Il Napoli ha pescato il più classico dei jolly, domenica pomeriggio a Udine. Tre punti fortunosi, che sarebbe un grave errore archiviare come un semplice rimborso, per i punti persi immeritatamente in altre occasioni. San Siro su tutte.

Perché ogni partita fa storia a sé, ogni prestazione merita di essere analizzata nelle sue diverse sfaccettature. Per esser chiari, il Napoli di Udine è stato, oltre la più che comprensibile difesa d’ufficio di mister Gattuso, un Napoli di basso livello. Se è vero che la squadra è riuscita a non disunirsi, a cercare in qualche modo il colpo grosso fino agli ultimi minuti, è altrettanto indiscutibile il grandissimo affanno mostrato in almeno due passaggi della partita: dopo aver subito il disastroso infortunio targato-Rrahmani e a metà secondo tempo. In entrambi i frangenti, la squadra è apparsa in balia delle veloci ripartenze avversarie, per la palese sofferenza mostrata dal centrocampo.

Eccoci così giunti a un rilievo che non può essere ulteriormente sottaciuto: a Udine, ma anche nella surreale partita persa in casa con lo Spezia e in tante altre occasioni in questa stagione (si ricordi la grande sofferenza casalinga con la Real Sociedad), la soluzione dei due centrocampisti non sembra quella più adatta a garantire equilibri. Almeno affidandosi alla coppia BakayokoFabian Ruiz, molto male assortita. Questo sicuramente anche per l’attuale e approssimativo stato di forma dello spagnolo, ma soprattutto per le caratteristiche di entrambi i giocatori. La sensazione è che una chimica tra loro due non sia possibile trovarla.

Considerato giustamente intoccabile Piotr Zieliński, bisogna pur decidere come garantire solidità al reparto, per non esporre la difesa alle folate, che solo per l’imprecisione degli attaccanti avversari e la bravura di Meret non sono costati i tre punti a Udine. Demme
è sicuramente la risposta più logica, non appena sarà fisicamente pronto, ma questo non basterà a risolvere il rebus-Ruiz. Il Napoli non si può permettere un altro caso Allan, il brasiliano così mentalmente distante dalla squadra, da essere sparito per quasi due anni dai radar tecnici azzurri.

Si decida oggi, subito, cosa fare con Ruiz. Lo si metta nelle migliori condizioni, a patto che lui creda in un futuro a Napoli. In caso contrario, che si stabilisca una exit strategy, prima di incancrenire una situazione che potrebbe costare caro a tutto il gruppo.

È ovvio che i problemi del Napoli non si esauriscano qui, né in un singolo, né in un reparto. Il tema mentale è ormai conclamato: la squadra perde sicurezza con incredibile facilità, lasciandosi andare alla mercé di avversari nettamente inferiori. L’inspiegabile paura, provata dopo il pareggio al Maradona dello Spezia o quello dell’Udinese di domenica scorsa, non ha ragion d’essere. Almeno, a considerare il tasso tecnico e anche l’esperienza dei giocatori di Gattuso. La squadra non sa gestire gli inevitabili momenti difficili delle singole partite, vivendo quasi come un atto di lesa maestà subire goal dopo essere passati in vantaggio, in particolare da avversari che si danno già mentalmente per superati. Errore di una gravità e ingenuità estreme.

Non è il caso, si badi, di ridurre tutto alla famosa ricerca affannosa del ‘veleno’, sin troppe volte invocato dal tecnico calabrese. Qui il discorso è dannatamente serio, non si può ridurre a facili immagini. Il Napoli ci passò già ai tempi di Benítez, solo che all’epoca si parlava della più partenopea ‘cazzimma’. Veleno o cazzimma che sia, il Napoli ha un problema di leadership in campo e concentrazione in generale.

Se non si dovesse affrontare di petto e risolvere al più presto questo impasse, sarà inutile coltivare sogni di gloria. Una squadra perennemente instabile e alla mercé delle sue stesse paure non può andar lontano.

Meglio dirselo ora che c’è tempo per parlarsi con sincerità e ancora tutti gli obiettivi a disposizione, che aspettare il tempo delle inevitabili recriminazioni.