Per quanto sia una caratteristica abbastanza comune, in questa stagione, un elevato tasso di discontinuità, il Napoli ha probabilmente battuto tutti.

Ieri sera, nella partita di Coppa Italia vinta al Maradona per 4-2 sullo Spezia, addirittura gli azzurri hanno sublimato questa tendenza ai picchi opposti. Anche se più che comprensibile deconcentrarsi, dopo aver chiuso la pratica e segnato quattro goal in trenta minuti, ciò che colpisce di ieri sera, perfetta sintesi della stagione sino ad oggi, è la sgradevole sensazione di non potersi fidare mai fino in fondo di questa squadra. Può far tutto e il contrario di tutto, magari nel giro di 90 minuti, proprio come accaduto domenica scorsa a Verona, lasciando macerie sul suo stesso cammino.

Questa altalena apparentemente folle di rendimenti e risultati non è, però, una condanna inappellabile. Semplicemente, se si vuole, risulta un problema da risolvere.

Non tanto diverso, anche se certamente più complesso, dal trovare la giusta collocazione in campo a un giocatore o rimetterne in forma un altro. È parte del mestiere di allenatore, insomma, non per ascrivere tutte le responsabilità di questa schizofrenica stagione a Rino Gattuso, ma per indicare una possibile soluzione. Il tecnico, del resto, non ha mai fatto mistero della fragilità mentale del gruppo, forse provocando anche qualche mal di pancia all’interno dello spogliatoio. In una squadra di calcio, come in qualsiasi altro team di lavoro fortemente basato sulla personalità dei singoli, alla fine ciò che non pagherà mai è nascondere tensioni, mancanze e problemi.

Le reazioni emotive, sia pur oneste e apprezzabili, come nel caso del capitano Lorenzo Insigne, sono una spia di una condizione generale.

Il Napoli deve crescere in autostima, in capacità analitica. Le singole partite, i momenti di una lunga e stressante stagione, sono per loro natura diversissimi l’uno dall’altro. I carichi emotivi vanno distribuiti e gestiti, non possono essere appannaggio solo di un ristretto gruppo di giocatori. Ancora di più nel caso di una squadra che ha sofferto la mancanza di leader naturali. Una saggia distribuzione di compiti e responsabilità, durante l’arco della settimana e ancora di più in partita, potrebbe essere la strada per responsabilizzare il gruppo e, al contempo, evitare un eccesso di pressione sui singoli. Si veda il già citato caso-Insigne.

In un ambiente visceralmente emotivo come quello di Napoli, oltretutto, bisogna sapersi costruire una corazza. Rino Gattuso ha messo in piazza questo problema e tutti i rischi connessi, quando ha invitato i propri ragazzi a ignorare social o radio.

Un appello, lo si scrive con il dovuto rispetto, francamente stonato. Parliamo di superprofessionisti, che devono essere come minimo in grado di gestire le pressioni dell’opinione pubblica. Farli apparire come ragazzini, in balia del primo post o dell’ultima indiscrezione maliziosa, non avrà contribuito a cementare l’idea di un gruppo maturo e consapevole.

Sullo sfondo di tutto questo, in attesa che il Napoli sia in grado di fare il vero salto quantico in termini di personalità, non aiutano le turbolenze societarie. Le insistenti voci di sondaggi del presidente con possibili sostituti di Gattuso, in particolar modo l’ex Rafa Benítez, hanno indotto Aurelio De Laurentiis a commettere il più classico degli errori di comunicazione e immagine: precipitarsi dalla squadra, per ribadire la fiducia al mister e puntellarlo, ottenendo naturalmente l’effetto opposto.

Da che calcio è calcio, quando un presidente ribadisce la fiducia a un allenatore, a quest’ultimo vengono i sudori freddi.

Gattuso ha il vantaggio di due jolly relativamente comodi da giocarsi: la partita di ieri vinta in Coppa Italia e il non irresistibile Parma domenica, in campionato.

Resta la sensazione che per garantirsi il futuro prossimo non basti vincere un paio di partite. Il Napoli deve maturare e, ormai, ha veramente poco tempo per farlo.