Aurelio De Laurentiis lo accolse, poco più di un anno fa, al grido: “Ecco a voi Ringhio Star, nuovo allenatore del Napoli”. Ringhio Star, ovvero Rino Gattuso, era stato scelto al posto del fallimentare Carlo Ancelotti. Poco più di un anno dopo De Laurentiis e Gattuso sono separati in casa: il rapporto va avanti perché un’alba sorge ogni giorno senza gli stessi colori della serenità, bisogna aspettare il tramonto definitivo. Ma se dipendesse da loro, non abbiamo dubbi, sarebbe già la certificazione di un addio. Una cosa sia chiara: la volontà di Gattuso è come minimo pari, se non superiore, a quella di De Laurentiis. Con la differenza che mediaticamente una parte di quella città strombazza a favore di Aurelio, un classico, senza conoscere bene i motivi che hanno portato a una frattura pressoché insanabile.

I famosi motivi sono di varia natura, ma comprendono l’equidistanza che non c’è in un normale rapporto tra presidente e allenatore. Compreso quel rispetto che De Laurentiis ha fatto saltare contattando qualche allenatore, in primis Maurizio Sarri, per tenersi pronto in caso di ribaltone. Gli avvocati di De Laurentiis non stanno in tribunale ma talvolta spopolano in tv e sostengono – non solo loro – che Gattuso non deve lamentarsi se il suo presidente contatta il suo eventuale successore, in fondo anche Ringhio non si era degnato di dire al suo fratello maggiore Ancelotti che il Napoli lo aveva chiamato per affidargli quella scomoda e nello stesso tempo prestigiosa eredità.

Premesso che nessuno sa come davvero si sia comportato Gattuso con Ancelotti, un presidente, che sfiducia il suo allenatore alzando la cornetta (di una volta) del telefono, per pensare già al futuro deve avere soltanto un dovere. Ovvero quello di esonerare il suo Ringhio Star di un tempo da subito, senza sprecare troppi giorni e anche per una linea di coerenza che dovrebbe esserci sempre. Non lo vogliamo chiamare rispetto e neanche intendiamo insistere su questo tasto, semplicemente perché sappiamo che nel calcio è un sentimento quasi inesistente al punto da essere calpestato senza soluzione di continuità.

L’antefatto è talmente piccante che ci vorrebbe un estintore in azione 24 ore al giorno per avere la certezza di spegnere l’incendio. Una storia di domenica 24 gennaio: il Napoli ha appena perso una partita sanguinosa in casa del Verona, subito in vantaggio e poi ribaltato, al termine di un pomeriggio che avrebbe lasciato mille punti di domanda e una delusione tremenda anche nello stesso Gattuso. Non trascorre molto tempo dall’epilogo del “Bentegodi” che De Laurentiis decide di mettersi al telefono: la scelta è quella di comporre il numero del cellulare di Maurizio Sarri.

Non un semplice sondaggio, ma qualcosa di molto più diretto, della serie: te la sentiresti di tornare subito al Napoli, senza pensarci due volte, in nome del tuo grande rapporto con la gente e ricordando i magnifici tempi che furono? Sarri impiega dai 10 ai 15 secondi per memorizzare che, veramente, dall’altra parte del telefono c’è Aurelio De Laurentiis. Nel senso che non si sentivano da un po’ di tempo e che al massimo arrivava qualche messaggio indiretto, quando arrivava, tramite gente di reciproca conoscenza. Quando Sarri memorizza e si rende conto che è un fatto reale e non un sogno, ci mette poco a ringraziare De Laurentiis, esternandogli la sua necessità di restare ancora fermo in un periodo – quello della pandemia – che non fa impazzire di gioia Sarri, uno che vorrebbe vedere gli stadi pieni o mezzi pieni per fare ammirare i suoi “dipinti”.

Sarri si congeda da De Laurentiis senza dargli la possibilità di approfondire un discorso accennato, ovvero che eventualmente si sarebbe attivato per risolvere il contratto con la Juve, visto che fino a giugno ballano circa sei milioni netti. Sarri non gli dà il tempo, il suo no è netto, tranciante e definitivo, l’assalto del numero uno del club va a vuoto.

Il bello (o il brutto) di storie così è che, quando decidi di esonerare, devi andare fino in fondo. E non far finta di nulla soltanto perché il tuo obiettivo dice no, indisponibile a un clamoroso ritorno. Perché certe cose le fai nella segretezza assoluta, al punto che nessuno dovrebbe essere in grado di accorgersi di una tua mossa così fragorosa, in caso contrario ti ritrovi in mezzo a un tunnel lungo 100 chilometri e possibilmente senza uscita. Sarri ha detto no? Prendine un altro, da subito, magari sarà una minestra riscaldata, oppure chissà cosa, ma prendilo altrimenti le turbolenze diventano insostenibili.

De Laurentiis, che smentisce anche l’evidenza, stavolta se n’è guardato bene. E andremo avanti così, con un balletto che può dipendere da un risultato positivo piuttosto che negativo, ma che non modificherebbe di un millimetro il titolo già scritto: convivenza impossibile. Gattuso avrà commesso uno o dieci errori tattici (chi non ne commette nella vita di ogni giorno?), ma il Napoli non doveva vincere lo scudetto a mani basse, non naviga nella parte destra della classifica, è in corsa per tutti gli obiettivi (fino a prova contraria che non c’è). E sarebbe già la normalità dentro una stagione anomala, non soltanto perché condizionata dal Covid ma perché Gattuso da una vita non può contare sul più grande investimento dell’era De Laurentiis, quell’Osimhen che soltanto ora sta cercando di rimettersi in carreggiata dopo tre mesi di assenza. Quindi, vostro onore, di cosa stiamo parlando?

Se De Laurentiis pensa di aver trovato il mago della tattica che farà vincere al Napoli tutte le partite, è giusto che cambi da subito. Ma è altrettanto giusto che lo faccia, da subito, anche se il suo nuovo eroe non fosse in grado di vincerle tutte. Ormai è un rapporto consumato, logoro, finito, ben oltre i titoli di coda. E così non si può lavorare, a meno che non si pretenda che tizio vada serenamente ogni giorno a timbrare il famoso cartellino sapendo che il suo capo sta già pensando di sostituirlo e magari non vede l’ora.

Qui non vale più neanche la storia del rinnovo. Gattuso non voleva rinnovare lo scorso agosto, sapeva che gli umori del presidente avrebbero presto causato spifferi insopportabili. Poi De Laurentiis lo convinse e a ottobre trovarono l’accordo. Adesso si disquisisce sul fatto che il presidente sia stato il primo a cambiare idea, magari lo fa non conoscendo lo stato reale delle cose, soprattutto ignorando il fatto che non aver firmato per Gattuso è stata una liberazione. Che senso avrebbe avuto (avrebbe) andare avanti in simili condizioni?

È la storia del Napoli nel rapporto con gli allenatori, pur dando alla proprietà i meriti di aver mantenuto un progetto competitivo. De Laurentiis ha litigato-discusso, per un motivo o per un altro, con i vari Reja, Mazzarri, Benitez, Sarri e Ancelotti, praticamente con tutti. Ora tocca a Gattuso, al prossimo giro chissà a chi. Tirare una corda spezzata non avrebbe senso, a meno che dentro l’attuale contratto (in scadenza) non ci sia il bonus della sopportazione. E neanche quello, chissà, basterebbe.