Otto anni, oggi. Otto anni dal primo trofeo sollevato al cielo dal Napoli, nell’era di Aurelio de Laurentiis, ma soprattutto dal momento in cui i tifosi azzurri tornarono a sentirsi nel posto che compete loro.

Quella Coppa Italia, vinta davanti all’avversario di sempre, la Juventus, resta a tutt’oggi il momento più alto del Napoli, sorto dalle ceneri dell’epopea di Corrado Ferlaino. Allo stadio olimpico, dove il secondo successo nella manifestazione tricolore sarebbe stato macchiato dall’incubo della morte di Ciro Esposito e degli allucinanti incidenti prima della gara con la Fiorentina, la notte della sfida alla Juventus fu tutto perfetto.

Perfetto, perché quella sera il Napoli di Walter Mazzarri portò a compimento la sua evoluzione, da sbarazzina neopromossa a squadra matura, capace di metter sotto addirittura i neo Campioni d’Italia. Non certo una Juventus qualsiasi, ma la corazzata invincibile creata da Antonio Conte, che solo poche ore prima aveva stravinto lo scudetto, senza perdere neppure una partita!

La perse quella sera, abbattuta dai goal del supereroe azzurro, il matador Edinson Cavani e dal totem Marek Hamsik. Molto si disse, all’epoca, di una Juventus appagata, senza più forze nervose, per opporsi a una squadra che interpretò quella partita come una finale di Champions League. Le motivazioni risultarono oggettivamente diverse fra azzurri e bianconeri, negarlo ancora oggi sarebbe puerile, ma ciò non basterebbe a spiegare quello che accadde. Il Napoli vinse, perché voleva fortissimamente quel trionfo, per certificare non tanto una rinascita, ma di meritare un posto ben definito nella geografia del calcio. Tra le grandi.

E’ quanto resta di quella vittoria, al di là del palmarès e della soddisfazione di aver messo sotto i bianconeri, almeno per una notte. Oggi, che tanto tempo è passato e molte cose sono cambiate, con una Juventus diventata ancora più forte di allora, non sarebbe male riscoprire un po’ dello spirito di quella notte.

Un Napoli consapevole della propria forza, ma anche animato da un entusiasmo genuino, figlio di quei protagonisti. Gente venuta dal nulla, maledettamente motivata, oltre che baciata dalla classe. I Lavezzi, Cavani, Hamsik, Maggio, anche chi oggi è finito un po’ nel dimenticatoio, ognuno seppe rendere oltre i limiti delle proprie possibilità.

Se ci pensiamo, resta questa l’unica ricetta possibile, per chi non abbia uno strapotere finanziario da mettere in campo, eppure non voglia rassegnarsi a un ruolo da comprimario. La stessa che portò a sfiorare lo scudetto con Sarri. Non c’è nessuna nostalgia, quindi, nel ricordare quella vittoria della Coppa Italia 2012.

Fu una grande notte, ma soprattutto una manifestazione programmatica, per il futuro del Napoli ancora oggi.