Alla fine, è andata bene al Napoli, ieri sera ad Alkmaar contro l’AZ. Bisogna essere onesti e pratici: è vero che gli azzurri hanno avuto dalla loro tutto il primo tempo e tre limpide occasioni nel finale della partita, ma in mezzo c’è stato troppo spazio per l’avversario. Sia detto subito e con rispetto: l’AZ è una signora squadra. Non a caso, serbatoio di talenti da anni per tantissimi club blasonati in giro per l’Europa. Lo stesso Napoli ha messo gli occhi su almeno due-tre elementi, che fra andata e ritorno hanno fatto spesso ballare la rumba al centrocampo e alla difesa di Gattuso. Non lo scriviamo per nascondere gli evidenti difetti della squadra azzurra, emersi nel doppio confronto con gli olandesi. È un dato di fatto, da cui partire per commentare il girone eliminatorio di Europa League di gran lunga più complesso che il Napoli potesse trovare. Oltre l’appena citato AZ, gli azzurri si dovranno giocare la qualificazione negli ultimi 90 minuti contro la squadra che è in testa alla Liga da 10 turni. Sappiamo perfettamente che alla lunga è altamente improbabile che la Real Sociedad possa mantenere il passo di Real Madrid e Barcellona, forse dello stesso Atletico Madrid, ma resta il fatto che i baschi sono in una versione smagliante della loro storia.

Tornando a ieri sera, è bene soffermarsi su alcuni elementi di criticità del collettivo azzurro. Ancora una volta, innanzitutto, il Napoli ha mostrato una carenza di carattere psicologico. Premesso che non è facile per nessuno, in questa stagione particolare e compressa, tenere costantemente botta, è pur vero che la squadra tende ad avere un approccio ondivago. Per usare un eufemismo.

Anche contro l’AZ, dopo essere passati subito in vantaggio, gli uomini di Gattuso non hanno mostrato quella cattiveria agonistica che avrebbe permesso loro di chiudere in 45 minuti la partita e il discorso qualificazione. Questo è indipendente dal valore dell’avversario di cui si è detto, è un difetto tutto interno, su cui lavorare.

Il centrocampo, poi, resta il vero rebus da chiarire, prima di entrare nel vivo della stagione. Ieri, come era ampiamente prevedibile, Zielinski ha faticato molto di più rispetto alla partita contro la Roma. Da che calcio è calcio, la prima partita dopo una lunga assenza è immensamente più facile della seconda e della terza. Bakayoko, da parte sua, è uno splendido argine in mezzo al campo, dotato di mezzi fisici e tecnici fuori dal comune, ma resta un giocatore dal ritmo compassato ed estremamente simile a quello di Fabian Ruiz. Non stiamo parlando di incompatibilità, ma le caratteristiche sono quelle. Soprattutto, né lo spagnolo, né l’ex-Milan si trovano a loro agio ad agire come vertici bassi. In quel ruolo, sembra funzionare ancora meglio Demme, giocatore ben poco appariscente, ma dalle rare qualità equilibratrici.

L’assenza di Osimhen, poi, lungi dal diventare una comoda scusa per tecnico e gruppo, resta un fatto rilevante con cui fare i conti. Se è vero che, senza il nigeriano, Ciro Mertens è potuto tornare nel suo ruolo ormai naturale vicino alla porta, va pur ricordato che non si possono chiedere gli straordinari al belga. Pena, spremerlo già a inizio stagione. Poi, manca completamente quella seconda dimensione tattica che nei primi turni di campionato ha fatto la fortuna del Napoli. Petagna, da parte sua, non sta attraversando un buon momento e non sembra ancora in grado di rappresentare un’alternativa valida. Nessuno gli attribuisce una particolare colpa dei due goal-qualificazione falliti ieri sera, ma al momento non sembra ancora entrato nella dimensione Napoli.

Domenica, a Crotone, la squadra azzurra sarà attesa dalla classica partita-trappola. Contro l’ultima in classifica, proprio quella cronica incapacità di concentrarsi sempre al 100% verrà posta sotto stress e Rino Gattuso non sembra intenzionato a fare il minimo sconto alla sua truppa…