Carlo lascia perdere il 4-4-2 e passa al 4-3-3”. Questo è stato il ritornello calcistico più in voga a Napoli nelle ultime settimane. Secondo il variegato mondo di improbabili critici, opinionisti ed ex calciatori che gira attorno agli azzurri, sarebbe bastato un semplice cambio di modulo per risolvere tutti i problemi (?) della squadra di Carlo Ancelotti, rea, in questo inizio stagione, di aver perso su autorete al 93° a Torino con la Juve e di essere stata battuta in casa dal Cagliari subendo un solo tiro in porta.

Due macchie indelebili, secondo il popolo dei critici a prescindere, che hanno offuscato finanche la vittoria contro i campioni d’Europa del Liverpool in Champions League. Quel Liverpool da otto vittorie consecutive in Premier. E invece che non si trattasse di una questione di schema, lo si è capito dopo la gara di Torino contro i granata, del resto il calcio non è aritmetica. Purtroppo, però, si tratta di una magrissima consolazione, anche perché nessuno può sottacere che qualcosa comunque è accaduto.

Il Napoli ha smarrito consapevolezza di se stesso e delle proprie attività. In aiuto a questa analisi di carattere quasi psicologico è arrivato lo stesso Ancelotti: «Prima segnavamo con disinvoltura e subivamo molte reti, adesso sta avvenendo l’esatto contrario». Al Napoli sta venendo meno il coraggio, la spensieratezza di chi vuole giocare a calcio divertendosi, misurandosi alla pari anche contro chi, sulla carta, è più forte di te.

Quello che è accaduto fino ad oggi con alterne fortune contro Juventus e Liverpool, tanto per fare un esempio. È difficile capire come si sia arrivati a questo punto, soprattutto dopo le tre vittorie consecutive tra campionato e champions con Sampdoria, Liverpool e Lecce. Al di là dei risultati erano state le prestazioni a far credere che questo Napoli potesse giocare col pilota automatico inserito. Una squadra capace di creare e concretizzare come e quando voleva.

Libero da pensieri e preoccupazioni, ne ha segnati quattro all’esordio con la Fiorentina, tre (una rarità) in rimonta all’Allianz Stadium contro la Juventus. Oggi, invece, è una squadra paralizzata, fragile mentalmente. Pronta a svolgere solo il semplice compitino. Tutti si impegnano, ma sembra non trovarsi in nessuno di loro quella convinzione che prima o poi la partita la sbloccheranno. Ecco la mancanza di consapevolezza.

Per Ancelotti quella che è mancata in queste ultime due apparizioni, in questi due ultimi 0-0, è la qualità non la “cazzimma”. Difficile dargli torto. L’impegno non è mai venuto meno in nessuno dei ragazzi schierati dal tecnico. Mai. Quello che è clamorosamente mancato è l’essere convinti dei propri mezzi; quella certezza che hanno le squadre forti, che si sentono più forti. Credevamo che dopo la vittoria in Champions questo antico problema fosse scomparso, dando vita alla nascita del famoso salto di qualità.

Invece il Napoli resta, al momento, una squadra che al minimo intoppo – la sconfitta in casa col Cagliari – smarrisce le proprie certezze. Tocca ad Ancelotti, e solo a lui, entrare ora nella testa dei calciatori. Liberarli mentalmente anche da quel dover vincere a tutti i costi che è rimbalzato da Dimaro in poi. Il vincere a tutti i costi non è nel DNA del Napoli. Lo sa De Laurentiis, lo sa Ancelotti, ora se ne sono accorti anche tutti i calciatori. L’ossessione del dover innalzare l’asticella a tutti i costi porta una pressione difficilmente gestibile a queste latitudini.

Tornare ad essere spensierati, a divertirsi e a divertire è il vero obiettivo del momento. Per Napoli ed i napoletani vincere non è mai stata l’unica cosa che conta, non cambieranno certo idea adesso.