Atalanta, di sicuro non una comparsa. Un bel modo per ripartire, alla larga da eccessivi rimpianti croati. Se la parola d’ordine è quella di guardare avanti piuttosto che indietro, si chiama programmazione, questa è una bella sintesi.

Perisic non è certo da solo in questa galleria di parametri zero. L’Inter si vorrebbe consolare con Henrikh Mkhataryan, un colpo di spessore considerata la classe e la duttilità dell’armeno. La Roma ha sperato e magari spererà fino all’ultimo, ma l’irruzione nerazzurra dello scorso 18 maggio potrebbe fare la differenza. Strada spianata, ma comunque prudenza fino alle firme. Mkhitaryan ha giocato e vinto la finale di Conference League, anche se ha dovuto abbandonare presto per infortunio: per lui pronto un biennale. E nelle idee di Simone Inzaghi sarebbe il vice Calhanoglu, una preziosa alternativa in mezzo al campo, ma con la possibilità di giocare da trequartista in caso di rivisitazione tattica in corso d’opera. Mkhataryan ha dimostrato di essere competitivo e di avere colpi geniali, un acquisto azzeccato. Presto ci concentreremo su Paulo Dybala, un altro boccone prelibato senza esborso di cartellino. Per la verità da almeno 40 giorni la sintonia è sempre la stessa, chiama in causa ancora l’Inter. E non potrebbe essere diversamente considerato il grande legame tra la Joya e Marotta. La situazione cambierebbe soltanto se l’Inter si pentisse all’improvviso e fin qui non ci sono segnali in tal senso. Tutti quelli che ci hanno fin qui provato, Roma compresa, sono stati respinti da Dybala che ha un solo chiodo fisso, nerazzurro.

Ma ci sono altre situazioni impostate o completate: il Milan ha perso da tempo Kessie, che ha scelto il Barcellona, e si prepara ad accogliere l’attaccante Origi. Bisognava aspettare soltanto la finale di Champions, non certo una gioia per il Liverpool. Origi sarà un bel tassello per Pioli, mentre Romagnoli si prepara a salutare, il suo forte desiderio è quello di indossare la maglia della Lazio. Ma è impossibile dimenticare Mertens, che sta trattando il rinnovo con il Napoli. Belotti potrebbe salutare il Torino, sogna il Milan e magari sarà un’idea di Berlusconi e Galliani per il Monza entrato nella storia e fresco di nomina. Non dimentichiamo Bernardeschi che cerca la soluzione migliore, oggi l’Inter è abbastanza fredda. La legge dei parametri zero, sempre più di moda su questi schermi.