È difficile commentare il pareggio di ieri sera, allo stadio Diego Armando Maradona di Napoli. Contro la Real Sociedad, c’era un obiettivo da centrare e la missione è stata compiuta. Da qui si deve obbligatoriamente partire. Il girone di Europa League capitato al Napoli si è dimostrato ben più complesso di almeno due o tre dei gruppi eliminatori della Champions League 2020-2021. Non lo scriviamo, si badi, per nascondere eventuali demeriti azzurri, ma innanzitutto per rendere merito ai baschi, che non sono casualmente al comando della Liga, e allo stesso AZ Alkmaar, fucina di talenti, ma non solo. Aver chiuso al primo posto, dopo aver perso la partita inaugurale, è un ulteriore merito. Servirà nell’urna dei sorteggi per i sedicesimi di finale, ma soprattutto all’autostima del gruppo.

Detto tutto questo, la partita-qualificazione di ieri sera è stata troppo sofferta, per non porsi diversi interrogativi. Il Napoli è rimasto passivo per 90 minuti, accettando la supremazia tattica e territoriale dell’avversario, ma non riuscendo a tramutarla in un’arma offensiva, attraverso ripartenze continue e realmente pericolose. Gli azzurri ci hanno provato, riuscendoci soltanto in una manciata di occasioni nel primo tempo e in non più di due nella ripresa. Troppo poco, per dire che si trattasse di un piano tattico studiato a tavolino. Il centrocampo è stato regolarmente sovrastato e si rafforzano i dubbi sulla possibile coesistenza di due giocatori dello stesso passo (compassato) come Fabian Ruiz e Bakayoko. Al contempo, Piotr Zieliński si è confermato l’elemento irrinunciabile del reparto, per la capacità di legare l’azione e risolverla all’occorrenza. Come splendidamente dimostrato anche ieri, con quel colpo di biliardo nel sette.

La difesa, sottoposta a una pressione a cui il Napoli non è abituato in campionato, ha retto tutto sommato bene. Tanti i rischi corsi e gli azzurri sono stati graziati almeno tre volte dagli attaccanti baschi, ma il reparto non ha mai dato l’impressione di sbandare. Il problema è stato di tutta la squadra, incapace di imporre la sua partita all’avversario. Come scritto qui solo pochi giorni fa, la discontinuità di rendimento sarà una caratteristica di tutta la stagione e certo non del solo Napoli. Le difficoltà di ieri, dunque, non vanno ingigantite, ma considerate un passaggio obbligatorio nella crescita della squadra.

I punti ottenuti sul campo e la qualificazione in Europa League, in un girone di rara difficoltà per la seconda competizione europea, sono fatti. Incontrovertibili e di grandissimo valore, in un momento così delicato. A patto che vengano considerate soltanto delle basi, su cui costruire un immediato futuro più solido e dalla personalità più marcata. Il ritorno, si spera entro il 2020, di Osimhen, ridarà a Rino Gattuso quella variabile tattica che è il vero tesoretto di questo Napoli. Senza dimenticare le lezioni delle ultime settimane, in cui il gruppo ha imparato il valore della sofferenza. In campo, non sempre le cose vanno come si vorrebbe e saper gestire anche delle serate storte, difficili, in cui prendi qualche schiaffone di troppo, può risultare fondamentale per maturare. Una critica costruttiva, una difficoltà vissuta e accettata, possono valere dieci complimenti distratti e di circostanza.